[highlight]Nessuna giustizia per Trayvon Martin. Assolto Zimmerman per legittima difesa[/highlight]
Il 26 febbraio 2012 muore a Sanford, in Florida, Trayvon Martin, un ragazzino di diciassette anni. Un colpo al cuore, uno reale e uno figurato. Si, perché un ragazzino che muore è una ferita per tutti, non solo per familiari e amici.
Una passeggiata con indosso una felpa grigia e un pacchetto di caramelle in tasca. Un vigilante ispanico che, credendo di essere un eroe, lo nota e subito pensa di trovarsi di fronte a un giovane killer. Un ragazzo di colore con il capo coperto in un ricco quartiere bianco. George Zimmerman lo insegue, e dopo pochi minuti il corpo di Travyon giace a terra senza vita.
Il 13 luglio 2013 la giustizia ha stabilito il diritto di un uomo bianco a uccidere un ragazzino di colore. Legittima difesa, recita la sentenza. Da cosa si sia difeso Zimmerman non è dato sapere. Quello che sappiamo è che. nella Nazione che ha eletto il primo Presidente nero della sua storia, c’è ancora chi pensa che un diciassettenne di colore sia pericoloso, a prescindere dal suo comportamento. Non c’è alcun precedente penale, infatti, ascritto a Trayvon. Solo una felpa grigia, un cappuccio portato sulla testa, come i tanti Rapper che riempivano il suo iPod.
A parti invertite, staremmo qui a parlare di un’altra storia. Di una crociata contro la violenza delle persone di colore, e di una condanna a morte certa per l’assassino.
Invece, ad ammazzare il ragazzo di colore è stato un uomo ispanico con una pistola. Un uomo di ventinove anni che ha avuto paura di un adolescente di diciassette.
Dopo l’uccisione, il Presidente dei Stati Uniti d’America Barack Obama dichiarò pubblicamente che:
[quote]Se avessi un figlio, sarebbe come Trayvon[/quote]
Parole toccanti, di un padre che immagina il dolore atroce derivante dalla perdita di un figlio. Un’immagine che evidentemente non ha nemmeno sfiorato la giuria composta da sei donne – di cui, guarda caso, nessuna di colore.
La sentenza ha suscitato non poche polemiche nella popolazione, che è scesa nelle strade a manifestare contro un Paese in cui in “c’è giustizia solo per i bianchi”.
Non è mancato, ancora una volta, il commento del Presidente Obama, che ci ha tenuto a sottolineare l’importanza di “chiedere a noi stessi se stiamo realmente facendo tutto il possibile per aumentare la comprensione reciproca all’interno della nostra comunità. Se stiamo facendo tutto il possibile per fermare la violenza delle armi che provoca la perdita di numerose vite in tutto il Paese, giorno dopo giorno. Se come società e come individui stiamo facendo tutto il possibile per prevenire tragedie simili in futuro”.
In una canzone di Rihanna del 2010 , “Man Down”, l’artista barbadiana cantava:
[quote]Cause I didn’t mean to hurt him, Coulda been somebodies son, And I took his heart when, I pulled up that gun”[/quote]
Poteva essere il figlio di qualcuno, si chiede la famosa pop star. Lo era, e i genitori hanno perso un figlio, la fede, la speranza. E la giustizia.
Trayvon Martin è mio fratello. George Zimmerman è un assassino. Tutto il resto fa solo rumore.
Pingback: Martin Luther King III: dobbiamo fare di più -