[highlight]La Roma batte anche il Napoli e, complice la sconfitta della Juve, stacca di 5 punti le inseguitrici. Vola anche il Verona, mentre in coda al campionato è sempre più nera per il Bologna e il Catania, che esonera Maran.[/highlight]
Otto su otto, ventidue reti fatte e solo una subita. Sono i numeri da paura della Roma di questo scorcio di campionato. La squadra di Garcia supera anche il Napoli, ringraziando un po’ la buona sorte (3 i legni colpiti dagli azzurri), e a questo punto le ambizioni scudetto si fanno sempre più concrete. Anche perché la Juventus paga un clamoroso black-out a Firenze e, in quarto d’ora, subisce 4 reti dai padroni di casa, che ribaltano lo 0-2 dei bianconeri. Il Verona batte il Parma in rimonta e vola al quarto posto, più su di Inter (pirotecnico pareggio col Torino, nonostante l’immediata espulsione di Handanovic) e Milan (che ringrazia ancora Birsa, autore del gol vittoria contro l’Udinese). In coda, risale il Genoa di Gasperini, che batte il Chievo e inguaia Sannino. Prima, storica vittoria per il Sassuolo, per giunta nel derby emiliano con il Bologna, ora ultimo in classifica. Ancora una sconfitta anche per il Catania, con Maran che viene esonerato: al suo posto arriverà Luigi De Canio. Punti d’oro, infine, per Sampdoria e Atalanta, che superano di misura Livorno e Lazio.
Domenica di rigori (ben 11, di cui due sbagliati, record storico) ed espulsioni, con decisioni arbitrali che ovviamente fanno discutere, come sempre.
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ROMA-NAPOLI 2-0 (45′, 71′ rig. Pjanic)
È stata la settimana di Miralem Pjanic: prima la storica qualificazione con la Bosnia al prossimo Mondiale, poi la doppietta che ha steso il Napoli e consentito alla Roma di vincere l’ottava partita consecutiva, impresa riuscita finora nel campionato italiano solo alla Juventus (in tre occasioni, ed è stato poi sempre scudetto). Filotto pieno, per i giallorossi, che però hanno sofferto e non poco la squadra di Benitez, che per lunghi tratti ha tenuto il pallino del gioco. Due disattenzioni difensive, però, hanno consentito a Pjanic di colpire, prima su punizione, poi su rigore (dubbio). Le occasioni migliori le ha avute però il Napoli, che paga i clamorosi errori di Pandev – ipnotizzato dall’ex De Sanctis dopo una fuga solitaria in contropiede – e di Insigne, che ha colpito il palo esterno a porta ormai sguarnita. Fortunata, la Roma, anche sulle conclusioni di Inler e Hamsik, che hanno scheggiato i legni di De Sanctis. Poi, dopo l’espulsione di Cannavaro per doppia ammonizione in occasione del rigore, la partita è praticamente finita, nonostante qualche tentativo d’orgoglio degli uomini di Benitez.
Il Napoli non esce ridimensionato dall’Olimpico, ma la sensazione è che l’organico non sia ancora del tutto completo e perfetto. E ora arriva un tour de force intenso, con partite ogni 3 giorni tra Champions League e campionato. La Roma gode e guarda tutti dall’alto: magari non è stata brillante come in altre situazioni, ma se riesce a vincere anche partite in cui non merita a pieno, allora potrebbe essere davvero l’anno buono.
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CAGLIARI-CATANIA 2-1 (26′ Ibarbo, 84′ Pinilla; 5′ Bergessio)
Il Cagliari festeggia con una vittoria il ritorno al Sant’Elia, dopo un girovagare di due stagioni. I tre punti arrivano al termine di una partita combattuta, subito in salita dopo il gol di Bergessio, lasciato troppo solo al centro dell’area sugli sviluppi di un corner. Dopo una decina di minuti di sbandamento, però, i padroni di casa prendono il pallino del gioco e trovano il pareggio con Ibarbo. Il colombiano è protagonista anche al 40’: prima conquista un rigore, per fallo di Legrottaglie (espulso, nell’occasione), poi lo sbaglia malamente. Nel secondo tempo, però, la squadra di Lopez continua ad attaccare mentre Maran deve ridisegnare la sua squadra a causa dell’inferiorità numerica. E proprio nelle battute finali arriva il gol di Pinilla, che condanna il Catania a un’altra sconfitta. Decisiva, per il tecnico trentino, visto che il presidente Pulvirenti ha deciso di sostituirlo con Gigi De Canio.
