[highlight]Frank Bruni sul New York Times racconta il declino dell’italia, invitandoci a smetterla di piangerci addosso[/highlight]
Quattro giorni fa il New York Times ha pubblicato un bellissimo articolo firmato da Frank Bruni, intitolato “Italy Breaks Your Heart”, che tradotto in italiano significa “L’Italia ti spezza il cuore”.
Nel suo pezzo, Bruni analizza la situazione di declino del nostro Bel Paese, senza il distacco dell’americano che dall’alto giudica tutti, ma con la compassione di un uomo che per un pezzo della sua vita ha vissuto qui ed ha imparato ad amarlo.
Ovviamente, le sue parole hanno provocato non poche polemiche, perpetrando il classico gioca all’italiana del “solo noi possiamo lamentarci dei nostri problemi”; atteggiamento, questo, declinato in maniera perfetta dal motto napoletano del “ogni scarrafone è bello a mamma soja”.
Il problema non è essere criticati, ma i motivi per i quali si viene criticati. La fuga dei cervelli, la disoccupazione che ha raggiunto livelli imbarazzanti, l’inefficienza della politica e delle istituzioni, i servizi che non funzionano, le città d’arte lasciate nel degrado, il problema dei rifiuti, il berlusconismo paralizzante, non sono un’invenzione di un americano perfettino che vuole insegnarci come vivere. Sono una realtà, un fardello che portiamo legato al collo, mentre affoghiamo in questo mare sempre più inquinato.
Caro Frank, l’Italia non ti spezza il cuore, l’Italia rode il fegato.
Al giovane che non trova lavoro, al cinquantenne che perde il suo, alla mamma che non può lavorare perché non ci sono asili e servizi di assistenza, all’imprenditore massacrato dalle tasse più alte d’Europa – a fronte del pagamento delle quali non riceve servizi adeguatamente organizzati – all’operaio che deve scegliere tra la salute e il posto di lavoro, come se l’una escludesse l’altro, agli anziani che non ricevono assistenza medica qualificata e, con pensioni da terzo mondo, devono pagarsi le medicine, gli esami clinici, le cure specializzate, ai bambini che non hanno parchi o aree attrezzate per poter giocare e socializzare, agli studenti di ogni grado, costretti a frequentare le lezioni in strutture fatiscenti, portandosi da casa anche la carta igienica, agli immigrati che, quando non muoiono in mare, vengono processati come se fossero dei criminali, al giovane brillante che vede scipparsi il concorso dal nipote di qualcuno. Potrei continuare così per ore, ma non servirebbe a niente.
L’Italia rode il fegato a tutti quelli che la mattina si svegliano, e non avendo nessun santo a cui votarsi, si rimboccano la maniche per cercare di arrivare fino a sera. E diventa ogni giorno più difficile.