[highlight]Il gruppo rap napoletano si racconta in questa intervista [/highlight]
Volti non nuovi nella sfera musicale partenopea, che cercano di lasciare una diversa impronta con nuove rime e nuovi sound, i Sangue Mostro sono riusciti nel loro intento e i riconoscimenti non sono mancati: il 21 settembre hanno vinto il Premio San Gennaro per il “Miglior disco Rap prodotto a Napoli” e il 26 Novembre riceveranno il Premio Musella con un brano ancora inedito.
Tra un live e un altro ci hanno concesso un’intervista.
Come nasce il progetto Cuo’ Rap e quale messaggio vuole comunicare?
Ale Zin: Cuo’ Rap nasce per lanciare un nuovo sound dopo nostre precedenti collaborazioni. Cuo’ Rap è il nuovo Sangue Mostro. Abbiamo voluto ricreare nuovi stimoli, nuovi suoni, nuove rime e nuovi modi di esprimersi. Ci piace definirla l’anima pulsante del cuore della città che riesce ad esprimersi in una maniera nuova.
In “Easy come easy go” vi ricollegate al mito di Pino Daniele, al concetto di vivere la vita come viene. Può essere davvero applicabile?
Ekspo: Più che vivere la vita come viene, Easy come easy go vuole indicare che molto spesso le cose che arrivano in maniera semplice scivolano via nella stessa maniera. Il concetto reale di Easy come easy go è che per fare una cosa ci vuole impegno perché le cose cadute dal cielo sono in realtà effimere.
Cosa avete tratto da artisti come il già citato Pino Daniele, oppure Mario Merola, Aurelio Fierro e Renato Carosone?
Speaker Cenzou: Siamo semplicemente un po’ il filo rosso che collega la grande tradizione della musica partenopea nel mondo. Abbiamo preso tutto dall’anima di Napoli e noi siamo la voce e il codice del XXI secolo, come negli anni 70 ci sono stati i Napolitan Power oppure ancora prima la canzone melodica napoletana. Ci consideriamo l’ultimo modello.
“Non me ne parlare proprio” offre un quadro di una società che si è stancata delle solite fatiche e delle solite ingiustizie da affrontare, a partire da Equitalia e dai politici fino a chi tenta di fare il furbo. Ma non se ne dovrebbe discutere per trovare una soluzione?
Ale Zin: Non sempre bisogna trovare delle soluzioni. Si analizza un po’ il periodo storico che stiamo vivendo facendo il punto della situazione per far aprire gli occhi dinanzi a questo “matrix” che la gente vive senza nemmeno accorgersene. Soluzioni noi non ne abbiamo altrimenti non saremo qui a fare rap.
Ekspo: La traccia parla anche soprattutto del bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti dalla nascita: ti obbligano quasi a pensare determinate cose e in un certo modo. Ciò si ricollega a “Non me ne parlare proprio”: la voglia di allontanarsi da queste distrazioni quotidiane per rendersi conto di quello che realmente sta accadendo intorno a me.
Nel vostro album avete collaborato con molti artsti, come Clementinon, ò Zulù (99 Posse), Ntò, Dj Gruff ma anche con il leggendario rapper americano AG (D.I.T.C.) e il pianista Francesco Villani. Come sono nate queste collaborazioni?
Speaker Cenzou: Senza dubbio per stima e rispetto reciproco nei confronti di tutti. Pensiamo che collaborare con artisti nuovi possa essere un arricchimento perché hanno in ogni caso qualcosa da insegnare e da trasmetterci.
Dj Uncino: Con AG invece è stato diverso. Venne a suonare a Napoli ma non aveva a disposizione un Dj, quindi fui chiamato io. In quei pochi giorni in cui restò a Napoli nacque una profonda amicizia e stima. La collaborazione fu una sua idea e subito lo abbiamo trascinato in studio.
Ale Zin: La vita è un continuo dare ed avere e anche nell’arte si riscontra la stessa cosa.
La traccia “71” è un colpo di stile, un ricollegarsi ancora di più alle tradizioni partenopee, come la smorfia napoletana. Com’è nata l’idea?
Dj Uncino: La traccia “71” è stata l’ultima registrata del disco perché con Francesco Villani avevamo studiato un bit, che aveva un groove particolare. In studio poi Ekspo ha pensato al significato di questo numero nella smorfia per similitudine tra le parole e il ritmo. Da qui è nato tutto il testo e il collegamento con il 71. Un po’ tutti siamo circondati da persone che stanno dietro l’angolo ad aspettare un tuo minimo sbaglio, di conseguenza questo brano è un racconto di quotidianità.
In “Napoli pt3” ci avete accennato una vostra visione di Napoli. Vi va di approfondirla?