Il Cagliari sale a 10 punti e osserva con un po’ di calma la lotta nelle retrovie: anche perché, ora, può contare sul “suo” stadio.
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MILAN-UDINESE 1-0 (23’ Birsa)
Senza mezza squadra – ultimo assente Abbiati, sostituito, peraltro bene, da Gabriel – il Milan si aggrappa ancora una volta a Birsa, autore della rete decisiva proprio come nella vittoria contro la Sampdoria. Non è ancora finito il “tunnel”, per Allegri e i suoi, ma sicuramente i tre punti servono ad avvicinarsi alla luce e rosicchiare terreno utile per il prosieguo del campionato, in attesa di recuperare a tempo pieno tutti gli assenti. L’Udinese, invece, appare ancora una volta troppo arrendevole in trasferta, tornando in Friuli a mani vuote. Non basta qualche lampo di Di Natale, soprattutto da calcio piazzato, a invertire la rotta. Nella serata di San Siro da ricordare, tra le note positive, il gran gol del trequartista sloveno, con un tiro al volo su assist di Robinho, e il ritorno in campo di Ricardo Kakà, osannato dal pubblico. Tra le note negative, invece, l’entrataccia di Pinzi sullo stesso Birsa, sanzionata solo con un giallo, e gli ormai “soliti” cori contro i napoletani della curva (o di “una parte di curva”, come ha detto Galliani) rossonera. Forse la responsabilità oggettiva punisce troppo i club e dà ulteriore forza agli ultras, ma comunque è intollerabile continuare ad ascoltare slogan e invettive “contro” una terra e delle persone (che, oltre tutto, con la partita in questione non c’entrano nulla).
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ATALANTA-LAZIO 2-1 (42′ Cigarini, 84′ Denis; 53′ Perea)
L’Atalanta batte la Lazio e la supera in classifica, grazie ai gol dei due ex napoletani Cigarini e Denis. Per i capitolini continua il mal di trasferta: nel 2013, la squadra di Petkovic ha vinto solo 2 gare lontano dall’Olimpico (contro lo Stoccarda in Europa League e contro l’Inter), troppo poco per le ambizioni europee di Lotito. La panchina del tecnico bosniaco non sembra ancora scricchiolare, ma i biancocelesti non possono più sbagliare. E se fino alla scorsa partita erano sotto accusa i “vecchi” del gruppo, a Bergamo in campo son scesi anche molti dei nuovi acquisti estivi, ma il risultato non è cambiato, nonostante la prima rete italiana di Perea. L’Atalanta arriva invece alla terza vittoria consecutiva, che chiude definitivamente il periodo di appannamento della squadra di Colantuono, ora tranquilla a metà classifica. E con la classe di Cigarini, Denis e Bonaventura la salvezza non dovrebbe essere impresa troppo complicata, per i bergamaschi.
