[highlight]Apprezzate sin dall’antichità, le spezie indiane sono sempre più usate anche in cucina. Il motivo è semplice, basta provarle…[/highlight]
Gli ultimi anni sono stati all’insegna del boom dell’enogastronomia, soprattutto grazie ai mezzi di comunicazione di massa. Se il via lo hanno dato film di straordinario (e forse insperato) successo, come “Sideways”, è stata poi principalmente la televisione a portare nelle case di tutti gli italiani programmi in cui la cucina e i cuochi erano al centro dell’attenzione. Da format internazionali come “Masterchef” o “Cucine da Incubo” a show nostrani come “La prova del Cuoco” o “I menù di Benedetta”, ormai non c’è canale televisivo che non proponga una propria rubrica dedicata al mangiar (più o meno) bene.
È stato anche così che il grande pubblico ha avuto accesso a ricette particolari e modi innovativi di preparare i pasti, di solito riservati solo a chi frequenta posti di alta classe o a chi viaggia molto. Perché, altro merito, spesso si parla anche di cucine straniere, che hanno incontrato poco a poco anche il gusto dei “tradizionalisti”.
È il caso della fascinosa e millenaria cucina indiana e delle sue straordinarie e ricche spezie, conosciute dagli europei già nel Quattrocento e oggetto delle esplorazioni di Vasco da Gama, che portò all’apertura della “Rotta delle spezie”, che velocizzava l’arrivo in patria (e soprattutto ne abbatteva i costi) di pepe, noce moscata e chiodi di garofano.
Oggi è molto più semplice trovare questi prodotti, disponibili in quasi tutti i supermercati e, a volte, anche da rivenditori specializzati. Ma, per fortuna, le spezie indiane non hanno perso il gusto e la raffinatezza che le contraddistingueva in passato.
La più famosa è forse lo zenzero, una radice aromatica e piccante dalla caratteristica forma che ricorda vagamente una mano umana “tozza” e bitorzoluta. Apprezzato anche per le virtù riscaldanti e per altre proprietà curative, è però noto soprattutto per gli utilizzi in cucina: è l’ingrediente base dei tipici biscottini americani e inglesi del periodo natalizio (chiamati appunto “pan di zenzero”), oltre che uno degli elementi che fondano il celeberrimo “curry” (una preparazione di spezie, macinate e miscelate, che i mercanti indiani preparavano per i britannici), insieme a curcuma, pepe nero, chiodi di garofano, semi di finocchio, semi di cumino e senape.
La curcuma è proprio la spezia che dà a questo tipico piatto indiano la sua colorazione giallastra, quasi dorata, che si accompagna bene al bianco del riso con cui viene servito; un effetto colorante simile a quello dato dallo zafferano, che però ha sapore e aroma molto più definiti. Altro tocco immancabile nel curry è quello dato dai semi del cumino, che donano un caratteristico sapore amaro e un odore forte e dolciastro.
Restando in tema profumi, bisogna prestare attenzione al cardamomo, non tanto per il suo uso in ambito erboristico e medicamentale (in Oriente serve per curare infezioni ai denti e alle gengive, per prevenire e curare malattie della gola e alitosi, congestioni dei polmoni e tubercolosi polmonare, infiammazioni delle palpebre e anche disordini digestivi…), né perché è la terza spezia più cara al mondo… ma perché sin dall’Ottocento è considerato un potente afrodisiaco e, secondo una diceria popolare, i suoi semi aiutano a conquistare il cuore della persona desiderata, aggiunti in una pietanza o bevanda da lei consumata.
Il coriandolo ha una storia particolare: pianta dalle origini mediterranee e nota già a Romani ed Egizi, è però utilizzata soprattutto nelle cucine orientali e latino-americane. Qui in Europa questa spezia è ritornata negli ultimi decenni, al seguito di quelle culture, e serve oggi a preparare alcuni salumi, insaporire carni, pesce e verdure, ma anche a rendere unici e profumati prodotti come birre, biscotti, confetti e il pampepato (tipico dolce del centro Italia).