[highlight]Eletto a furor di popolo da più di due milioni di persone con una promessa di rinnovamento, si è trasformato in un vecchio esponente della Prima Repubblica[/highlight]
Il Sindaco di Firenze e segretario del PD ha dato il benservito al collega di partito Enrico Letta, riuscendo a perpetrare un mal costume tipico del centro-sinistra italiano: sparare agli amici.
Forte della sua investitura popolare – che va ricordato però essere circoscritta esclusivamente al suo partito – Matteo Renzi si è reso protagonista negli ultimi mesi di una serie infinita di capriole e “supercazzole” politiche, finendo con il rottamare la sua tanto sventolata rottamazione.
Far fuori un compagno per farsi nominare (e non eleggere) Premier è un residuo della vecchia e tanto criticata (anche da lui) Prima Repubblica.
Per carità, la coerenza non è mai stato un requisito necessario in politica, così come l’onesta, la fedina penale immacolata e la competenza, ma dall’uomo che dovrebbe, nella speranza di milioni di persone, rappresentare il nuovo che avanza la sua mossa pare alquanto deludente.
Magari sarà un grande premier, ma le premesse non sono delle migliori. Se da un lato c’è l’ipotesi di una continuità nell’alleanza con il NCD, che però non intende sostenere un governo di sinistra, dall’altro c’è invece SeL, il partito che considera Renzi un politico di destra. Insomma, non proprio una scelta facile.
Le strategie non sono per niente chiare, e l’obiettivo di un governo di legislatura che duri fino al 2018 sembra più uno slogan che non una convinzione.
Certo, Renzi potrebbe sfruttare la furbizia che di certo non gli manca per mettere sul piatto riforme che il M5S – l’unico che ha i numeri per poter consentire ad un governo monocolore Pd di restare a galla – non potrebbe rifiutare. Anche questa ipotesi, però, sembra lontana dall’essere plausibile, perché a partire dalla legge elettorale, passando per lo ius soli e le unioni egualitarie, fino ad arrivare alla riforma del mercato del lavoro, le posizioni tra i due partiti sono molto distanti, ancora di più se si considera l’integralismo del movimento di Beppe Grillo, allergico a qualsiasi tipo di compromesso o collaborazione.
Ai più maliziosi (come lo scrivente), l’improvviso cambio di passo di Renzi sembra scaturire dalla convinzione che con l’approvazione della legge elettorale scritta a quattro mani con Berlusconi e il ritorno del figliol prodigo Casini nella casa paterna un ritorno alle urne produrrebbe l’ennesima sconfitta del PD, e con essa svanirebbe la possibilità di diventare finalmente capo del governo.
Quindi, nel frattempo, meglio approfittarne adesso. Forse nella sua mente si è andata sviluppando la convinzione che un governo guidato da lui potrebbe fare talmente bene al Paese da proiettarlo magicamente alla vittoria alle urne, forte di un ampio apprezzamento popolare.
In un Paese che ormai da tre anni non riesce a dare continuità ad un’azione di governo forte e duratura, forse sarebbe il caso di smetterla di raccontarsi favolette e iniziare a vivere nel mondo reale.
Evidentemente, per chi vive di politica non è così facile.