Encerrados, il volto disumano delle carceri sudamericane

[highlight]Valerio Bispuri racconta con 75 fotografie in bianco e nero la mancanza di libertà nel Sud America[/highlight]

Rendere visibile l’invisibile, imprimere nella memoria collettiva quello che la storia si è incaricata di trascinare nell’oblio, smascherare il volto disumano di una mancanza di libertà che stride con un mondo che si professa sempre più libero.

Gli scatti di Valerio Bispuri, raccolti nel libro fotografico Encerrados, restituiscono agli occhi di chi ignora le condizioni di non vita in cui versa la stragrande maggioranza dei carcerati di un popolo che di libertà ha, forse, sempre e solo sentito parlare.

encerrados

Si tratta del popolo sudamericano, del popolo che più di ogni altro ha sperimentato, sin dai tempi del colonialismo, la relazione contrastante tra dominio e resistenza, tra sovranità e lotte di liberazione.

Viaggio nelle carceri

encerrados valerio bispuri

Un viaggio durato dieci anni, scandito da tappe inconsuete, fatte di sbarre, mura e buio, ha consentito al fotoreporter di origini romane di mostrare come le 74 carceri sudamericane visitate siano

[quote]Un riflesso della società, uno specchio di quello che succede in un Paese, dai piccoli drammi alle grandi crisi economiche e sociali[/quote],

In effetti, proprio la storia diventa rivelatrice delle origini di una particolare dimensione antropologica radicata nella società sudamericana. È con lo sbarco europeo sulle coste latino-americane che l’esportazione dell’oppressione e il sapore della conquista fanno il loro ingresso in questa terra, sotto le spoglie di una missione finalizzata alla salvezza di un Paese rozzo e selvaggio.

In realtà, quel Paese era già pienamente strutturato e intriso di tradizioni autoctone; presto, la sete di ricchezza lo avrebbe reso succube di un imposizione dall’esterno, di un controllo ideologico sulle menti, di un controllo economico sui corpi.

Che cos’è il sistema produttivo della piantagione e la schiavitù, a esso connessa, se non l’applicazione di meccanismi che antepongono il profitto alla persona, che non considerano affatto la persona, se non il richiamo storico alla violazione dei diritti umani nelle dure carceri sudamericane?

Per non parlare delle successive dittature militari, che hanno appiattito la creatività di un popolo vivo, ma vivo a fatica, e dove, a fatica, cercano di affermarsi percorsi democratici. In una realtà contrassegnata dall’opulenza di pochi e la miseria di molti, in cui la fame dilaga e cozza con la ricchezza degli esigui privilegiati, è difficile parlare di democrazia, di diritti uguali per tutti, ed è impossibile non parlare di criminalità.

La povertà genera rabbia, la rabbia genera violenza e, nelle prigioni di Argentina, Cile, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, ne emerge davvero tanta.

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Faccia a Faccia con la violenza

encerrados valerio bispuri

Bispuri ce la racconta attraverso gli sguardi minacciosi di chi non conosce affetto, calore, tutela, umanità. Ma ce la racconta anche con parole e sensazioni, oltre che con immagini. Di ritrovarsi a quattrocchi con la violenza gli succede quando nel carcere di Los Tequas, a Caracas, in Venezuela, vede detenuti armati di coltelli e pistole pronte a sparare ogni volta che un capo esce di prigione. Anche un’occasione di festa si tramuta in sfogo violento per quel codice comportamentale. Gli succede quando entra in carceri femminili pullulanti di donne che hanno ucciso mariti, per difesa o per odio, donne che hanno ucciso figli, drogati o violenti. Poi è la volta della Penitenciaria di Santiago del Cile, in cui i carcerati, per passare il tempo, si sfidano a duello con spadoni trovati all’interno degli antichi tubi della struttura. Il divertimento è improntato sull’odio.

Inaspettata ospitalità

encerrados valerio bispuri

Neanche un coltello puntato alla gola, o il pericolo scampato di una siringa infetta, fermano in Bispuri la voglia di filtrare la realtà con il proprio sentire per dar vita a scatti evocativi di una difficile realtà occultata. E probabilmente ciò accade perché quel sentire non è permeato solo di inquietudine, disperazione, rinuncia alla vita, ma anche di speranza, voglia di riscatto.

Un bagliore di luce in un inferno oscuro, motivo che spesso ricorre nelle immagini del libro, è l’esperienza vissuta nel Padiglione 5 del carcere di Mendoza, in Argentina, nel quale Valerio Bispuri ottiene il permesso dalle guardie di entrare da solo, dopo aver firmato un documento in cui si assume tutta la responsabilità di ciò che sarebbe accaduto all’interno.

Si tratta del buco sotterraneo più pericoloso di tutti, quello in cui sono rinchiusi uomini che fanno paura ad altri uomini, così tanto da essere isolati, abbandonati, ignorati persino dalle guardie che lasciano i pochi beni di prima necessità all’ingresso, senza mai inoltrarsi nei lugubri corridoi. Questa pericolosità Bispuri non la coglie; coglie soltanto inaspettata ospitalità, desiderio di mostrare, di far fotografare, di rendere nota la condizione al limite dell’umano, in cui i dimenticati sono costretti non a vivere, ma a sopravvivere.

