[highlight] Il successo della fiction Gomorra la Serie accresce la polemica e il fango mediatico su Napoli e Scampia [/highlight]
La messa in onda delle prime puntate della serie tv “Gomorra la Serie“ prodotta da Sky, insieme con Cattleya e Fandango (in collaborazione con La7 e Beta Film) e trasmessa da Sky Atlantic con la regia di Stefano Sollima, già regista della serie Romanzo criminale, Francesca Comencini e Claudio Cupellini, ha suscitato tante polemiche e discussioni per il tema che per l’ennesima volta mette alla berlina Napoli.
La trama
La storia è quella della famiglia Savastano: del vecchio boss Salvatore, di sua moglie, di suo figlio Gennaro e dei membri del clan tra cui l’attendente Ciro. Nello sfondo c’è la guerra con i Conte e il teatro è quello di Scampia, delle vele, nel loro degrado, già terra di una delle faide più sanguinarie tra il clan Di Lauro e quello degli scissionisti. Le scene fatte di un realismo crudo fino ai minimi particolari raccontano la vita di camorra con tanti dettagli. Il linguaggio è un napoletano crudo ma reso più morbido e cadenzato per essere meglio comprensibile. Se i dialoghi si perdono per essere poco realistici, l’ottima regia, la realistica recitazione e la grande fotografia fanno da contraltare per rendere il prodotto di ottima fattura.
I personaggi sono resi molto bene grazie agli ottimi attori (esordienti e professionisti) tutti provenienti dal territorio locale tra cui Fortunato Cerlino (il boss Salvatore), Maria Pia Calzone (la moglie Imma), Salvatore Esposito (il figlio Gennaro), Marco D’Amore (Ciro Di Marzio) Marco Palvetti (il rivale Conte) e Domenico Balsamo (Massimo).
Scene crude, violente e spettacolari (a volte fin troppo) si intrecciano con i destini di personaggi senza scrupoli nello sfondo di una città martoriata che vuole reagire.
La fiction dal successo annunciato, già venduta in oltre 40 Paesi, nelle prime due puntate ha registrato il boom di ascolti superando i risultati di un precedente successo di Sky “Romanzo criminale”.
La storia della famiglia Savastano era stata osteggiata già prima della messa in onda perché accusata di gettare ancor più fango sull’immagine della città di Napoli già martoriata negli anni.
Infatti, già durante le riprese erano state numerose le proteste di chi si era scagliato contro Roberto Saviano (che ha partecipato al soggetto della serie) e la produzione, rei di “sfruttare” ancora una volta Napoli e la sua immagine. Le polemiche erano partite sin da prima delle riprese quando il presidente della Municipalità di Scampia, Angelo Pisani, aveva negato “qualsiasi autorizzazione allo sfruttamento di immagini e luoghi in danno del territorio” negando l’autorizzazione alle riprese.
Sulla polemica era intervenuto anche il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris dicendo:
[quote]Siamo stanchi di vedere Scampia ridotta, anche sul piano dell’immagine e non solo nazionale, a territorio di conquista della camorra in lotta, come se a Scampia non esistesse altro al di fuori delle piazze di spaccio e della faida dei clan. Chiedo allora perché i diritti televisivi pagati lautamente non sono riconosciuti, per esempio, al finanziamento dei progetti delle associazioni e delle scuole impegnate sul territorio?[/quote]
La protesta è stata diretta contro Saviano accusato per l’ennesima volta di sfruttare Napoli per interessi personali con tanto di striscione esposto durante l’assemblea organizzata per discutere del diniego a girare le riprese della serie.
