[highlight]Soldi, droghe, donne, sesso, in un vortice che fotografa, con ironia, gli eccessi degli anni ’80[/highlight]
Soldi come se piovessero. Cocaina come se nevicasse. E sesso come se non ci fosse un domani. Un bel centone, una striscia di coca, del buon sesso e un bel fuck off a chiudere il cerchio, questi gli elementi centrali del nuovo lavoro del maestro Martin Scorsese, che a 72 anni suonati mostra una modernità difficile da trovare in molti giovani rampanti desiderosi di farsi strada a Hollywood.
Se “Casinò” raccontava il lato oscuro del gioco d’azzardo, “The Wolf of Wall Street” accende un bel riflettore sulla finanza e la borsa. Il regista di “Quei Bravi Ragazzi” riesce dove aveva mancato Oliver Stone con il suo capolavoro “Wall Street”: ovvero, mostrare il marciume su cui è fondata l’economia mondiale con ironia, senza voler ad ogni costo farci la morale.
Anche se il film segue la classica parabola dell’ascesa e del declino di un uomo di successo, la storia (vera) di Jordan Belfort e del suo percorso nel mondo della finanza e del brokeraggio è colorata e piena di divertimento. Si ride di gusto, e questa è una bella novità per gli affezionati del cinema del maestro italo-americano. Perché tutto si può dire dei suoi film, tranne che siano divertenti. Per carità, i capisaldi della sua cinematografia ci sono tutti: l’uomo ambizioso al comando, il successo attraverso l’illecito, il rapporto con le donne – spesso rappresentate come vipere pronte ad abbandonarti alla prima difficoltà (vedi Sharon Stone in Casinò) – le dicotomie bene/male, criminalità/legge, successo/disfatta. Ma qui c’è molto altro.
Un ritmo incalzante, che è mancato un po’ negli ultimi film di Scorsese, fatta eccezione per “The Departed”, colori e fotografia molto vivaci, movimenti di macchina a stringere sugli attori.
E vogliamo parlare del personaggio interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio (inspiegabilmente ancora a secco di statuette)? Un personaggio a tratti buffo, sempre strafatto, un po’ ingenuo anche se carismatico e con un’innata capacità di leadership, capace di perdere la dignità in più di un’occasione – meravigliosa la sequenza del volo per Ginevra. E sfigato. Basti pensare al fatto che il suo debutto come broker coincide con il lunedì nero, quando il mercato registrò il peggiore crollo della storia dopo quello del ’29.
Insomma, non proprio un Goodfellas alla De Niro, Ray Liotta o Joe Pesci, sempre pronti a piazzarti una pallottola in mezzo agli occhi se solo provavi a fare una battuta fuori luogo.
Jordan Belfort è un ragazzino ambizioso cresciuto troppo in fretta, inadatto alle convenzioni sociali e alla vita quotidiana, completamente dipendente da droghe di ogni tipo e dal sesso, certamente furbo, ma non sufficientemente da scamparla allegramente.
Tre ore che filano via più velocemente di una commediola romantica di 90 minuti scarsi, grazie ad una sceneggiatura eccellente, capace di non produrre scene superflue, del tipo che tanto si capiva comunque come sarebbe andata a finire. No, non è questo il caso. Terence Williams, già autore de “I soprano” e “The Boardwalk Empire”, riesce a tradurre l’autobiografia di Belfort in una storia grottesca, eccessiva, divertente e appassionante.
Forse c’è qualche fuck di troppo, ma non è una novità nei film del regista newyorchese, quindi.
Scorsese ritorna dietro la macchina da presa a due anni dal non memorabile “Hugo Cabret”, e lo fa nel migliore dei modi. Sfruttando per la quinta volta la bravura di Di Caprio confeziona un film eccezionale, forse ai livelli di quelli che lo hanno fatto assurgere nell’olimpo del cinema.
Un film da non perdere. Fuck no!