[highlight]Oggi si celebrano i ventidue anni dall’attentato nel quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della scorta. Ma il nostro modo di rendergli omaggio lascia molto a desiderare.[/highlight]
Nel 1992 avevo 8 anni, frequentavo le elementari e le uniche mie preoccupazioni erano la scuola, i compiti a casa, i cartoni animati e i giochi. Non sapevo cosa fosse la mafia, com’è giusto che sia. Nessun bambino dovrebbe mai saperlo, e in un mondo ideale, nemmeno nessun adulto.
Non ho ricordi di quel 23 maggio 1992, giorno in cui la mafia ha dimostrato di essere più forte dello Stato, eppure questa data è bene impressa nella mia memoria, come le canzoni dei Beatles, che al primo ascolto hai la sensazione di conoscere da sempre.
La Strage di Capaci ci ha portato via una delle figure più importanti della storia del nostro Paese, il giudice Giovanni Falcone, da allora giustamente celebrato come un eroe. Dire che abbiamo perso un grande uomo, però, non basta. Quel giorno, insieme al giudice, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, sono morti lo Stato, la giustizia e il senso del decoro.
Si, perché un Paese che consente a mafiosi e criminali di conquistare uno scranno in parlamento, diventare sindaci, assessori comunali, presidenti di province e regioni, o addirittura ministri, e di insinuarsi in ogni attività economica che conti non può definirsi decoroso.
E fa male sapere che gente come Falcone, Borsellino, ma anche Peppino Impastato, Giancarlo Siani, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, abbiano sacrificato la loro vita inutilmente.
Perché è inutile intitolare scuole, biblioteche, strade a queste persone se affidiamo il potere di fare le leggi ai mandati delle stragi, a chi ha azionato il detonatore, a chi ha premuto il grilletto.
E ogni volta che un singolo voto in una qualunque elezione va al candidato messo lì dalle organizzazioni criminali questi eroi vengono ammazzati nuovamente.
Per lavoro, mi è capitato molto spesso di recarmi a Palermo e di percorrere quel tratto di A29 che Giovanni Brusca, Pietro Rampulla, Santino Di Matteo, Gioacchino La Barbera, Antonino Gioè, Giovan Battista Ferrante, Salvatore Biondo, Salvatore Biondino, Leoluca Bagarella, Salvatore Cancemi e Raffaele Ganci scelsero per piazzare i 400 kg di tritolo necessari a far saltare in aria il giudice Falcone e la sua scorta. Lì, oggi, c’è un monumento in memoria delle vittime dell’attentato. Ci sono voluti dodici anni per realizzarlo, e fa male sapere che ad inaugurarlo furono gli esponenti del governo Berlusconi II, come l’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi, lo stesso uomo che tre anni prima aveva dichiarato:
[quote]I problemi della mafia e della camorra ci sono sempre stati e sempre ci saranno, purtroppo ci sono, bisogna convivere con questa realtà[/quote]
In sua difesa intervenne un collega di governo, il Vice Ministro all’Economia Gianfranco Micciché, dicendo che
[quote]…se per fare gli appalti dovessimo aspettare che finisca la criminalità mafiosa allora non partiremmo mai[/quote]
E fu sempre Micchichè, nell’ottobre del 2007, a dire che il nome scelto per l’aeroporto di Palermo, “Falcone-Borsellino”, trasmetteva un’immagine negativa della Sicilia.
Ma non è finita qui, perché in quel governo a fare il Ministro dell’Interno, quindi quello che dovrebbe occuparsi in prima linea della lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, c’era un certo Claudio Scajola, arrestato lo scorso 8 maggio dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) di Reggio Calabria per aver favorito il latitante Amedeo Matacena.
Oggi tutto il Paese è impegnato nella commemorazione dell’attentato, in particolare sul web e sui social network. Ma se vogliamo realmente rendere omaggio alla memoria del giudice non possiamo limitarci a un messaggio su Facebook o su Twitter, usando l’hashtag dedicato #ionondimentico, o impostando come immagine del profilo una sua foto.
Come disse Falcone:
[quote]La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni[/quote]
A quanto pare, non ci siamo impegnati abbastanza.