Donne vittime della violenza. Denunciare non è così facile

[highlight]Ripensamenti, condizionamenti sociali ed emotivi spingono le donne a ripensarci. Inoltre, forze dell’ordine e burocrazia ostacolano la scelta invece di assistere le vittime.[/highlight]

Ormai gli episodi di violenza sulle donne, sempre più di frequente ad opera del proprio partner o di un ex, alimentano quotidianamente le cronache nazionali, così come si rivela in crescita il numero di femminicidi accertati.

L’accesso ai mezzi di comunicazione può ricoprire un ruolo fondamentale nella diffusione di informazioni su una piaga sociale che purtroppo esiste da sempre, e affonda le radici nell’atavico e sproporzionato rapporto di forza tra il cosiddetto “sesso debole” e il presunto “sesso forte”.

I dati statistici, però, si limitano a fornire fredde e sterili cifre, che nulla ci dicono in merito alle storie che vi si celano, al dolore, alla sofferenza, ai rapporti malati che quasi tutti chiamano “amore”. I numeri non ci raccontano delle difficoltà burocratiche e dei condizionamenti emotivi e sociali che bisogna affrontare per riuscire a denunciare un episodio di violenza.

Viviamo in una società che per secoli ha difeso e perpetrato il principio secondo il quale “i panni sporchi si lavano in famiglia” e che, a dispetto dell’ormai consueta abitudine delle nuove generazioni di condividere tutto con tutti, continua a difendere l’omertà, il silenzio e la tendenza a ridimensionare e ricondurre tutto ad un singolo episodio increscioso.

Si trova sempre una giustificazione, se si vuole, perché anche per la parte lesa è emotivamente più semplice addossarsi una colpa, attribuirsi un atto di provocazione, piuttosto che guardare in faccia la realtà ed esporsi completamente.

Purtroppo le cronache ci raccontano una storia diversa; quasi mai gli episodi di violenza si verificano all’improvviso, ma sono sempre preceduti da segnali, spesso sottovalutati, che si manifestano nel tempo in una crescente progressione.

Nella maggioranza dei casi gli omicidi sono stati preceduti da segnalazioni, denunce o eventi a cui non si prestata la giusta attenzione, e in questo lo Stato ha le sue colpe.

Denunciare non è facile, perché una volta raccolte le forze per farlo ci si imbatte nella mentalità maschilista che caratterizza il nostro Paese, e nell’assurdità della burocrazia italiana.

Recandosi presso la centrale di polizia o dei carabinieri, la donna vittima di violenza che ha trovato il coraggio di denunciare il suo aggressore è costretta a sentirsi consigliare di pensarci bene, perché nel 90% dei casi – percentuale che non si capisce da quale studio è tratta – queste denunce vengono ritirate perché “poi fate pace”, come se si trattasse di un capriccio, una decisione figlia di una reazione esagerata dettata dalla rabbia del momento. Per dimostrare il contrario, occorre avere delle prove e, come le forze dell’ordine ci tengono a rimarcare, sarebbe stato meglio chiamare in centrale durante il verificarsi dell’atto di violenza, per poter accertare l’identità dell’aggressore e la fragranza del reato. In ogni caso, se proprio si è intenzionati a procedere, è preferibile farsi prima refertare da una struttura ospedaliera pubblica.

Tutto ciò è grottesco, ed annulla completamente il senso stesso di “forze dell’ordine”, che dovrebbero lavorare per “proteggere e servire” la comunità e i cittadini.

Oltre il danno, la beffa, perché le strutture ospedaliere, salvo casi di immediata ed estrema urgenza, non possono che registrare “un’aggressione da persona nota” e procedere alle cure del caso.

Dopo aver subito una violenza e attraversato questo processo burocratico ridicolo, è difficile conservare o ritrovare il coraggio di sporgere denuncia, perché il tempo, in questo caso, rema contro; fa scemare delle sensazioni, consente alla paura di affievolirsi, ai meccanismi e condizionamenti sociali di attivarsi, ad altri sentimenti di farsi largo e minare la determinazione.

Si inizia a ripensare al fatto che un tempo la vittima e il carnefice si sono amati o hanno creduto di amarsi, hanno costituito una famiglia, dato alla luce dei figli, affiorano i ricordi di momenti belli vissuti insieme.

Gli atti di violenza andrebbero denunciati sempre e subito, perché la probabilità che una volta superati certi limiti ed infranti certi confini si verificheranno ulteriori esplosioni di violenza è molto alta.

Quasi nessuno sa che la denuncia può essere depositata direttamente presso la Procura della Repubblica, bypassando, di fatto, le sale di attesa e le osservazioni fuorvianti di funzionari della legge che non hanno le competenze e gli strumenti adeguati per valutare episodi che troppo di frequente sfociano in tragedia.

Una donna vittima di violenza dovrebbe ricevere attenzioni e sostegno, medico, legale e psicologico, e non andare incontro ad un altro calvario quando riesce a trovare il coraggio di convivere con la paura che, qualunque siano le sue scelte future, non l’abbandonerà mai del tutto.

*Photo Credit: Ylenia De Marco per GMphotoagency.com, nell’ambito del progetto Don’t touch me

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