[highlight]Ancora niente di ufficiale sull’accordo annunciato dal presidente Yanukovych. Intanto gli scontri degli ultimi giorni hanno lasciato il segno: più di 75 morti e le conseguenti sanzioni dell’UE. Ma perché tutto questo?[/highlight]
Vanno ormai avanti da oltre tre mesi le proteste dell’opposizione in Ucraina, soprattutto a Kiev, contro il governo del presidente Viktor Yanukovych, che oggi ha annunciato il trovato accordo con tutte le parti in campo: gli oppositori, la Russia e l’UE. Finora, però, ancora niente di ufficiale.
Intanto, giovedì 20 febbraio gli scontri hanno raggiunto il loro punto più teso e violento, con il conteggio dei morti che, secondo i dati ufficiali del governo ucraino, è arrivato a 75, ma ci sono anche media che parlano di oltre 100 decessi (senza contare i numerosissimi feriti). Dopo che il governo ha dato il via libera alla polizia di utilizzare la forza sui ribelli, la situazione è definitivamente degenerata fino a fare di Piazza dell’Indipendenza, centro nevralgico degli scontri, un vero campo di battaglia. Una situazione che ha portato l’UE ad intervenire in maniera netta, con forti sanzioni che promettono di punire i responsabili delle violenze, individuati in alcuni funzionari del governo e della sicurezza.
Ma quando ha avuto inizio tutto questo? E soprattutto, perché?
Sicuramente i primi grandi disordini di Kiev risalgono al 24 novembre scorso, quando piazza dell’Indipendenza fu invasa da migliaia di oppositori, in seguito anche alla mancata scarcerazione di Yulia Tymoshenko, ex primo ministro accusata di abuso di potere e condannata a sette anni di carcere nel 2011. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di acqua stantia, perché, in realtà, la questione principale che rappresenta anche la base delle proteste è annosa e storica e riguarda due posizioni nettamente contrastanti, una filoeuropea e l’altra filorussa.
Una delle accuse più importanti che gli oppositori muovono contro Yanukovych, infatti, consiste proprio nel suo riavvicinamento a Putin e all’improvviso rifiuto di concludere un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, che sembrava fatto appena il 21 novembre scorso e che avrebbe potuto cambiare radicalmente il destino economico e politico di un Paese ancora molto chiuso e abbastanza dipendente dalla Russia. Si tratta di un accordo che l’Ucraina stava negoziando da anni con l’Europa, ma che è saltato proprio per le pressioni del governo russo, con il quale, a metà dicembre, Yanukovich strinse un patto che sostanzialmente escludeva l’UE: la Russia, infatti, avrebbe investito 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini e soprattutto avrebbe ridotto il prezzo di quello che è l’elemento principale che, in un certo senso, tiene stretta l’Ucraina alla sua potentissima vicina, il gas. In questo modo, Putin ha cercato di eliminare la concorrenza di altri “salvatori” come il Fondo Monetario Internazionale e, appunto, l’Unione Europea.
Le forze politiche opposte al Partito delle Regioni di Yanukovych, però, si sono ribellate a questa situazione; in particolare il partito liberale di centrodestra Udar, guidato da Vitali Klitschko – e l’Unione Pan-Ucraina “Patria”, guidato da Arseniy Yatseniuk, due dei leader principali dell’opposizione che ultimamente hanno anche rifiutato il tentativo di alleggerimento del presidente e la sua proposta di nominarli primo ministro e vice-primo ministro, chiedendo invece le sue dimissioni.
Una situazione, sfociata nei terribili scontri di questi giorni e nel presunto accordo di questa mattinata, che deriva da un’altra ancor più antica e dai connotati meramente storici. Fin dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica, nel 1991, l’Ucraina ha vissuto una sorta di alternanza al potere tra forze favorevoli ad uno stretto rapporto con la Russia e forze invece più propense ad un avvicinamento all’Europa, che si fanno sentire in particolare nella parte occidentale del Paese, abitata prevalentemente da ucraini e dalla forte identità europea (non affatto omogenea, data la presenza di una ricca porzione di russi, ad esempio in Crimea). Questa dicotomia è ben spiegata dall’altalenante susseguirsi di presidenti appartenenti alle due diverse fazioni, dal filo-europeo Kravcuk al filo-russo Kucma. Fino ad arrivare a Tymoshenko, Yushenko e all’attuale presidente Yanukovich, passando per l’importante crocevia della “Rivoluzione arancione” scoppiata nel 2004.
Una faccenda incredibilmente attuale che sembra calcare gli anni di tensione che riempiono le pagine dei libri di storia e che fa dell’Ucraina una sorta di debole residuo della Guerra Fredda, con ai due poli opposti UE e Russia anziché USA e URSS.