Speaker Cenzou: Probabilmente l’approfondiremo con altre tematiche ed altri testi successivi. Pensiamo che sia il miglior modo di far ascoltare ciò.
“Pensier” è una canzone dal significato un po’ ingannevole. Cosa vi siete proposti di comunicare in questo testo?
Speaker Cenzou: A noi piace molto mischiare le carte. Pensiamo che molto spesso il senso delle canzoni debba essere letto un po’ tra le righe. Abbiamo il proposito che alla verità si arriva pian piano, che te la “ammucchi con il cucchiaino” e arrivi a una consapevolezza di quello che ti volevamo dire con questa musica.
Ale Zin: Sembra che noi ci riferiamo ad una ragazza, una persona a noi cara ma in realtà quella a cui ci stiamo riferendo è Napoli.
Speaker Cenzou: è l’anima di Napoli. Ci sono riferimenti che lasciano intendere questo, come ad esempio nella strofa di Ekspo quando si fa riferimento ai suoi eventuali figli: come Partenope ha abbracciato lui, che veniva dalla Germania, così lui si sente sicuro di lasciargli i suoi figli. Rimanda molto al concetto di Mario Merola , a “Napul è mammà”. In lei rivedo tutte le cose che odio di me stesso e per questo la amo sempre di più. È un gioco di percezione, alla stregua di quadri per cui vi sono diverse chiavi di lettura.
In “Tutt cos’ cagn'” si sente una voce malinconica che passa in rassegna il mondo circostante e cerca di commentarlo facendoci capire come la vita possa essere precaria. Cosa pensate a riguardo?
Speaker Cenzou: Nel cammino della vita di un essere umano ti rendi conto di quanto è mutevole il corso degli eventi e di come possa renderti mutevole. Può scardinare i punti di riferimento inamovibili che avevi in una fase della tua giovinezza, facendoti cambiare senza nemmeno rendertene conto.
In Repressione mostrate un popolo stanco di obbedire e rispettare tutte le leggi. Ma fin quando si può parlare di repressione in una democrazia?
Ekspo: Il termine Democrazia è quasi ingannevole. È più utopico il termine democrazia che anarchia, perché è molto più semplice da fare. La vera democrazia sta ad indicare che se io vado al parlamento non c’è bisogno di politici che sono scortati dalle forze dell’ordine armate. Anche il voto ha perso la sua caratteristica principale: la legge non la detta chi tu voti, ma ben altre persone che tu a stento conosci e di cui vedi il loro prodotto. Repressione sta ad indicare il reprimere le opinioni di una persona che non per forza vuole farsi portavoce di idee già preconfezionate.
Ecco una domanda un po’ ostica. Nel libro “Camorra Sound”, l’autore Daniele Sanzone pone una domanda a tutti i suoi colleghi musicisti: perché non prendete mai seriamente di petto la camorra?
Speaker Cenzou: Perché a noi non interessa prendere parte a una sorta di filone perché molto spesso si tratta di fare un racconto attraverso una determinata iconologia, “savianesimo” o “antisavianesimo”. A noi non interessa tutto questo. A noi interessa fare il rap. È una situazione emotiva, istintiva, eclettica, artistica. Sono un artista, non un giornalista prezzolato che deve parlare dell’attualità perché va di moda o perché ho più seguito.
Dj Uncino: E poi, scrivere un pezzo come Repressione o come Non me ne parlare proprio significa anche parlare indirettamente di Camorra.
Ekspo: Ma poi parlare di Camorra come la descrive Saviano è fermarsi alla superficialità. Se vogliamo vederla come malattia, non si parla mai dei germi, di cosa causa questa malattia detta Camorra dal 1861. Fino a quell’anno la camorra a Napoli era un’organizzazione molto più ristretta e molto meno potente rispetto ad oggi. Tutto questo potere alla Camorra è stato dato con l’unità di Italia, se si analizza bene. Non è stata combattuta, ma sostenuta, supportata. Quindi non voglio parlare di Camorra ma di quello che genera la Camorra.
Lunedì uscirà il vostro nuovo video. Cosa dobbiamo aspettarci?
Speaker Cenzou: Lunedì esce il video di Waiting, girato autonomamente con un cellulare. È un’esperienza di piano sequenza che abbiamo deciso di girare come regalo per i nostri supporter e sarà online da lunedì su tutte le nostre pagine.
[AGGIORNAMENTO]
Dopo la pubblicazione dell’intervista è stato lanciato il video di “Waiting”, estratto dall’ album “Cuo-Rap” in uscita per la label indipendente Jesce Sole e distribuito da Self. La versione digitale dell’album é disponibile su iTunes e in tutti gli store musicali.
Ecco il video: