[highlight]Dopo la protesta durante Lazio-Sassuolo, è ripresa con forza la lunga guerra dei tifosi contro il presidente, che però resiste: “Non vendo la Lazio”[/highlight]
La contestazione inscenata domenica 23 febbraio dai tifosi della Lazio all’Olimpico durante l’ultima giornata di campionato è soltanto l’ultimo di tantissimi episodi di avversione del popolo biancoceleste nei confronti di Claudio Lotito. A rendere memorabile la partita contro il Sassuolo, più che i cinque gol visti sul campo, sono stati infatti gli striscioni e i cori di tutto lo stadio, con tifosi e coreografia che hanno gridato all’unisono “Libera la Lazio”, lo slogan principale delle proteste, attorno al quale ne ruotavano molti altri, spesso meno eleganti.
Alla fine della gara il presidente, ormai abituato a tutto questo, non si è scomposto e ha ribadito un concetto che ormai ripete da anni:
[quote] Non vendo la Lazio. Sappiamo tutti che lascerò la società a mio figlio. [/quote]
Da qui, il ricordo delle vittorie di questi anni (2 Coppe Italia, “una indimenticabile che passerà alla storia”, ovviamente quella vinta contro la Roma, e 1 Supercoppa italiana). Oltre a questo, anche il grande sacrificio di aver speso circa “150 miliardi di vecchie lire per salvare la società e accollarsi i suoi debiti”. Tutto vero, ma allora perché i tifosi della Lazio ce l’hanno tanto con Lotito? Si tratta solo di “tirchioneria”, come dicono loro e come recita lo striscione “Lotirchio vattene”, o c’è qualcos’altro?
In effetti, le campagne acquisti della Lazio degli ultimi anni sono state spesso il motivo scatenante delle contestazioni, ma è anche vero che dietro questo pretesto si nascondono altri motivi ben più complicati e, se vogliamo, casalinghi.
Claudio Lotito acquista la Lazio il 19 luglio 2004, tirandola fuori da una situazione tragica e regalando subito al pubblico calcistico la prima di quelle frasi a effetto che lo renderanno famoso:
[quote] Ho preso questa squadra al suo funerale e l’ho portata in condizione di coma irreversibile. Spero di renderlo reversibile. [/quote]
E già da qui… Comunque, la situazione era in effetti molto critica. Appena acquistata, la moribonda Lazio poteva essere salvata soltanto da un sostanziale intervento economico, con il neo-presidente che doveva subito mettere mano al portafogli per colmare i debiti sparsi un po’ ovunque: 150 milioni di Irpef da dare al fisco e altri 150 milioni suddivisi tra debiti con altre società, stipendi arretrati con giocatori delle stagioni precedenti e vari costi di gestione non pagati. La prima grana è stata risolta con una bella spalmata dei costi, con Lotito che potrà estinguere il debito pagando in 23 comode rate da 6 milioni di euro l’anno. Per la seconda, invece, la situazione è stata un po’ più complessa e ha portato le prime inimicizie al presidente laziale. Per diminuire il debito, infatti, Lotito ha dato il là ad una serie di tagli che comprendevano addirittura il risparmio energetico all’interno di Formello. Un’altra tattica vincente che, però, gli ha comunque fatto guadagnare il soprannome di “Lotirchio”.
Ma, quasi sicuramente, il motivo principale delle contestazioni consiste nel fatto che il presidente, appena arrivato, proprio per sopperire alla mancanza di soldi, è andato a toccare quei gruppi organizzati della Curva Nord che, durante l’era Cragnotti, ricevevano biglietti gratis per entrare allo stadio. Ciò portava, come è facile immaginare, ad una perdita di migliaia di euro che, nelle condizioni in cui si trovava la Lazio, erano molto importanti. Allora Lotito ha imposto anche a questi gruppi il pagamento del biglietto, assicurandosi di conseguenza le contestazioni di quella che poi lui stesso definirà “una sparuta minoranza del tifo laziale”.
Il problema è che questa “sparuta minoranza” man mano si è allargata sempre di più fino ad arrivare ai 40.000 cartelli sollevati all’Olimpico contro il Sassuolo. Perché, a questo mucchio di problemi affrontati in maniera più o meno contestabile dal presidente, si sono aggiunte altre questioni che poco hanno soddisfatto il popolo biancoceleste. Tra queste, l’acquisto della Salernitana insieme al cognato Mezzaroma, il rischio di retrocessione corso nella stagione 2009/10, gli scarsi risultati e soprattutto la gestione di alcuni giocatori. Sono storiche ormai le questioni Pandev e Zarate (quest’ultimo idolo assoluto della Curva Nord), mentre molto più recenti sono le lacrime di Hernanes che hanno alimentato ancor di più l’odio dei tifosi nei confronti della società. Nel mezzo, anche le vicende contrattuali di Diakitè e, se vogliamo, del portiere Marchetti, la cui situazione è ancora da chiarire.
Tutte storie che rendono poco onore ai sacrifici svolti da Lotito in questi anni che, insieme alle poche soddisfazioni sul campo e ai pochi investimenti sul mercato, non fanno altro che peggiorare l’umore di una piazza che ormai sembra non poter più tollerare.