[highlight]Piccolo viaggio nella storia delle copertine musicali che hanno fatto la storia della musica[/highlight]
La musica oggi è cambiata. Anni fa cantanti e gruppi musicali si affidavano ad una casa discografica per produrre il proprio cd e, successivamente ad una buona pubblicità dello stesso, si facevano i concerti dove il massimo dell’avanguardia era solo una chitarra che fosse un po’ più “moderna”.
I tempi sono cambiati: oggi le parole chiave sono tecnologia, show, immagine dell’artista, magari anche a volte un po’ a discapito del sound.
Ponte di unione tra ieri e oggi, però, sono le copertine dei dischi.
Cosa sarebbe di uno dei capolavori dei Pink Floyd, “The Dark Side Of The Moon”, senza la celeberrima copertina con il prisma? Quante generazioni non avrebbero avuto conoscenza dell’album Abbey Road senza l’ormai storica immagine dei Fab4 che attraversano sulle strisce pedonali?
Qui di seguito un elenco delle 10 copertine musicali che hanno segnato la storia della musica.
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Led Zeppelin – Physical Graffiti (1975)
Un doppio album, una copertina identica davanti e dietro: un palazzo con tante finestre. Questa copertina è tra le più importanti della storia del rock. La particolarità è che i ritagli effettuati in direzione delle finestre sull’immagine del palazzo, permettevano ai diversi personaggi (tra cui i volti dei componenti della band, gatti, personaggi moderni e del passato, angeli, sequenze di film western, ecc..), di penetrare all’interno degli appartamenti. Presa da un’antica abitazione a St. Mark’s Place a New York, questa copertina ha un profondo significato per il disco stesso. Da tempo Page affermava che i Led Zeppelin si stavano sforzando di trovare il perfetto equilibrio tra luce e ombra. Con “Physical Graffiti” riuscirono nel loro intento, e tutte quelle finestre e quei molteplici personaggi stavano ad indicare che era un disco pieno di sonorità diverse. Questa copertina, innovativa quanto geniale, ispirò anche altri artisti. Come tutte le copertine dei Led Zeppelin anche quella di “Physical Graffiti” rientra nelle grandi idee trasformate in immagini, ed è tra le più importanti nella storia del rock.
Joy Division – Unknown Pleasure (1979)
L’immagine sulla copertina del primo album dei Joy Division “Unknown Pleasure”, fu fornita dal batterista del gruppo Stephen Morris al designer della “Factory Records” Peter Saville, presa dal libro di testo “The Cambridge Encyclopedia of Astronomy”.
L’immagine raffigura 100 pulsazioni consecutive di una stella di neutroni, la prima pulsar scoperta per caso nell’estate del 1967 a Cambridge da Jocelyn Bell e Antony Hewish; si trattava della CP 1916 chiamata anche Cambridge Pulsar PSR 1919+21.
Saville invertì i colori dell’immagine da linee nere su sfondo bianco a linee bianche su sfondo nero creando così l’icona che noi tutti conosciamo. Oltre a questa immagine, sulla copertina principale dell’epoca non compare niente altro, né il nome della band tanto meno il titolo dell’album. Sul retro non sono presenti i titoli delle canzoni ma solo uno spazio vuoto. L’immagine invece sulla copertina interna fu scelta dal manager della band Rob Gretton che, guardando alcune foto contenute nel libro “The Somnambulist” del fotografo Ralph Gibson, decise di utilizzare la fotografia di una porta aperta come simbolo di un “inizio”.
Una curiosità riguarda le edizioni del disco distribuite in Europa e in America, in entrambe il classico “lato 1” e “lato 2” furono sostituiti dalle diciture “OUTSIDE” e “INSIDE”. Inoltre l’edizione europea del disco presenta la scritta “This is the way” sul lato “OUTSIDE” e “Step” sul lato “INSIDE”; queste parole fanno parte della canzone “Atrocity Exhibition”, presente nel successivo album della band, “Closer”.
Nella versione americana c’è una differenza; mentre sul lato “OUTSIDE” è presente la stessa scritta della versione Europea, sul lato “INSIDE” si legge la scritta “I’ve been looking for a guide”, frase tratta dal brano “Disorder”.
La copertina di “Unknown Pleasures” dei Joy Division è universalmente riconosciuta come una delle più belle mai realizzate.
3.Van Halen – MCMLXXXIV (1984)
La copertina dell’album “MCMLXXXIV” dei Van Halen fu realizzata dall’artista Margo Zafer Nahas. L’opera non era stata originariamente prevista o commissionata dai Van Halen perché la band inizialmente aveva chiesto a Nahas di realizzare quattro donne danzanti cromate, ma a causa delle complessità “riflettenti” della pittura il lavoro fu rifiutato.
In seguito la band si trovò di fronte ad un quadro della stessa Nahas realizzato per un progetto personale e per il gruppo fu amore a prima vista: decisero che quella doveva essere la copertina del loro nuovo album.
