[highlight]Il percorso di riforme istituzionali e legge elettorali portato avanti da Matteo Renzi continua tra le polemiche e le opposizioni di parte del Pd e del Movimento cinque stelle. [/highlight]
La strada verso le riforme è sempre più contrassegnata dallo scontro e dalle polemiche.
Avevamo raccontato qui il percorso che aveva portato Matteo Renzi a stringere il “Patto del nazareno” con Silvio Berlusconi per l’elaborazione dell‘Italicum e del progetto di riforma del Senato, necessaria per Renzi per approvare la nuova legge elettorale.
I punti su cui si basa sono l’approvazione della legge Italicum con liste bloccate senza preferenze ed eliminazione del bicameralismo perfetto con riforma del Senato, trasformato in camera non elettiva di rappresentanza delle autonomie.
Il patto con Berlusconi sembra tenere, nonostante le vicissitudini penali di quest’ultimo e la fronda minoritaria in Forza Italia contraria a quest’accordo, mentre le polemiche sono più forti all’interno del Partito democratico con la minoranza che non accetta le riforme a fronte chiuso con Berlusconi senza possibilità di discussione.
La fronda democratica
Le critiche mosse a Renzi e al governo dall’interno del partito si focalizzano sulle questioni centrali della legge elettorale: il meccanismo che prevede liste bloccate e lo “svilimento” del Senato a camera delle autonomie. A guidare la fronda è l’ala minoritaria del Pd capeggiata dall’ex vice ministro dell’Economia Stefano Fassina, Vannino Chiti, Giuseppe Civati e il giornalista Corradino Mineo. Proprio la rimozione di quest’ultimo dalla commissione Affari Costituzionali ha scatenato più forti polemiche.
Era stato lo stesso Mineo su Twitter ad annunciare la rimozione dall’incarico:
Dimenticavo: non faccio più parte della Commissione Affari Costituzionali che ha votato per #immunità
— Corradino Mineo (@CorradinoMineo) 1 Luglio 2014
La decisione del consiglio del Pd era stata critica anche da Fassina, che l’aveva definita:
[quote]Un errore politico, una ferita all’autonomia del singolo parlamentare ed al pluralismo interno del Pd. Un segno di debolezza per chi intende evitare di fare le riforme a colpi di maggioranza. Chiediamo alla presidenza del gruppo Pd del Senato di rivedere la decisione presa che avevano dichiarato inammissibile e contro ogni norma che sancisce la libertà di voto di un parlamentare. [/quote]
A cercare di stemperare i toni nel Pd è intervenuto il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che ha definito il dibattito all’interno del Pd necessario ma senza rischi di tradimenti:
[quote] Sulla riforma del Senato, ho la profonda convinzione che la strada tracciata sia quella giusta. E faccio fatica a immaginare un voto di coscienza in aula: si discute ma poi il gruppo decide a maggioranza. Mentre sulla legge elettorale, sono necessari dei miglioramenti. Io rivendico che la minoranza Pd ha contribuito a migliorare le proposte di riforma del Senato e del Titolo V. E non condivido alcune letture del lavoro che sta facendo la minoranza Pd sull’Italicum. La minoranza del Pd non è opposizione, è minoranza costruttiva. Migliorare si può e, anche in questo caso, si deve avere un metodo: si discuta, tutte le opinioni abbiano accesso, nessuno sia tacciato di atteggiamento sabotatore. [/quote]
I toni della polemica politica sono ancora più aspri nel campo cinque stelle.
Scontro Renzi – Grillo
Se i rapporti all’interno del Pd sono tesi quelli con il Movimento Cinque Stelle sono apparsi infuocati dopo le recenti polemiche e l’annullamento dell’incontro di ieri tra Renzi e la delegazione pentastellata guidata da Luigi Di Maio.
Il Pd aveva proposto in una lettera i dieci quesiti posti ai grillini su cui si richiedevano delle risposte per iniziare a verificare una possibilità di dialogo. Alla mancata risposta delle intenzioni del Movimento, Renzi aveva deciso di annullare l’incontro scatenando le ire di Beppe Grillo e degli altri grillini.
