[highlight]Sempre più difficile trovar lavoro: le italiane tornano a fare le colf. E Il 2% di loro ha una laurea[/highlight]
Qualche anno fa, colf e badanti erano mestieri che sembravano di esclusiva competenza degli stranieri. Ma la crisi continua a mordere, l’accesso al mondo del lavoro è sempre più complicato e, perciò, le italiane hanno dovuto rimboccarsi le maniche e rimettersi all’opera. Si può leggere così l’analisi, presentata nel convegno organizzato da Assindatcolf, Associazione Nazionale tra i datori di lavoro domestico, che rivela l’aumento della percentuale delle colf italiane, passate dal 3,73% delle assunzioni nel 2011, all’8,62% nel 2012 al 9,26% registrato al settembre 2013. La maggior parte di loro ha un’età tra i 40 e i 59 anni.
Già dal 2009 le associazioni di Assindatcolf del Nord-Est sottolineavano l’incremento di assunzioni di manodopera italiana come risultato del reinserimento di molte donne licenziate o messe in mobilità dalle fabbriche nelle quali avevano lavorato da sempre. Il fenomeno è stato in seguito evidenziato anche in Lombardia, riguardando soprattutto persone che avevano perso il lavoro negli uffici, quindi con qualifiche spesso impiegatizie. Negli ultimi due anni, infine, anche la sede di Roma ha avuto modo di conoscere questa realtà: il dato qui risulta ancora più eclatante, poiché verso il settore si sono rivolte anche quelle persone con un titolo di studio elevato. Un aspetto significativo e non isolato, perché la ricerca sottolinea proprio l’aumento della percentuale di assunzioni di personale italiano con scolarizzazione alta: la quasi totalità delle lavoratrici è infatti in possesso di un titolo di studio di scuola media superiore, ma vi è anche una percentuale sempre maggiore di persone con laurea che, fra il 2012 e il 2013, si attesta intorno all’1,8%-2%.
Analizzando i dati territoriali, salta agli occhi il problema del lavoro in nero. Se al Settentrione l’inadempienza totale si limita al 9,9% dei lavoratori e in quasi la metà dei casi le famiglie rispettano per intero le regole esistenti (47,3%), il Centro e il Sud sono accomunati dalla scarsa percentuale di rapporti di lavoro “totalmente regolari” (interessano il 23,3% dei collaboratori al Centro e il 23,7% al Sud) e entrambi caratterizzati dalla presenza di un sommerso molto diffuso. In particolare, al Sud c’è una percentuale altissima di “nero” totale (nel 53,9% dei casi non c’è alcun pagamento di contributi), al Centro questa è più bassa (33,9%) ma si aggiunge a un’area altrettanto ampia di irregolarità parziale (35,6%), casi nei quali le famiglie versano solo parte dei contributi.