[highlight]La storia di Podemos getta luce sui cambiamenti dello scenario politico europeo[/highlight]
La struttura economica di un Paese determina la formazione della relativa sovrastruttura giuridica. Ogni cambiamento nell’ordine della struttura implica un conseguente modellamento, un’incessante modificazione più o meno tempestiva dell’ordine della sovrastruttura. Seppure non voleste considerare questo assunto teorico valido a pieno titolo per la storia economico-politica degli Stati, sorgerebbe malvolentieri qualche dubbio, tale da confermare invece la sua pretesa di veridicità, se lo rapportaste alla situazione attuale.
A una crisi economica dilagante a livello europeo fa eco la crisi di una politica incapace di gestire i problemi, ma soprattutto di rappresentare cittadini disillusi, diffidenti, esposti a impoverimento progressivo. Il generale malcontento causato dalle politiche di austerity è ormai sotto gli occhi di tutti, le larghe intese che non producono altro che maggiore confusione e dissenso anche.
Alternative concrete ce ne sono? A ben vedere di nuovi scenari bombardati dalle critiche delle élites europee se ne stanno aprendo vari e vanno tutti comunemente sotto il nome di populismo, inteso in un’accezione fortemente negativa. Tuttavia, le masse sembrano esserne fortemente attratte. La storia dell’appena nascente partito spagnolo Podemos può offrirci una visione più chiara della cosa e proiettarci, se non nel futuro, quanto meno nella comprensione di un presente europeo soggetto al continuo mutamento.
Chi è Pablo Iglesias
Non si può parlare degli inizi di Podemos prescindendo dalla personalità intorno alla quale ruota: Pablo Iglesias. Siamo nell’anno accademico 2008 quando un docente universitario di 29 anni, con tanto di coda di cavallo e sopracciglio tagliato, saluta i suoi studenti della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Complutense di Madrid invitandoli a stare in piedi sulle loro sedie. Si tratta di Iglesias e il suo intento è quello di riprodurre una scena del film L’attimo fuggente e, insieme, di comunicarne il messaggio chiave alterandone sensibilmente il significato: i suoi studenti devono cogliere l’attimo, rendere straordinaria la loro vita, non semplicemente studiando il potere, ma cambiandolo.
Con una bravata tipica di un professore che mal si adatta al classico profilo di intellettuale dottrinario di sinistra, Iglesias vuole affermare che la politica può essere qualcosa che si fa o che si lascia che gli altri facciano a te.
Al già fondatore della Caunter Power, organizzazione universitaria finalizzata alla pianificazione di proteste studentesche, è chiaro quale sia la causa dei mali dell’umanità: il capitalismo globalizzato che sulla scia di Ronald Reagan e Margaret Thatcher si è installato come ideologia dominante del mondo sviluppato. Le origini delle convinzioni di Iglesias sono da rinvenire nel suo passato adolescenziale, quando è membro dei Giovani Comunisti di Vallecas, uno dei quartieri più poveri di Madrid.
Ancora oggi, d’altronde, vive in un modesto appartamento di una tenuta anni ’80 le cui mura sono imbrattate di innumerevoli graffiti. Il leader e grande seduttore, come dimostra già di essere durante il periodo di adesione al gruppo giovanile, studia giurisprudenza all’Università Complutense per poi conseguire una seconda laurea in scienze politiche e, infine, dedicarsi a una tesi di dottorato sull’anti-globalizzazione che gli consente di concludere il percorso di studi con il massimo dei voti e la lode.
Due sono i principali punti di riferimento per Iglesias: Antonio Gramsci, il pensatore marxista italiano, e Ernesto Laclau, l’argentino professore dell’Università di Essex, autore di una serie di opere, su marxismo, populismo e democrazia, che ha profondamente influenzato la leadership di Podemos. “Egemonia e strategia socialista”, il libro di Laclau e della moglie Chanel Mouffe del 1985, rappresenta un caposaldo nella formazione culturale di Iglesias, e non solo. Gli studenti del giovane professore, insieme agli ex studenti e ai docenti della facoltà in cui insegna condividono le stesse idee, quelle che dal 2008 cominciano a diffondere lavorando duramente, producendo programmi televisivi politici e collaborando con i loro eroi latino americani, i leader populisti di sinistra come Rafael Correa dell’Ecuador e Evo Morales della Bolivia.
Eppure, quando il 17 gennaio 2014 viene lanciato il partito politico col nome di Podemos (Noi Possiamo), è respinto dai più, in quanto, essendo privo di fondi, di strutture e politiche concrete, sembra soltanto uno dei tanti piccoli partiti espressione di una popolazione arrabbiata, anti-austerità e destinati a svanire in pochi mesi.
