[highlight]A poche ore dalla sfida al San Paolo torna in primo piano la controversa questione della “discriminazione territoriale”. Il presidente della Figc Abete: “Il problema non è la norma, ma i comportamenti dei tifosi”.[/highlight]
Mancano poche ore alla sfida del San Paolo tra Napoli e Juventus. Come spesso capita, purtroppo, quando le strade di queste due squadre si incrociano torna d’attualità il tema della discriminazione territoriale.
Ma di cosa si tratta? E perché prima d’ora non se ne parlava? Cosa prevede la giustizia sportiva a riguardo?
Per rispondere a queste e ad altre domande è necessario fare un’analisi approfondita degli eventi che riguardano questa “nuova” (ma nemmeno tanto) categoria del “tifo calcistico”.
In merito alla questione si è espresso il presidente della Figc, Giancarlo Abete:
[quote]No alla libertà di insulto negli stadi: il vero problema non sono l’impianto normativo e le sanzioni, ma i comportamenti di una parte del pubblico. Si concentra l’attenzione sulle tecnicalità della norma e si perde di vista la responsabilità di chi si ritiene libero di offendere e insultare.[/quote]
Cosa prevede la norma e perché fa discutere?
In realtà, la norma sulla discriminazione territoriale non nasce in Italia, ma proviene dalle direttive sul razzismo che l’Uefa ha emanato il 23 maggio 2013. L’articolo 14 delle “Regole disciplinari dell’Uefa” stabilisce che sarà punito con multe pesanti e squalifiche
[quote]chi insulta la dignità umana di una persona o di un gruppo di persone in qualsiasi modo, inclusi il colore della pelle, la razza, la religione e l’etnia[/quote]
La Figc è partita da questo articolo e lo ha applicato alle esigenze del calcio italiano, introducendo il concetto di “discriminazione territoriale”.
Le norme di comportamento della giustizia sportiva, all’articolo 11 comma 1, ora, prevedono che:
[quote]Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.[/quote]
La norma, tanto chiara quanto discussa, ha fatto infuriare un po’ tutti, società e tifosi che, all’unisono, l’hanno ritenuta “troppo ferrea”. L’accusa principale è che la “discriminazione territoriale” non è prevista dall’Uefa e, comunque, è di difficile interpretazione.
Anche il presidente della Lega Calcio, Maurizio Beretta, ha ammesso che
[quote]in questo modo stiamo consegnando il destino delle squadre nelle mani di pochi irresponsabili[/quote]
Il primo a fare le spese di questa nuova norma è stato il Milan. In seguito alla partita casalinga contro il Napoli del 22 settembre 2013 (e agli immancabili cori ingiuriosi contro i partenopei) il giudice sportivo Tosel ha decretato una partita a porte chiuse per i rossoneri e una pesante multa da pagare.
La rabbia e le parole di Adriano Galliani hanno sottolineato l’ambiguità e la confusione che di questa legge:
[quote]L’Uefa non parla di discriminazione territoriale, è una regola che ci siamo inventati noi in Italia. E nessuno, dotato di buon udito, domenica ha sentito i cori[/quote]
Da quel giorno di settembre, il Milan è stato seguito a ruota da Inter, Roma, Juventus, Bologna e altre squadre, tutte punite in maniera più o meno analoga, spesso con la chiusura di un solo settore dello stadio, quello “incriminato”.
Napoli e i “discriminatori” – Vittima preferita: Napoli. Discriminatori più frequenti: vari. Così si potrebbe riassumere questa situazione “tutta italiana” (come l’ha definita il presidente dell’Uefa Platini).
La tifoseria della Roma, quest’anno, tra campionato e Coppa Italia, ha sfogato tutta la sua avversione nei confronti dei napoletani con cori che sono costati due giornate di squalifica ad entrambe le curve e hanno fatto rischiare anche la chiusura dello stadio per Roma-Inter del 1 marzo scorso.
La stessa Curva Nord dell’Inter ha seguito i cugini subito dopo la sentenza di Tosel sopracitata, cantando i soliti cori anti-partenopei durante la trasferta di Sassuolo.
Il caso più curioso, però, è stato quello di Bologna. Lo scorso 19 gennaio, poco prima dell’inizio di Bologna-Napoli, gli altoparlanti del Dall’Ara hanno trasmesso Caruso di Lucio Dalla. Proprio in quel momento, nella curva rossoblu è comparso uno striscione che recitava: “Sarà un piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere”.
Una vergogna che ha spinto Gianni Morandi a dichiarare: “Non voglio più essere presidente onorario del club”.
Anche quando non sono presenti, comunque, i napoletani sono presi di mira. Come in Juventus-Milan del 6 ottobre 2013, dove entrambe le tifoserie “si sono date da fare” in questo senso. E proprio lo Stadium costituisce un capitolo a parte in questo discorso.
Napoli-Juve e la discriminazione territoriale – Come detto, la rivalità tra Napoli e Juventus rappresenta appieno la questione.
L’evento contro il razzismo territoriale tenutosi a Città della Scienza è una delle tante prove che testimoniano l’importanza data all’argomento nel capoluogo campano. In un certo senso (con le dovute proporzioni) Napoli-Juve è per l’Italia quello che Barcellona-Real Madrid è per la Spagna. Anzi, forse qui da noi l’inespressa voglia d’indipendenza e le differenze culturali tra Nord e Sud rendono ancor più tesa la situazione.
Fatto sta che, da quando è nato, lo Juventus Stadium non ha assistito solo ai recenti successi della squadra di Conte, ma anche a numerose manifestazioni razziste nei confronti dei napoletani.
L’esempio più fresco risale appena al 10 novembre 2013. Durante la partita d’andata tra le due squadre, i cori ingiuriosi dei tifosi bianconeri nei confronti dei rivali sono costati alla Juve una multa e due giornate di squalifica per entrambe le curve.
Come la norma ha unito le tifoserie – Paradossalmente la norma sulla discriminazione territoriale, finora, non ha fatto altro che incrementare il potere degli ultras e ha addirittura fatto nascere un sentimento di solidarietà tra le curve delle diverse tifoserie italiane. Subito dopo la punizione al Milan, molti gruppi organizzati hanno mostrato la loro avversione nei confronti delle istituzioni. Su tutte, è da segnalare la reazione degli stessi tifosi del Napoli che, domenica 6 ottobre 2013, in occasione della partita contro il Livorno, hanno esposto uno striscione auto-ironico con su scritto: “Napoli colera”. E poi: “E adesso chiudeteci la curva”.
Una provocazione che complica ancor di più la questione e che aggiunge un’altra domanda alle precedenti: cosa bisogna fare per mettere fine a tutto ciò?