[highlight] Scattano i 75 giorni di purgatorio per i 1.670 lavoratori di Palermo, i 918 di Roma e i 400 di Napoli, in pericolo di mobilità se non si troverà una soluzione alla crisi. [/highlight]
Alla fine il tanto temuto giorno è arrivato. Almaviva la più grande azienda italiana nel ramo dei call center, ha avviato le procedure di riduzione del personale, la cosiddetta mobilità, ai sensi della legge 23/07/1991 nei siti di Palermo, Roma e Napoli. Circa tremila persone che a metà giugno potrebbero trovarsi senza più lavoro. Numeri spaventosi che mostrano il grande impatto dell’Azienda della famiglia Tripi sui territori e l’importanza del settore nei numeri occupativi del mercato dei call center nel lavoro in Italia.
Numeri che dovrebbero mettere in allarme il Governo Renzi, tanto affezionato alle statistiche e agli indicatori che mostrano la crescita dell’occupazione e che non dovrebbero essere ignorati.
Soprattutto perché parliamo del settore call center, sempre tanto bistrattato e messo in ginocchio dalle continue delocalizzazioni all’estero, dalle aste al massimo ribasso e dal costo del lavoro italiano divenuto non più concorrenziale rispetto a quello esportato all’estero.
Proprio su quella crisi del settore CRM in outsurcing, la dirigenza di Almaviva ha “giustificato” la propria azione in un comunicato indirizzato “alle persone di Almaviva Contact” con motivi dovuti alla riduzione dei volumi di attività a causa delle delocalizzazioni verso mercati con un costo del lavoro ridotto, il mancato ascolto da parte delle istituzioni locali e nazionali delle esigenze del colosso del settore contact italiano, che ha sempre ribadito di non voler delocalizzare e l’impossibilità a sostenere un esercizio che secondo la proprietà è sempre in costante perdita.
Queste motivazioni hanno portato alla dichiarazione di messa in mobilità per un massimo di 2990 persone.
Il Governo
In una nota, il viceministro dello Sviluppo economico Teresa Bellanova ha commentato molto duramente la scelta di Almaviva.
[Quote] Il governo è preoccupato dalla decisione della società Almaviva di aprire la procedura di mobilità per tremila lavoratori di call center. Invitamo l’azienda a fermarsi. Chiediamo una moratoria immediata dei licenziamenti annunciati. Ho convocato un tavolo sui call center, il govermo ha messo a disposizione ammortizzatori sociali fino al 2017 e soluzioni per dare una decisa sterzataal settore, da nuovo codice degli appalti all’inasprimento delle sanzioni per chi delocalizza, norma ribaditacon un ememndamento al ddl Concorrenza, in cui viene estesa la responsabilità in solido tra chi affida a terzi e il gestore per qualsiasi violazione. Ho convocato tutte le imprese committenti chiedendo il rispetto dei contratti di lavoro nei bandi. Almaviva sta ignorando tutto questo scegliendo la strada più facile e più drammatica [/quote]
I Sindacati
Le scelte della dirigenza di Almaviva non possono che ricadere sui lavoratori che si trovano per l’ennesima volta a dover sopportare le decisioni dell’azienda. Le rappresentanze sindacali, in un comunicato unitario, hanno definito prive di qualsiasi fondatezza tutte le motivazione aziendali.
[quote] Le OS e le RSU ritengono che i lavoratori di Almaviva non possono pagare una politica aziendale, che tra l’altro, in questa crisi dismette la Direzione Commerciale. Non è colpa dei lavoratori se non sono attuate strategie atte al raggiungimento del margine prefissato, a differenza di quanto viene fatto, ed è sotto gli occhi di tutti nel settore IT. Se si considera, poi, che i lavoratori di Napoli hanno visto puntualmente revocata la CDS programmata ed hanno effettuato in tutto il periodo sino ad oggi, lavoro supplementare in maniera strutturale… Alla faccia degli ESUBERI![/quote]
I sindacati hanno già dichiarato lo stato di agitazione interrompendo qualsiasi rapporto con la Direzione Aziendale e hanno indetto le assemblee unitarie con i lavoratori per decidere la strategia da attuare. In questi momenti difficili, è facile che si scateni la guerra tra poveri, o la guerra tra centri, quando invece si dovrebbe sperare in un’unità di tutte le parti in causa.
I lavoratori
Il rischio per i lavoratori dei tre siti coinvolti nella procedura di mobilità è alto in ogni caso. Per anni si è disprezzato il lavoro nel call center, quasi considerato un lavoro di serie b. Poi ci si è svegliati e ci si accorti che esso rappresenta la realtà che offre più occupazione in Italia e che pian piano sta svanendo dal nostro territorio per trasferirsi all’estero. Le aziende committenti per ridurre i loro costi approfittano di buchi legislativi, sindacati conniventi e l’inattività di chi dovrebbe vigilare. Di contro ci sono i lavoratori dei vari siti italiani sempre più vittime di questo sistema, senza nessuna certezza e periodicamente messi in discussione. Non è troppo lontana nel tempo la criis che proprio Almaviva aveva vissuto con la perdita della commessa Wind e che portò all’adozione dell’ammortizzatore sociale del contratto di solidarietà. Allora quel sistema già appariva insufficiente e oggi lo si è dimostrato pienamente con la decisione dello scorso settembre dell’Inps a cambiare inquadramento produttivo l’Azienda, facendola passare da “Industria” a settore “Terziario”. Il collasso della solidarietà era stato temporaneamente scongiurato, ma ora i problemi endemici dell’azienda sono destinati tutti a venire a galla. I lavoratori sono decisi a continuare la loro lotta, con la consapevolezza però, che un passo alla volta e le loro condizioni lavorative si ridurranno. Come al solito, i numeri vengono sfruttati come minaccia per catastrofi.
In un modo o in un altro, la crisi Almaviva aprirà spiragli per niente incoraggianti per l’anello debole della catena lavorativa, quei lavoratori che si troveranno a pagare il prezzo più salato della crisi.