[highlight]Nella giornata internazionale contro l’omofobia il sondaggio Rainbow Europe 2014 dimostra che l’Italia è ancora in forte ritardo[/highlight]
La Giornata internazionale contro l’omofobia rimette al centro del dibattito la discussione sui diritti della persona e la lotta contro ogni discriminazione in base al sesso.
L’argomento scottante e di forte impatto di per sé, suole diventare oggetto di discussione e dibattito soltanto quando le discriminazioni e le violenze assurgono agli onori della cronaca.
In quel caso l’opinione pubblica monta il dissenso, accresce l’indignazione per il fatto tragico e si si lanciano battaglie politiche e culturali per ricercare pene esemplari per non accettare più discriminazioni di genere.
Solitamente però l’indignazione dura il tempo di un altro scandalo su cui porre attenzione e su cui la classe politica fa nuove promesse.
L’Italia non è mai riuscita a porre al centro del dibattito questo problema, persa nei retaggi culturali tradizionali misti a religione in cui omosessuali e trans sono considerati dei diversi, dei malati da sottoporre a cure psicologiche.
L’Italia è un Paese omofobo?
A tentare di rispondere a questo quesito ha pensato l’Associazione europea ILGA (Associazione per i diritti LGBTI – lesbian, gay, bisexual, trans and intersex) con il sondaggio “Rainbow Europe” tra 49 paesi europei.
L’associazione ha stilato una mappa e una classifica assegnando punti positivi in base a:
a) legislazione di tutela per la discriminazione per motivi di orientamento sessuale;
b) il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso;
c) la garanzia dei diritti genitoriali tra partner dello stesso sesso;
d) casi di omofobia espressione di odio e criminalità.
Sono stati assegnati punti negativi invece nel caso di legislazioni che vietino ancora gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso o che violino i diritti delle persone gay e lesbiche o che ne vietino la riunione pacifica e la libertà di associazione. Inoltre sono stati anche considerati gli interventi legislativi e politici che hanno avuto un reale impatto per i diritti degli LGBTI.
A piazzarsi al primo posto è il Regno Unito con un punteggio complessivo di 82% che si conferma il Paese più attento al rispetto dei diritti LGBTI.
A seguire ci sono Belgio, Spagna, Olanda, Norvegia, Portogallo e Svezia tutti con punteggi superiori agli anni precedenti.
Fanalino di coda della classifica è la Russia con un imbarazzante 7%, segno evidente della politica omofoba portata avanti da Putin in questi anni.
E l’Italia? Il Belpaese non esce positivamente da questa classifica ponendosi soltanto al 32mo posto, sebbene in crescita (6%) rispetto agli anni precedenti. L’imbarazzante ritardo dell’Italia nel riconoscimento di determinati diritti e nella lotta a queste discriminazioni, il dibattito sempre accantonato sul riconoscimento delle unioni civili per persone dello stesso sesso e l’inesistente discussione su un loro possibile diritto di genitorialità, fanno sì che il nostro sia considerato come omofobo.
Infatti, manca ancora una legge contro l’omofobia che, più volte richiesta dall’Unione europea e dall’Onu, è stata approvata alla Camera è arenata da settembre in Senato.
È stato lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a richiedere al Parlamento un intervento celere in questi termini con il telegramma inviato oggi alle Camere.
[quote]Desidero esprimere la mia vicinanza a quanti sono vittime di aggressioni e di atti di discriminazione, più o meno latente, basata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere delle persone. Ne sono stati testimonianza tragici episodi di rinuncia alla vita da parte di giovani umiliati e offesi. Scuola e famiglia devono essere in prima linea per promuovere e diffondere la cultura delle differenze contro l’omofobia e qualsiasi tipo di discriminazione[/quote]
La speranza è che il Parlamento accolga al più presto l’invito del presidente e che la classe politica inizi a considerare l’omofobia non più come uno strumento di propaganda nel momento di tragici eventi, ma un fattore di arretratezza culturale da estirpare dal marchio che esportiamo nel mondo che sta diventando sempre di più “omofobia made in Italy”.