[highlight]In piena campagna elettorale i partiti italiani hanno smarrito il senso di queste elezioni[/highlight]
Mancano pochi giorni alle elezioni per il Parlamento europeo e, com’è giusto che sia, le forze politiche italiane sono in piena campagna elettorale.
Tra promesse elettorali, dentiere gratis e lupare bianche, il clima è abbastanza surreale.
Quello che emerge è la mancanza totale di temi relativi all’idea di Europa che si intende costruire se eletti. Da un lato c’è un Beppe Grillo un po’ confuso, che continua a ripetere che se il M5S vince le elezioni il Presidente Napolitano deve sciogliere le camere e dimettersi per assegnare il governo del Paese ai parlamentari pentastellati, altrimenti marceranno su Roma; dall’altro c’è Renzi, che dopo aver deciso di non mettere il suo nome nel simbolo per far emergere la base del partito, sta girando le piazze per tenere comizi, con l’obiettivo di sfidare Grillo sul suo stesso campo. Poi c’è Berlusconi che continua con le sue promesse improbabili ma, visti i precedenti, elettoralmente efficaci, come quella di fornire assistenza odontoiatrica a tutti gli anziani. Infine c’è il populismo anti-euro della Lega e i toni un po’ più pacati, ma ugualmente forti, di Fratelli d’Italia.
Insomma, di politica comunitaria nemmeno l’ombra, sembrano più elezioni nazionali che europee, eppure in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando un confronto serio su temi come la politica monetaria, l’immigrazione, un mercato dei capitali unico che riporti liquidità alle imprese, un esercito europeo in grado di affrontare emergenze come quella Ucraina senza dover essere soggetti al potere americano, un mercato del lavoro unificato che vada a braccetto con un’idea di istruzione e formazione comune, per evitare che un laureato italiano valga meno di uno tedesco, una politica energetica moderna, votata all’efficienza dei singoli Stati per non dipendere più da una Russia sempre più instabile, una linea comune per sostenere e incentivare la nascita di nuove aziende nel settore dell’ICT, senza massacrarle di tasse e burocrazia. Invece, in Italia si continua con il dibattito euro si/euro no, che non solo è inutile, ma anche dannoso. A tutti quei partiti che perdono tempo a dire che la crisi è stata generata dalla moneta unica e non dalla cattiva gestione politica degli ultimi vent’anni andrebbe ricordato che con l’ingresso nell’Euro il nostro Paese ha risparmiato circa 600 miliardi grazie a tassi di interesse più bassi, miliardi che la classe dirigente ha sperperato fallendo la possibilità storica di ridurre drasticamente il debito pubblico.
L’unica realtà che porta temi europei al centro della campagna elettorale è la lista Scelta Europea, costituita da Scelta Civica, Fare per Fermare il Declino, Centro Democratico e altri partitini e movimenti, a sostegno della candidatura del belga Guy Verhofstadt, leader di Alde (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa), terzo partito nel Parlamento Europeo. Fiero sostenitore di un’Europa federale e integrata, i famosi Stati Uniti d’Europa, in Italia con la lista a suo sostegno, però, rischia di non raggiungere il 4% e superare così la soglia di sbarramento.
Quest’anno, per la prima volta nella storia dell’UE, i principali candidati alla presidenza della Commissione hanno partecipato a dibattiti televisivi in eurovisione. Una rivoluzione, un grande passo in avanti verso la consapevolezza che le elezioni europee ci riguardano da vicino. Da molto vicino.
Per una volta dovremmo imparare qualcosa dalla tv, che ha deciso unilateralmente che avevamo bisogno di essere informati e coinvolti in questo passaggio delicato.
Da noi, invece, i leader di partito non si confrontano mai, preferiscono il monologo – Grillo docet – invece del dialogo.
In effetti, cosa potrebbero mai dirsi? Sempre le solite chiacchiere da salotto televisivo. Promesse, accuse, buone intenzioni, ma alla fine dei conti è solo fuffa, che non ci arrichisce, né riesce a coinvolgerci.
Storicamente l’affluenza alle urne in occasione delle elezioni Europee è sempre molto bassa, a sottolineare la distanza tra il popolo e Bruxelles, vista solo come un coacervo di norme e burocrazia che non rappresenta un valore aggiunto per le nostre vite.
Invece dovremmo andare a votare in massa, perché nel prossimo futuro la partita vera si giocherà in Europa, e non potremo più far finta di niente.
E l’Italia non può permettersi di perdere l’ennesimo treno che porta verso il futuro. Che, ricordate, non è già scritto. Attende noi!