[highlight]Se ne è andato, l’altro giorno, uno dei più interessanti uomini di cultura del nostro Paese: Manlio Cancogni.[/highlight]
Un uomo di straordinario impatto culturale, con la sua verve, la sua “curiosità”, il suo amore per la verità. Un grande giornalista che, lungo una carriera prestigiosa, lo ha portato ad essere una firma, tra l’altro, del Corriere della Sera, L’Espresso, L’Europeo, Il Popolo.
Per un anno diresse la prestigiosa rivista La Fiera Letteraria. Appassionato di sport, soprattutto di calcio, ciclismo e boxe, seppe raccontarlo, in alcune occasioni, in maniera straordinariamente efficace. Cancogni ha attraversato quasi tutto il secolo scorso, incontrandosi spesso con la storia. Combatté in Albania e da questa esperienza trasse uno dei libri sulla guerra tra i più originali pubblicati nel nostro Paese “La linea dei Tomori”.
Ha vissuto da giovane il periodo del fascismo di cui fu un fiero avversario. Di conseguenza fu uno dei più impegnati nella Resistenza nella sua regione di residenza, la Toscana. Questo suo impegno lo portò ad essere uno dei più contestati leader antifascisti, con pericoli anche per la sua incolumità.
Cancogni era un uomo che amava la verità e, di conseguenza, aveva una sua indiscussa indipendenza di giudizio, che lo faceva poco amare.
E’ stato, al contempo, un buon romanziere ed un ottimo giornalista. Infatti, quando scriveva un articolo pensava da letterato, e quando scriveva un romanzo allargava lo sguardo con la curiosità del giornalista di razza. La sua scrittura aveva il pregio di essere, allo stesso tempo, eterna e di stringente attualità.
Tra le sue opere vanno ricordate Cos’è l’amicizia, Allegri, Gioventù, che nel 1973 gli valse il Premio Strega, Quella strana felicità, che nel 1985 gli fece vincere il Premio Viareggio, IL Genio, Il niente, che nel 1987 gli valse il Premio Grinzane Cavour. Non va dimenticato che il ricordato La linea dei Tomori, nel 1966 gli fece vincere il Premio Bagutta.
Cancogni è stato un importante rappresentante del mondo culturale italiano, forse un poco sottovalutato anche a causa del suo amore per la verità che, in un mondo gretto e ipocrita come è quello editoriale italiano, non sempre è apprezzata.