[highlight]Il cantautore italiano spazia tra il poliziesco e la capacità di gettare uno sguardo acuto e malinconico sulla realtà[/highlight]
La caccia al colpevole suscita quell’immancabile curiosità capace di animare la lettura di ogni giallo che si rispetti. Può capitare, però, che quella suspense possa essere, di tanto in tanto, attutita dalla storia di un protagonista intento a ripercorrere non soltanto le possibili dinamiche dell’omicidio che sconvolge la sua quotidianità, ma anche le tappe della propria vita e, insieme a queste, quelle della vita degli altri, in molteplici spunti di riflessione su alcuni tratti distintivi della nostra società.
In questo caso, staremmo parlando de “La brutta estate”, il romanzo noir edito da Mondadori e scritto da Enrico Ruggeri, un artista a tutto tondo. Dopo aver calcato il palcoscenico per trent’anni, in veste di cantautore e poi di presentatore, Ruggeri ha deciso di sperimentare un’ulteriore forma di comunicazione, cimentandosi nella stesura di diversi romanzi, tra i quali “Che giorno sarà” (2011, Feltrinelli) e “Non si può morire la notte di Natale” (2012, Baldini e Castoldi).
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Il coraggio di cambiare
L’ultimo dei suoi libri ruota intorno all’omicidio di un’anziana signora, zia e unica parente di Marco Taviani, un giornalista sportivo alle prese con la fine del suo matrimonio e l’inizio di una nuovo percorso. Sarà proprio la notizia inaspettata dell’ inspiegabile assassinio brutale compiuto ai danni della solitaria Zia Elvira, in una mattina di inizio estate di un imprecisato anno dispari, a consentire al giornalista un po’ annoiato di dare una svolta alla sua vita.
Si tratta di una brutta vicenda, quella che, talvolta, può generare i cambiamenti più drastici, può infondere quel coraggio che la quotidianità spesso appiattisce, rendendo accettabile una monotonia e una mancanza di slanci che, in realtà, ci sta stretta. Accade a molti, e a molti può capitare di immedesimarsi nella figura di un uomo insoddisfatto, tanto del suo lavoro, fatto di scoop improbabili sui flirt dei calciatori del momento, perché questo la gente ora vuole, quanto della sua vita coniugale, fatta di silenzi, perché la fiamma della passione di una volta si è ormai spenta e perché l’unico scambio di parole avviene in relazione alla cosa più bella che un amore di un tempo passato ha prodotto, la propria figlia.
I problemi del nostro tempo
Questa capacità di riportare uno spaccato della nostra società, questo intrecciarsi di problematiche che, sempre più frequentemente, affliggono il nostro tempo, sono i motivi di fondo che attraversano delle pagine in cui la ricerca dell’assassino sembra inizialmente secondaria, sebbene sul finale il mistero si infittisca e il ritmo si faccia più serrato e coinvolgente.
Sin dalle prime pagine, risulta lampante la tecnica descrittiva dell’autore, che fa del protagonista, io narrante, un acuto osservatore della realtà circostante, una realtà che non si discosta molto dalla condizione personale di Taviani. Viene raccontata, infatti, una Milano popolata da individualità sempre più introverse, intenzionate a cercare, in metro come per strada, nel mondo virtuale l’appagamento che i rapporti reali non offrono più.
[quote]Il terrore della solitudine in questo modo rende le persone ancora più chiuse e autoreferenziali[/quote]
si legge e, aggiungo, ancora più più sole.
Tra una solitudine esistenziale e un sottile velo di malinconia si costituisce il filo conduttore della storia. Il pensiero del protagonista oscilla tra una riflessione sul mondo che cambia, una costatazione sul tempo che passa e la ricerca delle proprie radici per chi è rimasto solo al mondo e non può più chiedere a nessun parente in vita le cose più frivole, ma significative, del proprio passato; perché, quando se ne aveva la possibilità, si era presi da tante cose, quelle futili di tutti i giorni, quelle che scandiscono la corsa assennata al soddisfacimento delle proprie aspettative, in realtà mai raggiunto in pieno.
Non manca il riferimento ad un mondo dove, forse per rabbia, forse per disillusione, forse semplicemente per soldi, la persone cercano disperatamente di approfittarsi di altre persone, cogliendole, anche e soprattutto, nel momento di debolezza. È il caso chi ha bisogno dello scoop, e per ottenerlo è disposto alla violazione della privacy così come alla non curanza dei sentimenti e della verità del malcapitato; o del banchiere, che si occupa dell’ eredità e che dimostra una sfacciataggine senza scrupoli.
Schiavi dell’apparire
Infine, c’è la crisi. A completare il quadro, ci pensa il motivo ricorrente fatto di famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, ma che, nonostante ciò, non ne vogliono sapere di ridimensionarsi.
[quote]Un mondo nel quale i negozi chiudono e al loro posto aprono banche, finanziarie, dove i “compro oro” sono i nuovi padroni dei quartieri, mentre la disperazione non è più appannaggio dei poveri, diventa compagna di vita di una scellerata borghesia, schiava dell’apparire e dell’ostentare[/quote]
Schiave di un benessere che appartiene al passato, del potersi permettere due macchine, dell’andare a mangiare fuori o del week end di lusso altrove, sono le persone che popolano il condominio in cui l’autore getta il suo sguardo e in cui si nascono molte più stranezze di quelle che si potrebbero immaginare.
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Un personaggio fuori dagli schemi
Unica nota stonata in questa negatività, tuttavia così reale, è la figura del commissario Lombardo, lontano dal prototipo dell’investigatore infallibile all’americana, così come da quello del poliziotto rozzo all’italiana. Si tratta di un tipo in gamba, dedito al suo lavoro, di un personaggio dai modi gentili, originario del sud Italia, di uno che ci sa fare con la gente, non per ricavarne qualcosa, non per tradire, ma per aiutare. Si tratta, insomma, di quel raro modo di essere che, al mondo d’oggi, può ancora ispirare fiducia e ammirazione, così tanto che la Mondadori ha già chiesto a Ruggeri di concentrarsi su questo personaggio per dare vita, a partire dalla sua storia, a un nuovo avvincente romanzo.