[highlight] Al via la discussione della riforma del Senato con l’approvazione in commissione dell’emendamento al ddl Boschi.[/highlight]
Il bicameralismo perfetto sembra avere i giorni contati. Con l’approvazione da parte della commissione Affari Costituzionali, parte il processo di riforma del Senato (ne avevamo già parlato qui), che trasformerà l’alta Camera come Senato delle autonomie locali con membri non eletti dai cittadini, ma nominati dai consigli regionali.
Larghe intese
L’approvazione del testo è avvenuta dopo un lungo percorso di discussione fatto di polemiche e tensioni. Il risultato della votazione è stato un accordo trovato dai relatori Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega) sulle modalità di elezione “indiretta” dei senatori da parte dei Consigli regionali. Un punto, quest’ultimo, che dall’origine divideva maggiormente le parti.
Dopo la riformulazione, l’emendamento prevede che i senatori vengano eletti dai Consigli regionali su base proporzionale eliminando il riferimento a «tener conto delle composizioni del consiglio regionale» che aveva causato più discordie.
L’approvazione è stata accolta con grande soddisfazione dal ministro Maria Elena Boschi, che ha applaudito il lavoro della Commissione incitando i parlamentari a fare il massimo per approvare il disegno in tempi rapidi.
[quote] Il testo arriva in aula dopo un percorso approfondito di oltre tre mesi in Commissione. Adesso mi auguro che l’impegno che abbiamo preso tutti, non soltanto il governo, nei confronti dei cittadini, di arrivare ad approvare al Senato queste riforme sia rispettato prima delle vacanze estive.[/quote]
Fine del bicameralismo perfetto
Il nuovo Senato non sarà più un organo legislativo con pieni poteri e sarà composto da membri delle Regioni. Questa riforma sancisce quindi la fine del bicameralismo perfetto e trasferisce il pieno potere legislativo alla sola Camera dei deputati che potrà approvare leggi senza la contro-approvazione del Senato. Il numero dei senatori sarà cento, a differenza degli attuali 320, di cui 95 rappresentanti delle istituzioni territoriali e cinque nominati dalla presidenza della Repubblica. La durata del loro mandato coinciderà con quella degli organi delle istituzioni in cui sono stati eletti. Ci sarà invece l’immunità parlamentare, dopo che il primo luglio la commissione ha votato a maggioranza la sua conferma.
Titolo V e referendum
La commissione Affari costituzionali del senato ha approvato anche gli emendamenti al nuovo Titolo V della costituzione dagli articoli 116 a 119, modificando il dl Boschi e riassegnando alle Regioni competenze su alcune materie come l’istruzione, la tutela dell’ambiente e dei beni culturali, l’organizzazione dei servizi sanitari, la mobilità e le infrastrutture. Per quanto riguarda i referendum, l’emendamento riduce le soglie per il raggiungimento del quorum fissandolo nel 50% più uno dei votanti alle ultime elezioni per la camera. Si innalza invece il numero delle firme necessarie alla loro indizioneche passa da 500.000 a 800.000.
I tempi di approvazione
Il processo di approvazione di una riforma costituzionale o di una legge costituzionale è regolato dall’articolo 138. Esso prevede che la nuova legge sia approvata una prima volta a maggioranza semplice da entrambe le Camere del Parlamento. In seguito il testo deve essere riapprovato dopo tre mesi da entrambi i rami del Parlamento con una maggioranza assoluta dei componenti.
Se le nuove norme vengono approvate con una maggioranza inferiore ai due terzi, allora si può indire un referendum costituzionale nei tre mesi successivi all’approvazione a maggioranza relativa. Se non c’è richiesta di referendum la legge è approvata.
Matteo Renzi spera in un processo di approvazione piuttosto breve che possa portare all’inizio della votazione mercoledì 16 luglio e ad una veloce approvazione in prima lettura entro il 18 luglio.
Critiche e opposizioni
L’accordo sulla riforma è stato a lungo in bilico a causa dei malumori nella maggioranza causati dalla modalità di elezione al Senato dei membri dei consigli regionali, considerata troppo sfavorevole per i piccoli partiti. Infatti, l’espressione «tenendo conto della loro composizione» in riferimento ai consigli regionali non convinceva Lega e Ncd. La querelle è stata risolta con l’eliminazione della dicitura e il rinvio alla legge elettorale sulle modalità di elezione al Senato.
Resta comunque forte la posizione critica di fronde di Pd e di Forza Italia contrarie alla fine del bicameralismo.
Paolo Romani capogruppo di Forza Italia in Senato, è comunque intervenuto per sostenere la fedeltà del partito di Berlusconi al “Patto del Nazareno”. Romani ha infatti assicurato che il suo partito voterà compatto senza nessuna dissidenza o freno nonostante le posizioni contrarie di alcuni forzisti tra cui Augusto Minzolini.
Sarà invece forte l’ostruzionismo di Sel e Movimento cinque stelle che hanno già rallentato i lavori della Commissione e hanno annunciato battaglia in Parlamento.
I grillini, nello specifico, contestano al Pd il percorso confusionario di riforme portato avanti.
Le critiche più dure sono venute da Luigi Di Maio che su facebook ha attaccato il Pd dicendo:
Vedremo se governo riuscirà a ottenere la veloce approvazione della riforma che cambierà profondamente la struttura parlamentare italiana. Renzi pare sicuro che il percorso di approvazione parlamentare non avrà nessun intoppo lungo il suo iter:
[quote] Non ho preoccupazione per il voto in aula al Senato. Leggo di fronde, dissenso e crisi.Ma guardate che siamo tutti d’accordo sul 98 per cento dei punti. Stiamo dando un grande segnale di cambiamento al Paese non solo semplificando le regole del gioco delle Regioni o la procedura di riorganizzazione del procedimento legislativo, ma stiamo dicendo che l’Italia può cambiare e che alcuni tabù possono esser vinti da una classe politica che ha coraggio. Stiamo andando verso un Senato come quello tedesco. Non è vero che i senatori non sono eletti: c’è un’elezione di secondo livello. [/quote]
Nonostante le sicurezze del premier bisogna porre l’accento sul fatto che non si può ricercare la velocità nel processo decisionale a discapito di una necessaria e democratica discussione parlamentare dei decreti: ne va degli equilibri istituzionali affermati dai padri costituenti.