Con Ettore Scola scompare l’ultimo rappresentante di un cinema di qualità.
La morte inattesa di Ettore Scola priva il cinema dell’ultimo grande regista, rappresentante di una generazione straordinaria, non solo del nostro cinema nazionale.
Scola ha rappresentato, con la sua arte cinematografica, un tipo di regia “impegnata”. Un tipo di “impegno” diverso, ad esempio, di quello rappresentato dal suo amico Francesco Rosi, morto giusto un anno fa.
Mentre Rosi, come è noto, ha dato il meglio di se sul piano squisitamente civile, Scola ha solleticato, spesso, il suo impegno sui valori, su cui si fonda la società, più prettamente umani. Il suo impegno politico-civico Scola lo metteva in campo, con la sua presenza personale, nella militanza di partito. Era uno di quelli che ci credeva. Durante la segreteria Occhetto fece parte del governo ombra, messo su dal partito diessino di allora.
Nato a Trevico, nell’alta Irpinia, aveva dato inizio alla sua passione trasferendosi a Roma, cominciando a collaborare, come il suo amico Federico Fellini, al periodico Marc’Aurelio. Poi si era avvicinato al cinema cominciando una proficua attività di sceneggiatura, mettendo in mostra grosse qualità e talento.
Giusto per fare un esempio, di questo talento e della grande ironia che lo caratterizzavano, basta dire che la famosa scena della lettera, in “Totò, Peppino e la malafemmina”, con gli straordinari artisti testè citati, fu scritta da Scola. Basterebbe questo brano di sceneggiatura per farlo rimanere, restando a Totò, “una pietra emiliana” del cinema mondiale. Ma, come è noto, il lavoro degli sceneggiatori, spesso, e in maniera decisamente sbagliata, viene sottovalutato.
Ad ogni buon conto, Scola viene ricordato, giustamente, per le sue regie, spesso premiate e, altrettanto sottovalutate, erroneamente.
Scola ha raccontato, da par suo, la crisi della famiglia, dell’amicizia, e dei rapporti umani in genere, e di una certa borghesia, soprattutto quella figlia di dubbi arricchimenti, con una grassa ignoranza che ne caratterizzava i comportamenti. “Brutti, sporchi e cattivi”, ad esempio, è uno dei film più belli, mai scritti e diretti, sul disfacimento della famiglia, dentro un contesto di miseria non solo economica. Soprattutto, credo, è un film che ha dato l’immagine delle borgate romane più coinvolgente e meno stereotipata di quella portato al cinema dal più celebrato Pier Paolo Pasolini.
Come, credo, “Una giornata particolare” abbia dato un’immagine della condizione umana, durante il ventennio, estremamente efficace, nella sua essenzialità. Tra l’altro, penso che questo film sia uno dei più bei film del cinema mondiale, e che solo gli interessi di bottega degli americani non premiò con l’Oscar, a cui fu candidato. In questo film Scola compie un capolavoro assoluto, facendo recitare Sophia Loren, imbruttita e in abiti dimessi , anche con la complicità di una bellissima ed originale fotografia color seppia. Anche quella fu una interpretazione da Oscar.
La bravura di Scola, come regista, risalta anche nelle caratterizzazioni di grandissimi artisti, come ad esempio, Aldo Fabrizi e Giovanna Ralli, in “C’eravamo tanto amati”.
Soprattutto Scola ha dimostrato grande talento, dirigendo, contemporaneamente, diversi grandi, risaltandone le doti di ognuno, senza che questo andasse a discapito degli altri. Penso, ad esempio, al citato e straordinario C’eravamo tanto amati, oppure La Famiglia, o Dramma della gelosia.
Scola, insomma, è stato, indiscutibilmente, un maestro che ha lasciato una presenza significativa nel mondo del cinema mondiale.