I punti di forza di Podemos
La crescita vertiginosa di Podemos degli ultimi tempi si spiega anche in base a circostanze che hanno favorito l’evoluzione del progetto. La crisi finanziaria ha fornito agli organizzatori del partito la maggiore opportunità: in Spagna, oggi, un terzo della forza lavoro è senza lavoro o guadagna meno del salario minimo annuo pari a 9.080 euro. Scorgere nelle grandi città gente comune intenta a cercare di vendere qualsiasi cosa non è più scioccante.
Dopo la ventata di ottimismo durata per tre decenni e dovuta al passaggio dalla dittatura alla democrazia, il Paese è stato coinvolto da una crisi che ha completamente arrestato la crescita economica precedente. A contribuire al clima di incertezza ci hanno pensato gli innumerevoli casi di corruzione registrati in entrambi i partiti guida della Spagna, il conservatore PP (Partido Popular) e la sua opposizione di sinistra PSOE (Partido Socialista Obrero Español), che hanno fomentato la rabbia diffusa della popolazione verso la classe politica dirigente.
Colgono nel segno, dunque, le parole pronunciate di recente in pubblico da Iglesias:
[quote]Una crisi politica è un momento di audacia; è il momento in cui un rivoluzionario è capace di guardare la gente negli occhi e dire loro: “Guardate, queste persone sono i vostri nemici.[/quote]
Questa esortazione è probabilmente quella che avrebbero voluto sentire i protagonisti della protesta del 15 maggio 2011, gli indignados, coloro che inveirono contro i politici con un chiaro grido di battaglia “Loro non ci rappresentano”.
Quel grido l’ha colto in pieno Il leader di Podemos, o meglio di una organizzazione politica in cui quegli stessi manifestanti possono finalmente riconoscersi. D’altronde, Iglesias si è ispirato proprio a quell’evento, con l’obiettivo di non lasciarlo nel dimenticatoio, di renderlo continuativo nel presente, di dare voce a coloro che voce in capitolo allora non l’avevano.
Infatti, un mese dopo le proteste le piazze si svuotarono nuovamente e sei mesi più tardi, alla fine del 2011, la Spagna, precisamente una esigua minoranza della stessa, data la scarsa affluenza alle urne, sintomo di disillusione diffusa, elesse un nuovo governo. Il PP di Mariano Rajoy ottenne la maggioranza assoluta e, fedele alle richieste di austerità della Merkel, introdusse ulteriori tagli. Lo spirito indignados sembrò essere stato schiacciato, ma intanto si era prodotta anche la trasformazione di tanti cittadini in orfani politici in preda a una crisi di rappresentatività più intensa di prima.
Sulla scorta di quanto sostenuto da Laclau e Mouffe si può dedurre che Podemos rappresenta, in questo scenario, la possibilità di una svolta. Per i due teorici, infatti, il socialismo non può più concentrarsi su un’anacronistica lotta di classe, ma deve piuttosto cercare di unire i gruppi scontenti (i disoccupati, le femministe, gli omosessuali, gli ambientalisti) contro un nemico ben definito.
Un modo per realizzare questo passaggio è fare affidamento su un leader carismatico in grado di combattere il potente a favore dei diseredati e di fare appello agli elettori con una retorica semplice, ma emotivamente coinvolgente. Laclau e Mouffe ritengono anche che le élites liberali denunciano tali tattiche come populismo soltanto perché, in realtà, temono una massa pericolosa impegnata in politica. Tutto questo non è altro che la sintesi di ciò che Pablo Iglesias pensa e ha in mente di fare.
L’importanza dei media
Fondamentale nello sviluppo di Podemos è stato l’utilizzo strumentale dei mass media. La manipolazione dei mezzi di comunicazione è ormai una prerogativa delle componenti politiche in ascesa, in quanto funzionale alla ricerca di consenso da parte dei più. Iglesias aveva notato l’accanimento verso l’apparizione televisiva di politici di estrema destra e riteneva fosse giunto il momento anche per la sinistra di muoversi nella stessa direzione.
Già dalla metà degli anni 2000 gli esponenti del PP avevano iniziato a creare canali televisivi come veicolo di avvicinamento alle masse, alla maniera di Fox News per i repubblicani degli Stati Uniti. Per arrivare a esercitare la stessa pressione, Iglesias parte dal basso, nel maggio 2010, organizzando un dibattito in facoltà trasmesso tramite altoparlanti e registrato da Tele-K, un canale televisivo con sede in un garage in disuso di Vallecas.
Grazie alle abilità di presentatore di Iglesias, il direttore di Tele-K decide di produrre e presentare una serie di dibattiti organizzati dal professore e dal suo piccolo gruppo di studenti e attivisti. Se inizialmente il pubblico è molto esiguo, successivamente il numero di ascoltatori inizia a crescere incredibilmente sul web e “La Tuerka”, lo spettacolo costituito da una tavola rotonda in cui si discute di temi politici, diventa il seme di Podemos.
