Un secolo di Robert Capa e delle sue foto, l’occhio sulla guerra

[highlight]Nasceva 100 anni fa Robert Capa, fotografo ungherese che con i suoi scatti ha raccontato gli uomini e la guerra[/highlight]


Endre Ernő Friedmann nasce a Budapest il 22 ottobre 1913. A causa del suo coinvolgimento politico, è costretto a lasciare l’Ungheria e trasferirsi a Berlino, dove incontra una macchina fotografica. Così cambia la sua, e la nostra, storia. Perché Endre abbandona l’idea originale di diventar scrittore per dedicarsi a questa nuova passione, che coltiva in maniera sempre più forte.
E quando le leggi razziali cominciano a prender piede in Germania lui, di origini ebraiche, si sposta in Francia, dove accantona anche il nome di battesimo per scegliersi lo pseudonimo con cui diventerà famoso: Robert Capa.
Robert Capa con le sue foto, segue gli avvenimenti del periodo: per tre anni, dal 1936 al ’39, è in Spagna per la guerra civile, documentando gli orrori delle battaglie. Il suo scatto, “Il miliziano colpito a morte”, che  ritrae un soldato dell’esercito repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti, rappresenta perfettamente la purezza del suo stile e la sua capacità di cogliere il momento. Anche se non mancheranno, negli anni successivi, polemiche e dubbi sull’autenticità dell’immagine.
Ma, come diceva lui stesso,
[quote]per scattare foto in Spagna non servono trucchi, non occorre mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità.[/quote]
La stessa voglia di raccontare la verità lo porta poi al centro del secondo conflitto mondiale, seguendo lo sbarco degli Alleati in Sicilia e la difficile conquista dell’isola italiana (che gli valgono anche un ingaggio con la rivista Life, cui aveva iniziato a inviare le foto). Poi “corre” in Normandia, per testimoniare il D-Day e gli orrori successivi.
Perché per Capa la guerra è
[quote]un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli[/quote]
e tutto quello che vede e fotografa non fa che confermare queste sue sensazioni.
Il suo ultimo reportage lo compie in Indocina, nel 1954: la sua temerarietà, che lo aveva portato anche a lanciarsi col paracadute insieme ai soldati angloamericani, stavolta gli costa caro. Un incidente fatale, che mette fine troppo presto alla vita dell’uomo con la fotocamera, rimpianto anche da John Steinbeck, che lo ha commemorato così:
[quote]Capa sapeva che cosa cercare e che cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino.[/quote]

Ma Capa non è stato solo fotografo di guerra. Per gli appassionati, o anche per i semplici curiosi, segnaliamo l’unica retrospettiva europea a lui dedicata, in corso a Villa Manin di Passarian, in provincia di Udine, realizzata in collaborazione con l’Agenzia Magnum e con l’International Center of Photography di New York. Qui, fino al 14 gennaio 2014, sono esposte 180 fotografie di Robert Capa, un percorso delle esperienze che caratterizzano la sua figura, dagli anni parigini alla Guerra civile spagnola, dalla Seconda Guerra Mondiale alla nascita dello Stato di Israele fino al conflitto in Indocina. E in più, come dicevamo, le opere di Capa cineasta e fotografo di scena, con le immagini scattate sui set di celebri film hollywoodiani, tra cui “Notorious” di Alfred Hitchcock, e le foto-ritratto scattate allo stesso fotografo da altri maestri di fama come Gerda Taro o Henri Cartier-Bresson.
Alla mostra di Villa Manin, grazie alla collaborazione con lo Steven Spielberg Jewish Archive e la Cineteca del Friuli, è arrivata anche la pellicola “The journey”, unico film diretto da Capa e dedicato ai sopravvissuti della Shoah che diventarono cittadini israeliani.


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