Il leader dei cinque stelle ha infatti parlato sul suo blog di una dittatura a norma di legge:
[quote]Si prende atto che un confronto democratico e trasparente in Italia è oggi impossibile, il Pd ha annullato l’incontro con il M5S per la legge elettorale nonostante (o forse proprio per questo) l’apertura dimostrata dal M5S con l’intervista del Corriere della Sera di domenica di Luigi Di Maio. Si prende atto che il Pd preferisce gli incontri al chiuso di cui nessun cittadino sa nulla con un pregiudicato con il quale si appresta a fare la ‘riforma’ della giustizia. Si prende atto che Renzi, le cui palle sono sul tavolo di Verdini e Berlusconi, rifiuta con il M5S ogni confronto democratico e che l’Italia dovrà pagarne tutte le conseguenze. Il M5S rappresenta milioni di italiani che non possono essere trattati come dei paria, come dei cani in chiesa da personaggi mai eletti in libere elezioni, da sbruffoni della democrazia. Nessuno potrà più imputarci di non aver cercato il dialogo. Stiamo scivolando lentamente verso una dittatura a norma di legge, il M5S non resterà a guardare e spera che i sinceri democratici che esistono negli altri partiti facciano altrettanto. [/quote]
A criticare la chiusura del Pd nei confronti del M5S è stato anche il “frondista” Civati, che su Facebook ha ironizzato sulla differenza di trattamento ai Cinque stelle rispetto a Forza Italia.
Il Primo ministro ha utilizzato twitter per rispondere a Grillo e ironizzare sull’inaffidabilità dei Cinque stelle:
Non è uno scherzo, sono le regole! Chiediamo un documento scritto per sapere se nel #M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 7 Luglio 2014
Io sono un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5S è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere — Matteo Renzi (@matteorenzi) 7 Luglio 2014
Per smorzare i toni e rilanciare l’impegno del Movimento Cinque Stelle a intervenire nel dibattito delle riforme istituzionali è intervenuto Di Maio criticando comunque l’atteggiamento del Pd dichiarandosi «disponibile a parlare solo con Renzi visto lo stato di confusione in cui sembra versare l’intero Partito Democratico».
Il M5S ha il dovere come seconda forza politica di migliorare la legge elettorale e ci proverà fino in fondo: http://t.co/eufmL4QIZ1 — Beppe Grillo (@beppe_grillo) 7 Luglio 2014
Le risposte a cinque stelle
Dopo le polemiche sul blog di Grillo sono poi arrivate le fatidiche risposte del Movimento alle domande #noisì del Partito democratico. Da esse si evince da un lato l’apertura del Movimento al dialogo su alcuni punti e dall’altro la ferma opposizione a scendere a compromessi su argomenti considerati centrali della campagna politica pentastellata.
Nelle risposte e ci sono tanti sì con specifici distinguo: tra i primi c’è quello sulla possibilità di prevedere un secondo turno con ballottaggio su cui i cinque stelle si dichiarano disponibili rilanciando la loro proposta, il “democratellum”, a sistema proporzionale puro senza sbarramenti al primo turno e con premi di maggioranza alle singole liste e non alle coalizioni e l’appoggio a un sistema di ballottaggio al secondo turno tra i due partiti più votati.
Le altre aperture con distinguo sono invece sulla possibilità dell’abolizione del Cnel (scorporandolo dalla riforma costituzionale); la disponibilità relativa a un sistema di verifica preventiva della costituzionalità della legge elettorale. Mentre i forti dubbi sono stati espressi sulla possibilità di una riforma dei collegi elettorali e sull’abolizione del bicameralismo perfetto giudicando irrinunciabile il “Senato elettivo”.
Ieri abbiamo risposto al Pd ufficialmente (per la seconda volta). Ora battano un colpo. Non ci sono più alibi. http://t.co/UCi6CTYIEl
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) 8 Luglio 2014
Le risposte del Movimento Cinque Stelle spostano l’attenzione ora su Renzi e le sue reali intenzioni di voler portare avanti un dialogo con Grillo e i suoi.
Quanto è reale questo dialogo che potrebbe mettere a rischio quello concluso con Forza Italia e quanto è invece uno strumento di pressione nei confronti delle fronde interne ai due partiti?
In questo clima di scontri e insulti è sempre di più evidente l’incapacità della politica di trovare un clima costruttivo in cui operare al di là degli scontri ideologici e personali, clima di cui il Paese è ostaggio da oltre trenta anni.