Dopo poco tempo il programma viene trasmesso sul sito di notizie online Pùblico e assume una struttura secondo la quale l’apertura del dibattito spetta a Iglesias e al suo collega Complutense Juan Carlos Monedero, a fungere da parte centrale è il dibattito vero e proprio e a chiudere l’incontro è la musica rep.
Successivamente persino HispanTV, un canale televisivo dell’Iran in lingua spagnola, chiede a Iglesias di presentare un programma intitolato Fort Apache e lui accetta facendosi ritrarre in sella ad una moto Harley Davidson. Il cambiamento mediatico avviene il 25 aprile 2013 quando l’abile comunicatore appare in un dibattito spettacolo di destra che va in onda sul canale Intereconomia.
Iglesias esordisce con: «È un piacere attraversare linee nemiche e parlare», e, in effetti, lungi dal lasciarsi intimorire, discute con quattro intellettuali conservatori dimostrando grande prontezza e preparazione. Con i suoi messaggi semplici e ad effetto Iglesias conquista presto un pubblico più vasto e riceve inviti per i comparire sui canali tradizionali della Spagna.
Egli sfrutta l’occasione non solo per dimostrare le sue doti da oratore, ma soprattutto per segnalare chiaramente agli ascoltatori i due nemici della Spagna: quella da lui chiamata ”la casta”, ovvero l’élite politica e commerciale corrotta che ha venduto il Paese alle banche, e Angela Merkel insieme ai funzionari non eletti che hanno curato le questioni sull’euro presso la Banca Centrale Europea a Francoforte.
Dopo anni trascorsi a perfezionare le sue tecniche oratorie, a fare teatro e a frequentare corsi di presentatore Iglesias diventa un esperto nel campo della comunicazione, campo che, come aveva dichiarato nella sua tesi di dottorato, è fondamentale per protestare. Una nuova stella dei media è, ormai, nata ed è soprannominata da molti “el coletas” (la coda di cavallo).
I membri più anziani del suo affiatato team di 60 persone ammettono che il progetto Podemos sarebbe impossibile senza una leadership carismatica con competenze televisive come Iglesias. L’innovazione non finisce con l’uso intelligente dei media ma continua nell’ambito del web dove pure è basilare, per un movimento populista all’avanguardia, sradicarsi dalle consuetudini dei partiti tradizionali e applicare un esempio di democrazia diretta online.
Puntare sulla trasparenza dei siti web (attraverso il riportare dettagliatamente le spese o la somma degli stipendi), sugli strumenti di voto e sui dibattiti online è ciò che il sito ufficiale Plaza Podemos si prefigge di fare. Riguardo l’approvazione da parte del pubblico i numeri parlano chiaro: il sito attira regolarmente tra i 10.000 e i 20.000 visitatori al giorno. L’unica grande difficoltà riguarda la gestione di questo tipo di democrazia diretta attraverso una strategia costante preposta al reale bilanciamento delle richieste degli attivisti di base con quelle della potente influenza di Iglesias e dei suoi accademici Complutensi. In pratica, non bisogna deludere le aspettative di chi crede sia arrivato il momento di poter davvero plasmare la politica.
I primi passi di Podemos
Il prestigio politico ottenuto da Iglesias mediante i media non è sufficiente per l’affermazione di un nuovo vero e proprio partito. C’è bisogno di una base organizzativa che si estenda per tutto il Paese, una base come quella già posseduta da Izquierda Anticapitalista (IA), un piccolo partito radicale perfetto per essere inglobato in Podemos, la cui nascita viene sancita ufficialmente nel mese di agosto 2013 con l’unione delle due forze in campo, entrambe animate dalla rigida opposizione alla gerarchia.
Lo scopo è ben definito, ma anche estremamente audace: l’assalto al potere in soli 18 mesi con l’obiettivo finale di sostituire il PSOE come leader della sinistra e spodestare il primo ministro Rajoy alle elezioni del 2015. Il banco di prova sarebbero state le elezioni europee del maggio 2014, trampolino di lancio per la campagna elettorale del 2015.
Ai rischi e alle scarsa probabilità di successo Iglesias e gli altri rispondono fin da subito con quanto implicito già nel nome del partito: Podemos, Noi Possiamo. Appropriatisi dello stile indignados, caratterizzato da circoli e assemblee organizzati intorno a comunità locali e interessi politici condivisi, in cui potersi incontrare, discutere e votare di persona o online, Podemos riesce nel suo intento e, grazie a 1,2 milioni di voti, cinque suoi esponenti vengono eletti deputati al Parlamento europeo nel 2014. Il PP è, però, ancora al governo; la battaglia è appena cominciata.
