[highlight] L’artista stabiese Fiorenza Calogero ha risposto a qualche nostra domanda davanti a un caffè nel cuore di Napoli [/highlight]
Sedute al tavolino di un bar nella splendida cornice che solo Napoli sa offrire abbiamo scambiato qualche parola con Fiorenza Calogero, artista stabiese che fin da giovanissima è entrata a far parte del mondo dello spettacolo e che il 1 giugno scorso ha presentato il suo quarto album scritto, diretto e arrangiato da Enzo Avitabile dal titolo “Nun tardare sole” un disco di inediti con ospiti internazionali come Cristina Branco, Urna, Pino De Vittorio, Carlos Pinana e lo stesso Avitabile. Un’opera di canzoni napoletane scritte “nel cemento” con le atmosfere minimali e poetiche della chitarra battente di Marcello Vitale e la viola da gamba di Rodney Prada. Nonostante la sua lunga carriera ha ancora molto da dire per esprimere al pubblico la sua personalità, che è affiorata anche nella nostra intervista.
Hai cominciato a cantare da giovanissima, come è nata la tua passione per la musica?
La passione per la musica è nata con me. Fin da piccola ho sempre partecipato alle recite scolastiche. È una passione innata. La stessa cosa è avvenuta anche con mia figlia Sofia. Quando Dio ti dà un dono non riesci mai a definire quando si sia manifestato la prima volta perché è come se ci fosse sempre stato.
Fin dall’inizio della tua carriera hai calcato il palcoscenico anche all’estero e hai lavorati in spettacoli di successo come la Gatta Cenerentola,l’Opera buffa del giovedì santo, Li turchi viaggiano e tanti altri. Cosa ti ha insegnato il palcoscenico?
Lavoro come professionista da quando avevo 17 anni. Mi ritengo proprio per questo una una persona che vive del proprio lavoro. La mia formazione è dipesa da tutte le esperienze che ho vissuto, la scuola è stata il primo palcoscenico. Ci sono state anche esperienze che non rifarei ma che mi hanno comunque insegnato tanto. Nel corso di una carriera ci possono essere percorsi che non portano a nulla ma che mi hanno comunque reso quella che sono oggi.
Al Comicon è stato presentato il lungometraggio animato di Gatta Cenerentola. Cosa ne pensi?
Sono contenta che opere del genere possano essere trasformate in fumetti in modo che si possa offrire una fruizione più ampia, soprattutto per la nuova generazione. Un esempio sono le opere di Eduardo De Filippo riproposte anni fa in fumetto da Mimmo Corrado. Al giorno d’oggi si è sempre più orientati ai comici, ai cabarettisti e poco a quello che ha reso Napoli universale.
Come pensi che si debba vedere il teatro al giorno d’oggi?
Il teatro versa in una condizione catastrofica. Io non sono d’accordo che la politica influenzi lo spettacolo e il teatro. Noi dipendiamo troppo dagli enti pubblici, dai bandi ministeriali, dai fondi europei. Enzo Avitabile alla presentazione del mio disco “Nun Tardare Sole” ha evidenziato questo punto replicando che non è giusto che a lavorare siano soltanto i personaggi popolari e conosciuti, bisognerebbe trovare un modo con il quale anche gli artisti meno popolari o anche emergenti abbiano la possibilità di vivere con il lavoro che hanno scelto di fare. Lo Stato dovrebbe aiutarci e sovvenzionarci. In Francia ad esempio se un artista francese riesce a fare solo 15 date concertistiche all’anno lo Stato gli offre un indennizzo mensile. Se fino a qualche anno fa il mestiere del libero professionista era quello più ambito perché il guadagno sarebbe andato sempre ad aumentare, oggi si prega per un posto statale perché ogni mese si ha quella somma sicura per cui poter vivere. Molti miei colleghi per questo motivo sono stati costretti a cambiare lavoro. Io fortunatamente resisto ancora. Il nostro Renzi dice che va tutto bene, che siamo usciti dalla crisi ma probabilmente non si guarda intorno. Noi abbiamo la Costituzione più bella del mondo e se si rispettasse sul serio saremmo il Paese più felice del mondo. È fondamentale per questo motivo partecipare al referendum di ottobre, anche se ormai gli italiani sono disillusi dalla politica. È ovvio che la Costituzione dopo 70 anni avrebbe bisogno di essere rinnovata in qualche punto ma a cambiarla non dovrebbero essere i politici che ci rappresentano oggi. Io come italiana sono molto sconfortata e non nego che spesso ho avuto il pensiero di andarmene, anche se qui la maggior parte del mio lavoro è avviato.
