Un’inchiesta condotta dal giornalista Claudio Gatti, e sfociata in un articolo pubblicato dal quotidiano economico ” Il sole 24 ore “, avanza l’ennesima ipotesi sull’identità di Elena Ferrante.
Da poco più di 20 anni si è affacciata alla ribalta del mondo letterario non solo italiano, Elena Ferrante, la scrittrice napoletana (almeno così si pensa) la cui vera identità è sconosciuta ai più. In questo lasso di tempo il successo arriso ai suoi libri ne ha fatto un personaggio la cui notorietà è via via cresciuta anche, a mio avviso, per questa “leggenda” che ne accompagna tuttora l’identità. Pseudo identità o vere e proprie indagine, che si sono succedute nel tempo, non hanno, pare, risolto il problema.
Il suo nome è stato associato ad alcune donne, e anche allo scrittore partenopeo Domenico Starnone. Qualche mese fa l’ultimo tentativo noto è stato quello effettuato dal Professor Marco Santagata, scrittore italiano e dantista di rinomata fama, che sulle pagine del settimanale “La lettura” del Corriere della Sera, ha teorizzato che la vera identità della scrittrice sia da ravvisare nella professoressa Marcella Marmo, storica dell’ Università Federico secondo di Napoli.
Ora è la volta di un giornalista Claudio Gatti che avanza un’ altra ipotesi, che tale ritiene anche lui, senza mostrare certezza assoluta. Elena Ferrante è Anita Raja, moglie dello scrittore Domenico Starnone.
L’articolo, pubblicato dal quotidiano della Confindustria, parla di un’indagine effettuata dal giornalista per risalire alla identità della Ferrante. Si sono seguiti i flussi finanziari arrivati sui conti della Raja, e provenienti dalla casa editrice, con cui la signora collabora. Al momento, non sono arrivate conferme o smentite.
Certo è che la Elena Ferrante è uno pseudo nome, dietro cui si cela la vera identità della scrittrice de “L’amore molesto”, suo primo romanzo di successo, e da cui fu tratto lo splendido film di Mario Martone. L’operazione nasconde, neanche tanto velatamente, una accattivante e opportuna operazione di marketing, visto i successi di vendita che hanno accompagnano l’uscita di tutti i libri, finora editi, dalla scrittrice.
Personalmente penso che un libro vada apprezzato per il contenuto, piuttosto che per il nome dell’autore. Anche perché, come la storia della letteratura mondiale dimostra, spesso a un buon libro, pubblicato da un autore, si sono succeduti libri di qualità inferiore, per non dire scadente, che hanno venduto solo per “il marchio di fabbrica”, come un prodotto di largo consumo. Ed è uno dei guasti che ha segnato il settore.
La polemica di questi giorni su chi è favorevole a che si scopra l’identità, e chi ritiene che non sia importante questa verifica, è abbastanza stucchevole ed inutile. Ha ragione, cioè, chi giustifica l’indagine del giornalista, perché questi ha fatto soltanto il suo mestiere, ma ha ragione anche chi pensa di continuare a leggere i libri della Ferrante, anche se questi è uno pseudo nome. Solo un certo provincialismo, ed un eccesso di pruderia, possono giustificare il can can nato a seguito della pubblicazione dell’articolo di Gatti. Ma anche questo è un segno della crisi del nostro Paese.