Gli emarginati della società chiedono di essere resi finalmente visibili e l’obiettivo è raggiunto. Dopo la pubblicazione di foto volontariamente sfuocate, quasi a indicare la precarietà di quell’esistenza, il Padiglione 5 è stato chiuso e una certezza è stata ottenuta: il Sud America è una terra che subisce, subisce lo scotto da pagare per una colpa che non ha commesso, la povertà che sfocia in violenza, ma è anche il Paese che reagisce, o che, quanto meno, esprime con gli occhi la volontà di reagire.

A cosa servono le carceri?

encerrados valerio bispuri

Il problema è che si è perso di vista il motivo per cui le carceri esistono. Piuttosto che luogo preposto alla riabilitazione del condannato, si presentano come luogo in cui un uomo non ha né modo né tempo di pensare al male che ha fatto, piuttosto pensa al male che riceve dai buoni tutti i giorni. E così, la rabbia si acutizza, si riversa nuovamente, una volta liberi, in quelle strade già cariche di violenza e illegalità. D’altronde, la differenza tra dietro e avanti le sbarre è pressoché inesistente, come sottolinea Bispuri nel libro:

[quote]Le regole dentro sono le stesse che fuori; gestisce chi ha più soldi, comanda chi ha più potere[/quote]

E la prima fonte di potere in Sud America è la droga, il cui traffico è il reato commesso dalla maggior parte dei detenuti. Il proibizionismo, piuttosto che ostacolare il commercio di droga, non ha prodotto altro che l’accentuazione del fenomeno, risultato rafforzato dal concentrarsi di enormi quantità di cocaina, in particolare, nelle mani dei cartelli criminali, liberi di gestire un mercato incontrollato e illegale con metodi estranei al mercato legale e più favorevoli ai propri interessi.

Una scarpa fotografata appesa alla porta della cella indica che il rifornimento di droga è arrivato, e, dunque, che il narcotraffico non incontra battute d’arresto neanche al di là delle mura carcerarie. La delinquenza continua, dentro e fuori, è un tutt’uno, perché l’incubo fatto di povertà e mancanza di lavoro induce a incontrare sempre la stessa sorte. Dentro e fuori.

Viene allora da chiedersi: “encerrados”… in che senso?

encerrados valerio bispuri

Si è rinchiusi dietro le sbarre di una cella sovraffollata, occupata da diciotto persone laddove ne potrebbero stare solo quattro, con un solo bagno, o si è rinchiusi dentro le mura di un carcere che si estende lungo tutto il confine di questa terra?

Tutto ciò dà l’idea di una terra in cui non si intravedono possibilità di riscatto, di una terra senza libertà. Eppure, il potere si esercita sempre su soggetti in qualche misura liberi, altrimenti il potere stesso non sussisterebbe. Un margine di libertà c’è per ogni uomo, persino per lo schiavo, persino per il povero, persino per il carcerato. Il detenuto resiste, crea il proprio margine di libertà nella riproduzione di abitudini, ormai lontane, negli ambienti angusti e freddi di un carcere.

encerrados valerio bispuri

Una partita di calcio per gli uomini, un match di pallavolo per le donne, cucinare, fare palestra con attrezzi improvvisati, truccarsi: Encerrados riproduce questi attimi di vita. Questi attimi sono forme di resistenza, che devono trasformarsi in reazione.

Una fotografia del Sud America

encerrados valerio bispuri

Bispuri parte dal sistema penitenziario per raccontare il Sud America, perché è l’ambito che fotografa meglio l’intera società, ne evidenzia, estremizzandole, le costanti e permette di elaborare, a partire da un’analisi di esso, prospettive future. Sarebbe opportuno riflettere, ad esempio, sulla possibilità di conferire nuovamente alla riabilitazione il ruolo che le spetta, evitando di incrementare il tasso di carcerazioni.

Soprattutto in un Paese in cui, in alcuni casi, sono i criminali stessi a comandare nelle prigioni in cui risiedono, la detenzione non agisce come deterrente dell’azione criminosa, quindi non funziona; la violenza esce, anzi, incrementata dalle carceri, al punto che si è indotti a delinquere nuovamente.

Realizzare il passaggio da una giustizia retributiva (in cui chi ha sbagliato paga), che non riabilita, a una giustizia riparativa, in cui ci si impegna a rispondere della propria azione in cambio di quella nozione “scandalosa” di perdono, potrebbe essere la formula giusta.

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Richiesta d’aiuto

encerrados valerio bispuri

Tra le foto ne spicca una: i rinchiusi allungano le braccia, tendono le mani, come a chiedere aiuto, come a sperare che quel mondo in bianco e in nero, così come è stato fotografato, possa accendersi di colori vivaci, quelli tipici del caloroso popolo del Sud America.

Encerrados è stato pubblicato per la prima volta in volume da Contrasto; è in libreria dal 29 gennaio 2015. Precedentemente , il lavoro è stato esposto al Visa Pour l’Image di Perpignan,il più importante festival di fotogiornalismo del mondo, a Berlino, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, a Buenos Aires e a Ginevra. Encerrados ha vinto numerosi premi a livello internazionale.

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