Il programma Podemos
Anche la stesura del programma del movimento rientra nell’ottica della partecipazione diretta, tanto da indurre Iglesias a parlare di un manifesto elettorale “collaborativo”, frutto delle proposte inviate dai cittadini. Due i punti più significativi. Il primo è inerente all’introduzione di un sussidio di base, ovvero uno stipendio statale di 650 euro percepito da tutti i cittadini.
Il secondo riguarda la revisione del debito pubblico finalizzata all’annullamento del pagamento delle sue parti illegittime, cosi come sta avvenendo per iniziativa di alcuni governi di sinistra in America Latina, tra i quali quello di Rafael Correa in Ecuador, e come annunciato da Tsipras durante la campagna elettorale di Syriza in Grecia. Si tratta di proposte che mirano a un intervento più serrato da parte dello stato in politiche economiche orientate al sociale. Lo stato deve operare una maggiore redistribuzione dei redditi a vantaggio dei più poveri e imporre tasse più eque.
Il successo
È il 31 gennaio 2015 quando la piazza centrale di Madrid, la Puerta del Sol, appare gremita di gente accorsa per la manifestazione di apertura della campagna elettorale di Podemos. Il luogo è emblematico, in quanto simbolo del movimento degli indignados. Iglesias si rivolge alle 300.000 persone presenti con la retorica appassionata che lo contraddistingue e che induce gli avversari a bollarlo come pericoloso populista. Eppure, dichiara sul palco che se il progetto di conquistare il potere delle élites e consegnarlo al popolo comporta suscitare emozioni e per questo essere accusato di populismo, è disposto a correre il rischio.
Si scaglia contro i mostri del “totalitarismo finanziario” e raccomanda ai suoi seguaci di «prendere sul serio i loro sogni». Quelli di Puerta del Sol considerano Podemos uno spiraglio di luce in grado di allontanare la prospettiva di una degenerazione simile a quella della Grecia, in cui disintegrazione dello stato sociale, fatiscente classe media e diseguaglianza dilagante fanno da padrone.
In un Paese in preda a debito, austerità e disoccupazione Iglesias prende sul serio, intanto, la possibilità di diventare primo ministro dopo le prossime elezioni.
La massa che vuole cambiare l’Europa
A un radicale collasso economico, come in questo caso quello dell’Europa, è direttamente proporzionale l’altrettanto radicale cambiamento politico che si verifica mediante fenomeni non isolati come quello di Pomemos. L’esperienza greca di Tsipras non è tanto dissimile da quella qui riportata e la collaborazione tra i due leader populisti è evidente.
Al termine di un comizio elettorale di Tsipras in Grecia del gennaio 2015 è intervenuto Iglesias con poche ma esaustive parole in greco:
[quote]Prima prendiamo Manhattan, poi prendiamo Berlino[/quote].
Entrambi i leader sono entusiasti dei cambiamenti che avvengono nei rispettivi Paesi e non è pura utopia pronosticare una vincita delle prossime elezioni da parte dei due movimenti populisti. Se così fosse, la storia dell’intero continente potrebbe subire un brusco mutamento. Le due grandi novità nel quadro delle sostanziali grandi coalizioni sono espressione di due realtà di dichiarata opposizione alle politiche di austerity rappresentate dalla Germania di Angela Merkel.
Il dubbio è se schierarsi dalla parte di chi taccia di pura demagogia coloro che gridano alla massa impoverita ciò che vuole sentirsi dire o dalla parte di chi, evitando di considerare la massa come un ammasso di persone immature e infantili, sta in qualche modo agendo per far cambiare le cose, garantendo a quella stessa massa possibilità di riscatto, possibilità di diventare protagonista e non spettatrice di una storia che può voltare pagina, senso di appartenenza.
Il punto è proprio questo: il mercato del lavoro in continua evoluzione ha prodotto, nelle società neoliberali, soggettività isolate, esaltazione dell’individualismo, concorrenza e competizione reciproca fin dai livelli più bassi, annientando apparentemente qualsiasi forma di coesione. Quello stesso isolamento sfocia, a sua volta, in sentimenti di frustrazione che possono e stanno costituendo il germe per un nuovo tipo di unione; non più classi ben definite per la comune appartenenza a un determinato status sociale, ma multi soggettività a un primo sguardo slegate tra loro, ma con, come comune denominatore, la rabbia e il peggioramento progressivo delle proprie condizioni di vita.
Non resta che aspettare per capire se davvero i movimenti populisti possono fungere da punti di riferimento e sprono per gli orfani politici; le loro idee dovranno concretizzarsi nel mondo reale e, soltanto allora, staremo a vedere se, come Iglesias insegna a suoi studenti, il potente potrà realmente essere messo in discussione.