I primi “effetti” si erano avuti già con delle modifiche alla sceneggiatura, come afferma Gianluca Arcopinto, produttore della Cattleya Film, e l’inserimento (con più risalto) di tre personaggi “positivi” simbolo della normalità del territorio che lotta contro la camorra. Il produttore, infatti, aveva accolto le richieste delle associazioni del territorio denunciando però la “solita” strumentalizzazione politica:
[quote]Li capisco, si sentono criminalizzati ed è giusto ascoltarli quando dicono che a Scampia non sono tutti delinquenti, ma che la maggior parte dei residenti è costituita da persone perbene. Però, il presidente Pisani ha strumentalizzato questa vicenda approfittando dell’esplosione mediatica per finire sulle prima pagine dei giornali nazionali. Dal suo punto di vista ha ottenuto quello che voleva[/quote]
Il clamore mediatico nei confronti della serie (le riprese sono iniziate solo a febbraio) ha generato ancora più interesse sulla messa in onda. Tra i segni più “visibili” del dissenso si può citare quelli de “Il lavoratore italiano” alias il pubblicitario Alfredo Giacometti, che si era scagliato sulla produzione della serie con tanto di manifesti.
Il pubblicitario aveva già attaccato Saviano e Gomorra mesi fa con l’accusa:
[quote]Chi specula su Napoli è il colpevole di tutto, Saviano Gomorra 2 non la vogliamo.[/quote]
Il messaggio di Giacometti si è fatto ancora più diretto con l’imminenza della messa in onda e in riferimento anche alla classe politica:
[quote]Gomorra su Sky per l’interesse di pochi… Altra merda sul popolo napoletano… e la politica se ne frega. Vergognatevi tutti! [/quote]
Anche un simbolo di Napoli come Diego Armando Maradona si è detto disgustato per questa cattiva pubblicità per la città:
[quote] Sono incredulo e disgustato, nessuno difende Napoli da questa pubblicità terribile [/quote]
Le polemiche contro Saviano non si sono fatte attendere anche dopo la messa in onda. Infatti, Ciro Corona rappresentante della Cooperativa “Resistenza” di Scampia e del fondo rustico Lamberti di Chiaiano , che organizza dei «campi di lavoro e formazione sui beni confiscati alla camorra» ha attaccato lo scrittore su Facebook:
La storia è quella degli studenti di Bolzano che dovevano arrivare a Chiaiano per lavorare come volontari in un campo agricolo confiscato alla camorra 13 anni fa.
Le famiglie dei ragazzi, afferma Corona, hanno avuto però paura della “città di gomorra” e quindi hanno deciso di non mandare i propri figli, impressionati dalla violenza rappresentata nella fiction, fino a chiedere addirittura una scorta.
Roberto Saviano che aveva già risposto alle prime critiche dicendo:
[quote] Chi racconta il male diventa il male. Non credo che bloccare un tema, una riflessione, un argomento, un film, un libro, tuteli una comunità. Soltanto in maniera miope si può pensare che quello è un racconto che diffama. E’ un racconto invece che dà forza, che deve dare il coraggio di trasformare il territorio. [/quote]
È invece intervenuto subito su Facebook mostrando la foto di Marco D’amore accanto a uno dei manifesti, chiedendosi quanti fossero invece i manifesti affissi dopo gli omicidi di camorra:
Oltre ogni polemica è proprio la domanda che si fa lo scrittore e il “tweet” di Marco D’amore con il tweet “io ci metto la faccia” farci chiedere se esiste realmente un effetto gomorra su Napoli e se raccontare storie come quella di Scampia, della terra dei fuochi, dei casalesi provoca un effetto controproducente sull’immagine di Napoli e della Campania.
Queste storie riproducono semplicemente quello che quotidianamente siamo costretti a vedere, a ignorare abbassando la testa, per non sentire i tormenti che affliggono il nostro territorio malato, in cui vittimismo e orgoglio si combattono.
La storia di “Gomorra la serie” racconta personaggi persi nella loro dannazione che si riflette nell’ambiente circostante.
Non è Scampia a rendere tutto macabro ma sono i camorristi a rendere l’ambiente nero e cupo.
Perché tra “amici” ammazzati, paura dei tradimenti, vite senza speranze e senso di incapacità e frustrazione anche il camorrista a Napoli ha paura.
Anni di omertà e silenzi ci insegnano che la camorra va raccontata, mostrata, derisa ed esorcizzata soprattutto con queste storie perché nonostante i numerosi arresti e i tanti passi avanti, la realtà quotidiana dimostra che in ogni angolo della nostra terra, in noi, nelle nostre paure e nella nostra vita per niente normale, tra “carogne”, terre dei fuochi e gomorra, a comandare sono ancora loro.