[highlight]Il governo cinese punta sulla coltivazione delle patate per dare una svolta a un settore agricolo poco fiorente[/highlight]
Siamo abituati ormai al Made in China riportato sul retro delle confezioni di molteplici prodotti, ma come reagiremmo se ad attestare la provenienza cinese fosse persino l’etichetta posta su un genere alimentare come le patate?
La patata ha sempre rappresentato la fonte di sostentamento primaria, se non unica, in circostanze economicamente difficili e, in questo caso, un alimento base così semplice potrebbe fungere da sorgente di arricchimento di un Paese che ha già subito, negli ultimi decenni, una tale trasformazione da essere annoverato tra le potenze economiche più forti al mondo. Quella che può sembrare, a primo impatto, una mossa in controtendenza dell’agricoltura cinese, è, a ben vedere, una strategia volta al futuro dell’economia. Sarà perché, come scappa di frequente dalla bocca di molti, “sono davvero furbi questi cinesi”?
Vediamo se lo sono e cos’altro stanno escogitando.
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La svolta dell’agricoltura cinese
Se esiste un settore in cui la Cina non vanta i livelli di esportazione riscontrabili in molti ambiti, questo è il settore primario. I dati dello scorso anno riportano, infatti, un elevato tasso di importazione in territorio cinese di prodotti agroalimentari: 25 milioni di tonnellate di mais e grano, in aumento del 23% rispetto al 2013, e grandi quantità di soia, frutta fresca, latte in polvere, carne di maiale e pollo. Per fronteggiare questa inarrestabile tendenza all’importazione di cibo, proveniente in larga parte dagli Stati Uniti, il Ministero dell’Agricoltura ha messo a punto una nuova soluzione: la patata. Il Ministro Han Changfu ha intenzione di raddoppiare, entro il 2020, l’area dedicata alla coltivazione della patata in Cina, in modo tale da estendere la coltura di patate su 25 milioni di ettari, corrispondenti grosso modo alle dimensioni dell’Ungheria.
La scelta del governo cinese di promuovere le patate come alimento base dell’agricoltura, mirando a raddoppiarne il consumo, è supportata dal fatto che la Cina, con la sua produzione annuale di 80 milioni di tonnellate, è già attualmente la maggior produttrice di patate al mondo e si colloca al decimo posto nella classifica mondiale per l’esportazione del tubero. Si tratta di un dato poco diffuso, essendo la Cina un Paese tradizionalmente conosciuto per le risaie. Eppure, puntare sulle patate potrebbe significare, per un Paese abituato a esportare in tutto il mondo piuttosto che a importare, rendersi autosufficiente anche in questo settore.
I vantaggi delle patate
Sostenere la coltivazione di quella che i cinesi chiamano “earth bean”, si rivela tutt’altro che una scelta fatta a caso, in quanto essa comporta una serie di vantaggi che occorre esaminare nel dettaglio.
- A parità di peso, le patate dispensano più calorie rispetto a cereali come riso, frumento e mais. Il maggiore valore nutrizionale dell’ortaggio potrà indurre a sostituire parte delle colture di riso con quelle di questi tuberi e a ridurre la necessità di importare cereali.
- Le tecniche di coltivazione delle patate, a differenza di quelle cerealicole, contribuiscono al preservazione della fertilità del suolo, prevedendo durate medie di rotazione di 16 settimane. In questo modo, aumenterebbe il potenziale del terreno, e dunque la resa delle colture, fattore decisivo per un Paese in cui il 40% delle superfici coltivabili è diventato poco fruttuoso a causa di decenni di coltivazioni troppo intensive e dell’uso di fertilizzanti e pesticidi.
