[highlight]Non tutto è mosso dal vil denaro o almeno così sembra. La soddisfazione e la motivazione dei dipendenti non è strettamente proporzionale alla retribuzione ricevuta[/highlight]
È quanto emerso da un’indagine condotta dalla Korn Ferry, società specializzata nell’elaborazione di programmi di reclutamento, qualificazione e motivazione delle risorse umane, che conferma come la soddisfazione e la motivazione dei dipendenti non sia proporzionale alla retribuzione ricevuta.
Ognuno di noi trascorre gran parte della propria giornata a lavoro, e quindi una porzione molto ampia della propria vita finisce con il coincidere con la propria attività lavorativa. Di certo, almeno la maggior parte di noi, lavora per mantenersi o comunque, laddove si impegni a svolgere delle mansioni più o meno qualificate, si attende, a giusta ragione , un’adeguata retribuzione.
Ma la soddisfazione reale in termini di qualità della vita, o felicità che dir si voglia, è determinata da ben altri fattori.
Su 350 dipendenti interpellati in tutto il mondo solo il 6% ha indicato la retribuzione come elemento determinante per la propria soddisfazione e un altrettanto esiguo 10% ha dichiarato che un incremento salariale avrebbe potuto bilanciare, ricompensandolo, altri motivi di insoddisfazione.
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Clima cordiale ed ambiente gradevole
Non ci si aspetta di certo, né si pretende, che tutti possano andare d’accordo o essere amici, ma non alimentare invidie o gelosie e creare un ambiente che sia confortevole e cordiale di certo motiva, e fa sì che al mattino svegliarsi per andare a lavoro non sia una iattura ma un impegno tutto sommato piacevole.
Così come recarsi in un ufficio che sia pulito, ordinato e, adeguatamente ai contesti, accogliente, non fa che cementare il senso di appartenenza.
Spazio anche ad un pizzico di personalizzazione del proprio desk a patto che non si sconfini nell’eccesso.
Condividere i valori e gli obiettivi
Lavorare e contribuire al raggiungimento di obiettivi che si condividono alimenta la soddisfazione personale. Che si tratti di una multinazionale o di una piccola realtà imprenditoriale, stimare il proprio capo o chi gestisce l’attività fa sì che il coinvolgimento emotivo contribuisca sia a migliorare la prestazione lavorativa che ad accrescere la soddisfazione personale del dipendente, che si sentirà parte attiva di un progetto che ogni giorno sentirà più suo.
Non a caso il 47 % degli interpellati da Korn Ferry ha dichiarato che lavorare per una società la cui cultura è allineata con i propri valori rappresenterebbe un elemento di miglioramento del proprio status di lavoratori.
Chiarezza delle aspettative
Si può vivere una vita inseguendo un sogno senza mai raggiungerlo, triste invece è non avere una prospettiva per il futuro. Chiarito che questo è vero in forma diversa se ci si trova di fronte a soggetti più o meno ambiziosi, vale per tutti la necessità di essere posti di fronte a degli obiettivi, piccoli o grandi che siano, per ricevere una spinta motivazionale.
L’appiattimento delle aspettativa o, peggio ancora, la loro negazione, non fa che ripercuotersi sull’umore e sul rendimento dei dipendenti.
Logica delle gerarchie
È naturale e connaturato che in tutte le organizzazioni esistano ruoli e gerarchie, ma è bene che le logiche che le determinano siano, chiare, condivise e basate sulla meritocrazia. La competizione, se sana, non può che portare benefici sia per in termini di efficienza che di soddisfazione personale.
Nella nostra società maschilista spesso si gioca, alimentandola, sulla rivalità tra donne, attribuendola (stupidamente) ad umori e gelosie. A meno che non ci si trovi di fronte a soggetti di scarsa intelligenza, e quello prescinde il sesso, la coalizione e la coesione tra dipendenti è un elemento di tutto vantaggio.
Innesca meccanismi di collaborazione e supporto. Ovvio che laddove si effettuino soprusi ci si troverebbe di fronte ad un grosso problema, ma stiamo ragionando nell’ottica di una realtà lavorativa che ambisce ad essere e rendere felici.
L’occhio del padrone ingrassa il cavallo
Ragione vorrebbe che nessuno possa occuparsi con maggior cura dei propri interessi, ma non sono rari i casi di dipendenti che hanno sposato la causa di un’azienda svolgendo il lavoro con la stessa cura che dedicherebbero ad una “cosa” propria, apportando un surplus di energie e contributi impagabile .
Autoritarismi inutili – come immotivati divieti – non fanno altro che predisporre chiunque alla trasgressione; regole ragionevoli e flessibili, atteggiamenti comprensivi e volti al benessere collettivo, salvo le solite dovute eccezioni, danno vita ad un atteggiamento di tutela di quello che viene vissuto come un bene comune.
Troppo spesso si assiste a meccanismi di inutile sopraffazione così come ad atteggiamenti lassisti; in entrambi i casi si dimentica, o si ignora, che se le cose vanno male presto o tardi ci saranno problemi per tutti.
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La recente scomparsa del Sig. Ferrero ha fatto riportare alle cronache le testimonianze commosse di generazioni di dipendenti che all’unanimità hanno detto di essersi sentiti parte di una grande famiglia, da essa supportati anche in momenti di difficoltà personali.
Non esistono le isole felici ma di certo persone intelligenti, siano essi dipendenti o datori di lavoro, che operano ispirate dal buon senso, dalla cultura delle regole, dal valore del dovere e delle eque ricompense.
Esse ci insegnano che la nostra vita può essere migliore se riusciamo a rendere migliore ogni singolo giorno.