Fai parte della scena musicale già da molti anni, cosa consiglieresti dunque ad un’artista emergente?
Io consiglierei di andare via da qui. Ai cantanti e i musicisti jazz consiglierei di andare in America per iscriversi nelle grandi accademie jazz. A chi ama la musica antica consiglierei di andare alla Schola Cantorum di Basilea. Se vogliono davvero fare questo mestiere, rimanere qui non è la soluzione migliore. I vari talent che esistono sono fuorvianti. Il messaggio che lanciano è che si può avere tutto e subito. Io e i colleghi della mia generazione abbiamo fatto una gavetta lunghissima. È una cosa che cerco di insegnare anche ai miei allievi. Il primo giorno di lezione si trovano infatti in un piccolo studio senza microfono, perché la voce di un’artista si misura senza artifici, come nelle 400 repliche di Gatta Cenerentola nel quale ho cantato ogni volta senza microfono in tutti i teatri più grandi del mondo.
Com’è stato lavorare con John Turturro in Passione?
Con John Turturro ho visto un modo diverso di lavorare e di rapportarsi con i colleghi. Ha un’umiltà che non ti aspetti da persone del genere. Ma non solo John Turturro. Grazie infatti ad Enzo Avitabile ho conosciuto Jonathan Demme, che ha diretto il film-documentario sulla vita di Enzo, a cui ho partecipato. Sono tutte persone umilissime a differenza di qualche mio collega napoletano che appena raggiunge un importante obiettivo lavorativo assume atteggiamenti di presunzione e di egocentrismo. Quando ho lavorato con John Turturro in Passione c’era un’atmosfera assolutamente rilassata nel quale regnava il rispetto e la simpatia. Nel cuore porterò John proprio per il suo modo di essere e mi è capitato di andare a trovarlo quando al San Ferdinando fece la rappresentazione di Questi Fantasmi di Eduardo in americano, un professionista eccezionale.
Com’è stato collaborare con Enzo Avitabile?
Nun tardare sole è un album interamente scritto da Enzo Avitabile, fatta eccezione per due brani che sono legati alla tradizione napoletana “Lu cardillo” con cui duetto con Cristina Branco e “Uocchie c’arraggiunate” con la cantante asiatica Urna. Ho conosciuto Enzo nel ’99 grazie al produttore e manager Andrea Aragosa che ha prodotto anche il mio album. Andrea aveva bisogno di una voce popolare per il progetto dei Bottari di Portico e contattò Virgilio Villani, che all’epoca era capocomico della compagnia di De Simone e gli fece il mio nome. Non sono più riuscita a far parte del progetto perché ero impegnata con altre produzioni ma da allora abbiamo sempre collaborato e li ho sempre seguiti nelle loro organizzazioni di festival e tanto altro ancora. Fino a quando tre anni fa non mi è stato proposto un album prodotto da Black Tarantella. Enzo Avitabile si è subito proposto per scrivere i brani. Si è realizzato così il mio più grande sogno. La copertina è stata pensata e realizzata proprio per il mio disco dall’artista campano Michele Attianese. Quest’ opera per me rappresenta il punto di partenza di un nuovo percorso. Pochi anni fa ho attraversato un momento di crisi dal punto di vista esistenziale e artistico e sentivo la necessità di potermi esprimere con un altro linguaggio che si congiungesse anche con il mio percorso dedicato alla musica popolare. Ho sentito la necessità di discostarmi da un repertorio che conoscevo troppo bene per poter tirare fuori la mia personalità e la mia identità e grazie ad Enzo è stato possibile.