Una copertina decisamente bella e di grande impatto, che rappresenta un angelo biondo – il baby modello Carter Helm – con tanto di ali, pettinatura alla moda, capelli all’indietro e ciuffo ribelle, che fuma appoggiato al suo braccio mentre si guarda intorno circospetto. Davanti a lui appoggiati sul tavolino ci sono due pacchetti di sigarette di marca diversa.
Grazie a questa copertina così bella e originale l’album dei Van Halen riscosse molto successo tra i fan e gli esperti del settore.
4. Santana – Caravanserai (1972)
Nel 1972 Carlos Santana diede vita ad un album che non aveva niente a che fare con i ritmi latinoamericani per i quali era noto, proiettato verso un suono molto più circoscritto in aree musicali jazz e africane. Era dunque prevedibile che anche il lavoro grafico e visivo della copertina dell’album si sarebbe spinto verso i colori caldi del deserto africano. Non è facile evitare i clichè quando si tratta di dare un volto all’Africa, ma Joan Chase ci è riuscito in maniera incantevole.
Un enorme sole arancione spicca per i suoi colori caldi e intensi. Il paesaggio è completamente oscurato da un azzurro sfumato che lascia appena intravedere le linea del deserto che coincide con quella del cielo, e una fila di cammelli e cammellieri che vagano nella distesa di sabbia, in un viaggio che termina laddove ha inizio la musica di Santana.
5. Metallica – Master Of Puppets (1986)
Guardando attentamente a destra e in basso sulla copertina di “Master of Puppets” dei Metallica del 1986, si notano due piccole lettere, DB. Queste sono le iniziali di Don Brautigam, autore dell’opera, diplomato alla Scuola di Arti Visive di New York nel 1971. Don ha lavorato con i più grandi nomi del mondo della musica, tra cui AC/DC, ZZ Top, e i Rolling Stones.
Originariamente l’immagine era solo uno schizzo realizzato da James Hetfield, cantante e chitarrista del gruppo, successivamente rielaborata e dipinta da Don. L’immagine trasmette un senso di angoscia e riesce ad esprimere bene la rabbia degli americani verso la guerra del Vietnam.
Il “Maestro burattinaio” (traduzione di “Master Of Puppets”) non è altro che il governo americano, rappresentato nell’immagine da due mani con dei fili che vanno a collegarsi alle tombe sottostanti, che opera come vuole sulla vita delle persone, decidendo di combattere una guerra inutile condannando alla morte migliaia di soldati.
Il dipinto originale della copertina di “Master Of Puppets” è stato venduto ad un’asta, tenutasi a New York, per la cifra di 35.000 dollari.
6. The Velvet Underground & Nico, alias “Banana Album” (1967)
Che non ce ne vogliano Carmen Miranda e la Chiquita, ma la più famosa banana del mondo è la stampa “sbucciabile” sulla copertina del primo disco dei Velvet.
“The Velvet Underground & Nico” è infatti noto anche con il nome “Banana album”, per via della copertina raffigurante una banana disegnata da Andy Warhol. Sulla copertina originale non compariva né il nome del gruppo né quello della casa discografica, ma solo la firma dell’artista. Le prime copie del disco invitavano chi la guardava a “sbucciare lentamente e vedere” (peel slowly and see); togliendo un adesivo si poteva vedere una banana rosa shocking (maliziosa metafora di un membro maschile).
Ma per la Verve Records, la banana fu un incubo di produzione.
«Qualcuno doveva stare lì con pile di album, staccare le banane autoadesive della pelle gialla e metterli sulla frutta rosa a mano», ha detto il direttore artistico di Warhol, Ronnie Cutrone.
L’album ebbe una notevole sfortuna per la diffusione: la produzione venne fermata e tutti i dischi nei negozi vennero ritirati per l’alto costo della stampa (era stato progettato un macchinario apposito) e una successiva stampa ebbe dei problemi legali con il ballerino della Factory Eric Emerson in quanto una sua fotografia, tratta da un film di Warhol, era stata stampata sul retro dell’album senza che gli fossero stati pagati i diritti d’immagine. L’album venne nuovamente ritirato, e ciò contribuì a limitare il suo successo commerciale.
“The Velvet Underground & Nico” ottenne un successo tardivo tanto che viene oggi considerato una pietra miliare del rock, un rock che Lou Reed ha sempre definito “per adulti”, dove all’opposto di musica come divertimento si predilige la musica come cultura.
Sempre Lou Ree ha dichiarato: «La banana in realtà ne fece una mostra d’arte erotica». Mai prima di allora un simbolo erotico così esplicito era stato usato per la copertina di un album.
Nel 1968, la banana sbucciabile fu abbandonata. Oggi gli originali arrivano a costare fino a $ 500. L’immagine è diventata un culto commerciale e la si trova sulle stampe d’arte, sulle T-shirt per arrivare alle borse e ai gadget vari.