- La patata richiede un’esigua quantità di acqua nel suo processo di coltivazione. Il tubero necessita, infatti, di 350 millimetri di pioggia all’anno, a fronte dei 450 millimetri indispensabili per il grano e i 500 millimetri per il riso. È, questo, un vantaggio non sottovalutabile, alla luce del fatto che il 70% del consumo di acqua in Cina è destinato all’irrigazione. Basta riportare l’esempio di Dongbei: questa regione nord-orientale della Cina riceve in media 350 millimetri l’anno di acqua piovana, esattamente quelli preposti alla coltivazione dei cereali, sulla quale basa la propria economia. Al fine di incanalare le risorse idriche esclusivamente nei processi di irrigazione, Dongbei rischia la degenerazione della desertificazione già in atto. La soluzione consisterebbe, anche in questo caso, nel ricorso alla sostituzione della coltivazione di riso, mais e frumento con quella meno “assetata” di patate.
- La coltivazione della patata si presenta come un’attività lucrativa per i contadini cinesi. Secondo Zhang Hongzhou, ricercatore presso l’Università di Singapore, le patate garantiscono un guadagno di 2.400 dollari per ettaro in Cina, mentre il grano solamente 400 dollari per ettaro. I prezzi attualmente elevati delle patate incoraggiano, così, l’espansione della superficie coltivata e se ora si raccolgono 15 tonnellate per ettaro, con la coltivazione su larga scala se ne otterrebbero circa 50 tonnellate. Il guadagno triplicherebbe.
L’industria delle patate
Agire sulle dinamiche del settore primario significa, in alcuni casi, incoraggiare indirettamente anche il settore secondario. Una fiorente coltivazione delle patate avrà ricadute positive immediate anche sull’industria di trasformazione delle patatine fritte. I cinesi dimostrano, così, di saper guardare lontano, o meglio di riuscire a cogliere e sfruttare a proprio vantaggio le trasformazioni della società, adattandosi alle nuove abitudini alimentari dei cittadini e sviluppando l’economia in funzione del soddisfacimento del mutato bisogno alimentare. È questo il vantaggio che conta più degli altri.
Il fenomeno crescente dell’urbanizzazione ha influenzato fortemente i modelli di consumo. Se dieci anni fa la Cina contava soltanto 50 città con oltre un milione di abitanti, oggi ne conta oltre 230 e la gente che le popola apprezza molto il fast food, sia per i costi ridotti che per la velocità di un pranzo consono ai frenetici ritmi lavorativi. Le catene di fast food rappresentano il principale canale per il consumo di patate, ragion per cui sarà l’industria di trasformazione delle patatine a contribuire significativamente alla crescita esponenziale del settore. L’enorme potenziale del Paese rispetto a questo prodotto sta favorendo, tra l’altro, la costruzione di nuovi stabilimenti produttori di patatine e ciò consentirà alla Cina di incrementare la quantità dei raccolti di patate destinata alla produzione di patatine fritte, pari attualmente solo all’1%, e di evitare che la metà delle patatine fritte siano importate surgelate da Europa e Nord America.
Da non tralasciare è, infine, la possibilità per la Cina di avere a disposizione maggiori quantità di fecola di patate, la farina ottenuta dall’ortaggio, ampiamente utilizzata nei prodotti alimentari, ma anche in settori industriali quali il tessile, il chimico e il farmaceutico.
La Cina si fa furba
Lo sforzo da parte del governo di trarre finalmente beneficio dalla coltivazione di questo ortaggio potrebbe incontrare qualche resistenza soltanto sul fronte dei consumatori. Nonostante, infatti, la patata sia stata introdotta in Cina quasi 400 anni fa dai commercianti portoghesi che l’hanno esportata in tutto il mondo dall’America Latina, i cinesi hanno sempre considerato componente essenziale della loro alimentazione mais e riso, basando su questi alimenti le pietanze tipiche del Paese. L’esigenza prioritaria del governo è, allora, quella di promuovere ricette e modi per trasformare le patate crude in prodotti alimentari che facciano appello ai gusti cinesi, al fine di arrivare, in futuro, a far assumere alla patata lo status di prodotto tipico locale.
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Per rispondere alla domanda iniziale, direi che sì, i cinesi sono furbi, se per furbizia si intende la capacità di adattarsi alle esigenze di mercato, valorizzando prodotti che prevedono costi ridotti e ingenti guadagni in vista del futuro.