[highlight]Qualche considerazione sulla vicenda delle nomine dei nuovi direttori dei musei italiani, che da qualche giorno tiene banco sull’informazione.[/highlight]
Un Paese come il nostro, che ha un patrimonio culturale rilevante, esce da questa vicenda, da come è stata gestita l’intera questione, con le ossa un poco rotte.
È fuor di dubbio che il sistema aveva bisogno di una scossa. L’imperante burocrazia, con le sue lungaggini e le sue pastoie, la scarsa considerazione mostrata negli anni dalla nostra politica rispetto alla cultura (con la cultura non si mangia, ricordate?), hanno prodotto dei danni rilevanti alla nostra immagine nel mondo.
Un patrimonio immenso, lasciato all’improvvisazione e al dilettantismo per troppi anni, meritava e merita altro atteggiamento, altri proponimenti, altra organizzazione, altra competenza. E, quindi, sotto questo profilo la sferzata data al settore con la nomina di competenti stranieri, e il rientro dall’estero di quattro esperti italiani, provenienti da direzioni prestigiose, è sicuramente salutare. Ma, mi domando, in Italia veramente non c’erano competenze all’altezza del compito?
Io penso che un paese con le nostre tradizioni, le nostre università, le nostre scuole di settore, ha competenze da vendere e, quindi, uno sforzo in tal senso andava esperito. Soprattutto per non dare l’impressione di svendere un’idea sbagliata della nostra competenza e del nostro stato nel settore dei beni artistici e culturali. D’altra parte se vi sono dubbi anche sulle modalità di selezione, con un eccessivo peso dato al colloquio in fase di selezione, mettendo, pare, in secondo piano i titoli e le competenze, vuol dire che, quantomeno, la vicenda poteva essere gestita in maniera più attenta ed evitare polemiche e possibili ricorsi.
L’intera vicenda, a mio avviso, sconta, certamente, il modo di comunicare che questo governo ha scelto fin dalla sua costituzione: si deve andare sui giornali, amplificando la notizia e mettere in secondo piano la sostanza. Ebbene penso che anche in questa occasione si è giocato su questo piano, recando un danno di immagine all’intero settore, mortificando le tante competenze che il paese ha e che esporta e che meritavano altro atteggiamento più rispettoso.