7. Pink Floyd – Dark Side of the Moon (1973)
Per una band che cantava “We don’t need no education” (Noi non abbiamo bisogno di alcuna istruzione) è ironico che l’immagine di copertina del loro album più venduto sia basato su l’illustrazione di un libro scolastico.
La band si era stufata delle foto delle loro precedenti copertine e voleva qualcosa di “più intelligente”. Così nacque il prisma. Ne era autore lo studio grafico Hipgnosis, che seguiva il gruppo fin dagli inizi e ne era divenuto una sorta di appendice visuale.
Si tratta dell’immagine su sfondo nero di un prisma che scompone un raggio luminoso nello spettro dei colori visibili, i quali vanno a formare una linea che si dipana lungo le quattro facciate della copertina, creando un ingegnoso e paradossale effetto di continuità. La linea dei colori è increspata da onde analoghe a quelle di un elettrocardiogramma, riferimento al suono di un cuore pulsante che apre e chiude il disco, suggerendo anch’esso un senso di circolarità.
«Il prisma rappresentato sia la diversità e la pulizia del suono della musica», ha detto il designer Storm Thorgerson.
8. Bob Dylan – The Freewheelin’ (1963)
La copertina dell’album raffigura una fotografia di Bob Dylan a passeggio sottobraccio con Suze Rotolo, la sua fidanzata dell’epoca. La foto venne scattata nel febbraio 1963, qualche settimana dopo il ritorno della Rotolo dal suo viaggio in Italia, dal fotografo della CBS Don Hunstein all’angolo tra Jones Street e la West 4th Street nel Greenwich Village, New York City, vicino all’appartamento dove ai tempi viveva la coppia.
[quote] Incontrarla era come entrare nelle storie Delle mille e una notte. Aveva un sorriso che avrebbe illuminato una strada piena di gente.[/quote]
Questa è la descrizione che Bob Dylan fa di Suze Rotolo.
Il fotografo Hunstein dichiarò:
[quote]Non ho pensato di scattare una foto per una copertina di un disco. Avevo come solo un rotolino di pellicola a colori, e la maggior parte degli scatti non erano buoni.[/quote]
Ma la magia di quello scatto ha catturato Dylan in tutto il suo essere bohémien, e lo aiutò a diventare famoso. Suze Rotolo è scomparsa nel 2011.
9. Sticky Fingers – Rolling Stones (1971)
Chiunque prestò il suo “davanti” alla copertina ci mise del “suo” per dare a quel progetto una consistenza “tridimensionale”.
John Pasche, terminato il lavoro, ci rise su, accusando Warhol di aver suggerito ai modelli di autoeccitarsi. La celebre copertina del disco, opera dell’artista pop Andy Warhol, è caratterizzata da un paio di jeans con evidente rigonfiamento all’altezza dei genitali (nella versione su LP la cerniera era apribile). All’interno è presente il famoso Tongue & Lip disegnato da John Pasche e la versione più spoglia della copertina col modello vestito solo di mutande, col rigonfiamento ancora più in mostra. Le fotografie sono di Billy Name mentre il design, su indicazioni di Warhol, è di Craig Braun.
La fotografia del “pacco” maschile stretto dentro un paio di attillati blue jeans, all’inizio fu creduta da molti fan appartenere a Mick Jagger, mentre invece il modello utilizzato fu Joe Dallesandro, attore dei film di Warhol.
Nel 2003, il canale televisivo VH1 ha nominato quella di “Sticky Fingers” la “migliore copertina di album di sempre”.
10. The Beatles – Abbey Road (1969)
Le foto vennero scattate intorno alle 11 di mattina dell’8 Agosto 1969 da un fotografo di nome Ian MacMillan che impiegò poco meno di 10 minuti per arrivare alla soluzione che voleva. Gli studi sono sulla sinistra, in linea d’aria all’altezza del maggiolone bianco.
Sullo sfondo si vede la sagoma di un uomo, Paul Cole, intento a osservare i “quattro scarafaggi” attraversare la strada.
Il fatto che il nome non dica nulla è normale. Quell’uomo è infatti un turista americano che poco o nulla sapeva di ciò che stava accadendo in quel momento e si accorse di essere stato inserito nella copertina soltanto mesi dopo, quando, già tornato in America, ebbe modo di osservare quel disco, poiché la moglie stava imparando al pianoforte una canzone di George Harrison.
[quote]Mi ero avvicinato a quel furgoncino della polizia e ho visto che all’interno c’era seduto un poliziotto. Dato che mi piace chiacchierare gli ho iniziato a fare qualche domanda sulla città per passare un po’ il tempo…[/quote].
Giusto per capire quanto quest’album abbia segnato l’immaginario collettivo è indicativo dare uno sguardo alla storia della macchina parcheggiata sul lato sinistro della strada, un maggiolone di proprietà di un abitante della zona. Questa vettura, attualmente in un museo Volkswagen, subì un’ininterrotta serie di furti. Ad attirare i ladri era la targa del veicolo, ben visibile nella foto.