[highlight]Il rapporto “Internet e la fruizione delle opere dell’ingegno” richiesto dall’ex ministro Bray smentisce la posizione della SIAE in merito all’utilizzo della copia privata. Non è comunque scongiurato un clamoroso rincaro per smartphone e tablet[/highlight]
Circa il 50% degli italiani fruisce di opere di ingegno gratuitamente ogni giorno grazie alla rete. E’ questo, in estrema sintesi, il risultato del rapporto commissionato Mibact per volere dell’ex ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Massimo Bray condotto via web da Quorum su di un campione di 1007 cittadini, a partire dallo scorso mese di gennaio.
Il rapporto si basa su un costante confronto con quelli che sono i più recenti dati Istat disponibili in cui sostanzialmente vengono confermati alcuni elementi degli utenti di Internet (ad esempio la prevalenza maschile, l’età inferiore rispetto alla distribuzione nazionale, un livello di scolarizzazione superiore rispetto alla media nazionale ed una maggiore concentrazione di utenti nel nord-ovest della penisola).
Non c’è dubbio, però, che ai fini dell’equo compenso che interessa dispositivi tecnologici come PC, smartphone e tablet, i dati più rilevanti si soffermano sulle acquisizioni delle cosiddette “opere dell’ingegno” che avvengono in maniera gratuita. Ebbene, secondo il rapporto, quasi la metà degli intervistati (circa il 40.2% che sale al 69% considerando “gli utilizzatori frequenti”) ha dichiarato di possedere un Pc, uno smartphone o un tablet e di utilizzarlo per fruire di contenuti digitali. Se infatti il mezzo più utilizzato resta il PC (con il 95% delle preferenze), lo smartphone segue a ruota (69%), mentre più acerbo appare il tablet (43%). Su una scala da 1 a 5 (dove 1 è “non pago nessun contenuto che acquisisco” e 5 “pago tutti i contenuti che acquisisco”) gli utenti hanno affermato che esclusi gli ebook (che raggiungono il 54.4% degli acquisti), circa il 50% dei restanti contenuti viene acquisito in maniera gratuita.
I risultati del rapporto sembrano dunque smentire in maniera categorica le parole dell’attuale titolare della Cultura, Dario Franceschini che, soltanto nella giornata di ieri, aveva confermato “in assenza di un accordo tra SIAE e produttori” la strada del rincaro in riferimento all’equo compenso “a prescindere dall’effettivo uso della copia privata”. Insomma, parafrasando le parole di Franceschini, non importa se a beneficiare di tale opportunità (perfettamente legittima) sia soltanto il 13% degli italiani: si tratta di un forfait che prevede la possibilità di usare – o meno – smartphone, PC e tablet per produrre una copia privata.
D’altronde, un rincaro (che ammonta quasi al 500%) dell’equo compenso viene chiesto direttamente dalla SIAE che vede in attesa di aggiornamento le sue entrate dal 2012 (la legge prevede una revisione delle tariffe a cadenza triennale). Tanto per fare un esempio, l’ammontare previsto oggi per uno smartphone è di circa 0.90 € per ogni dispositivo venduto, mentre le richieste della SIAE si riferisce ad un incremento fino a 5.20 € .
“L’ equo compenso per la copia privata non è una tassa – si è apprestato ad affermare Gino Paoli, presidente della Società Italiana Autori ed Editori – e non è a carico dei consumatori, non comporta quindi nessun aumento del prezzo, ma è un minor profitto per i produttori dei dispositivi, multinazionali che già guadagnano molto di più in Italia che negli altri Paesi”.
In diretto contrasto con la proposta della SIAE si pone però quella di Altroconsumo (che ha raggiunto ben 18 mila firme con la sua petizione contro l’equo compenso) secondo cui “il decreto che era stato preannunciato non farebbe altro che innalzare le quote già imposte dal precedente decreto Bondi, portando i precedenti 80 milioni di prelievo annuo a oltre 200 milioni”. “Nello specifico – continua in una nota l’associazione dei consumatori – il balzello su un tablet passerebbe dagli attuali 1,90 a 5,20 euro, quello su un computer da 1,90 a 6 euro e addirittura quello sugli smartphone passerebbe dagli attuali 90 centesimi a ben 5,20 euro. Infine va chiarito che non si tratta di una misura condivisa in tutta Europa: in alcuni Paesi, l’equo compenso semplicemente non esiste”.
Insomma, la questione dell’equo compenso si appresta a diventare rovente e trovare un punto di contro tra le richieste della SIAE, le pretese dei produttori e la tutela dei consumatori appare sempre più difficile.