[highlight]La storia, che non tutti conoscono, della figura simbolo del Natale[/highlight]
Si respira aria natalizia: luci colorate rischiarano le città, abeti e presepi riempiono piazze e case, musiche tipiche rallegrano gli animi, pandori e panettoni abbondano sulle nostre tavole. La magia del Natale, nonostante la crisi, si dispiega ovunque anche quest’anno, soprattutto negli spazi in cui si scorge quell’anziano signore, dall’aspetto bonario, che attira l’attenzione di grandi e piccini: Babbo Natale.
Al solo sentir pronunciare il suo nome riaffiorano a tutti ricordi d’infanzia, che catapultano in una dimensione da sogno fatta di renne, neve e folletti; eppure, il tutto sembra svanire nel nulla quando sorge il dubbio che l’immagine di questo “papà” Natale, come lo conosciamo oggi, sia stata inventata dalla Coca-Cola per promuovere il suo brand.
Insomma, si tratterebbe nient’altro che di una finzione pubblicitaria? Procedendo per gradi e ripercorrendo la storia della figura simbolo di tale festività, scopriamo che ciò è vero solo in parte.
Tutto inizia a Myra, città dell’attuale Turchia, attorno al 300 d.C. quando il vescovo Nicola propone ai vari parroci di avvicinare la gente al cristianesimo portando, casa per casa, doni ai bambini, come pretesto per spiegare loro chi fosse Gesù e cosa avesse fatto per l’umanità. E così, durante il Medioevo, Nicola, divenuto veneratissimo, si merita l’appellativo di Santo e la sua figura comincia a circolare in tutto l’Impero Bizantino. Ovviamente, trattandosi di un vescovo, i suoi abiti non possono che essere, già allora, di colore rosso. Da questo personaggio storico si giunge alle versioni moderne di Babbo Natale, declinate nelle varie lingue, tra le quali l’olandese Sinterklaas (che tradotto significa “il compleanno del Santo”), da cui deriva il nome Santa Claus utilizzato negli Usa.
Con il passare del tempo, la figura di Santa Claus viene interpretata a seconda delle diverse tradizioni e usanze allontanandosi, talvolta, dalla sua origine cristiana. È il caso dei Paesi nordici, nei quali diventano dominanti l’aspetto elfico, quasi spettrale, e gli abiti verdi, azzurri e gialli. Ed è proprio come un piccolo elfo, vestito di pelli neri e marroni, che il cartonista Thomas Nast, a fine ottocento, rappresenta Babbo Natale per la prima volta, per poi modificarne l’immagine di anno in anno fino ad avvicinarsi all’aspetto odierno.
Ed è soltanto a questo punto che subentra la Coca-Cola; nel 1920, infatti, l’azienda fa il suo ingresso nel campo delle pubblicità natalizie, pubblicando sul The Saturday Evening Post un Babbo Natale in pieno stile Nast, alto, magro e spaventoso. La vera rivoluzione ha inizio nel 1931 quando la D’Arcy Advertising Agency, un’agenzia pubblicitaria che gestisce le campagne della Coca-Cola, decide di creare un’immagine di Santa Claus più realistica, commissionando il lavoro all’illustratore Haddon Sundblom. Eliminando l’aspetto elfico, Sundblom rappresenta, per la prima volta, Babbo Natale come un uomo paffuto, barbuto, gentile e col suo caratteristico vestito rosso dai bordi bianchi e il cinturone in vita, mentre legge letterine e distribuisce giocattoli.
Curiosità: pare che il disegnatore abbia basato le sue illustrazioni su un personaggio realmente esistito, il suo vicino di casa Lou Prentiss, un venditore in pensione.
In definitiva, l’immagine del “nostro” Babbo Natale è stata creata, in buona parte, dalla Coca-Cola, ma se la tradizione non avesse, nei secoli precedenti, reso questo personaggio attraente per le masse, non avrebbe catturato l’attenzione della multinazionale.
Il fascino della sua storia, però, non finisce qui; negli anni trenta, uno speaker radiofonico lappone, in prossimità del Natale, decide di fare una rivelazione ai bambini, raccontando loro di aver scoperto l’indirizzo di casa di Babbo Natale, dove poter inviare le letterine.
Da allora, nell’immaginario collettivo Santa Claus vive in Lapponia, al Polo Nord, e tra qualche ora partirà da lì, come ogni anno, trainato dalle sue renne, per esaudire i desideri della gente.
Sarà anche una leggenda, ma in questo mondo cinico è bello lasciare che l’immaginazione prenda il sopravvento. Almeno a Natale.