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FIORENTINA-JUVENTUS 4-2 (66′ rig, 76′ Rossi, 81’ Rossi, 78′ Joaquin; 37′ rig. Tévez, 40′ Pogba)
Una goduria, per i fiorentini. L’equilibrio del primo tempo, senza troppi sussulti, viene scosso da uno spunto di Tevez, affossato ingenuamente in area da Rodriguez. Lo stesso Apache dal dischetto non sbaglia e può festeggiare il quarto gol in campionato. Dopo pochi secondi, poi, la difesa di Montella fa patatrac: Pogba tenta di servire sulla sinistra, Cuadrado in scivolata anticipa anche il portiere Neto, ma alza il pallone a campanile, che finisce proprio sul piede del talentino francese che ringrazia e fa 0-2. Tutto finito? Nemmeno per sogno, perché la squadra di casa torna prepotentemente in gara grazie a Giuseppe Rossi, che prima trasforma un rigore e poi trafigge Buffon con un tiro da fuori area su cui il portierone nazionale non è sembrato irreprensibile. Lo stadio è una bolgia, la Fiorentina vola e la Juve soffre. E i cambi di Conte arrivano tardivi e non incidono. Passano solo altri due minuti e un contropiede velocissimo e un nuovo svarione difensivo consentono a Borja Valero di servire Joaquin, fin qui “oggetto misterioso” e criticato, che sigla la rete del sorpasso. Apoteosi viola che aumenta all’azione successiva, quando è ancora Rossi a superare Buffon per la sua personale tripletta e a chiudere definitivamente la partita. Primo stop in campionato per la Juventus, che non arriva nelle migliori condizioni, sia fisiche che mentali, al fondamentale incontro di Champions League contro il Real Madrid. La squadra di Conte conferma le incertezze e le imperfezioni mostrate nelle gare precedenti, ben lontane dalla granitica forza degli scorsi campionati. Firenze in festa, invece: la vittoria rilancia la squadra di Montella dopo un periodo poco felice, e in attesa di poter contare di nuovo su Mario Gomez il protagonista indiscusso è Pepito Rossi, che sta tornando il campione ammirato in Spagna, dopo i 19 terribili mesi di infortunio.
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GENOA-CHIEVO VERONA 2-1 (22′, 50′ Gilardino; 48′ Bentivoglio)
Una doppietta del “violinista” Gilardino sancisce il felice ritorno di Gian Piero Gasperini al Ferraris: quarto punto in due gare per il tecnico di Grugliasco, che consente al Genoa di respirare e tirarsi fuori dalle zone basse della classifica. Dove resta invece impantanato il Chievo di Sannino, che continua a non concretizzare in avanti e paga anche un po’ di sfortuna in difesa.
La differenza la fa proprio la capacità realizzativa di Gilardino, che prima colpisce con uno splendido stacco di testa su assist di Marchese, poi risolve con un tocco fortuito (e forse involontario) dopo un batti e ribatti in area clivense. Il bel gol di Bentivoglio non basta agli ospiti, che in fase offensiva pungono troppo poco. La squadra del patron Campedelli resta sul fondo della classifica con soli 4 punti, penultimo posto in campionato. E nel prossimo turno al Bentegodi arriva la lanciatissima Fiorentina, cliente scomodissimo.
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HELLAS VERONA-PARMA 3-2 (9′ Cacciatore, 61′ rig. Jorginho, 87′ rig. Jorginho; 20′ Parolo, 25′ Cassano)
Partita vibrante e intensa tra Verona e Parma, che premia i gialloblù di casa forse anche più dei propri meriti. La partenza è subito a favore degli uomini di Mandorlini, che vanno in vantaggio già al 9’ grazie a Cacciatore, al terzo gol in campionato (miglior difensore goleador del torneo, finora). Sale in cattedra Cassano, però: prima offre un assist al bacio per Parolo, che colpisce il palo da ottima posizione; poi recupera una palla controllata male da Gonzalez e riesce a passare ancora a Parolo (nonostante l’entrataccia dello stesso difensore) che stavolta mira meglio e supera Rafael. Al 25’ le parti si invertono, e il centrocampista ex Cesena scodella per l’attaccante barese che in diagonale porta i suoi in vantaggio. Il Parma ora domina e va vicino al terzo gol: solo un gran colpo di reni del portiere Rafael consente al Verona di restare sotto solo di una marcatura. Nel secondo tempo lo scenario cambia e protagonista diventa Jorginho: il giovane centrocampista offensivo segna prima un rigore concesso per atterramento di Toni (sempre prezioso il lavoro del centravanti, vera spina nel fianco per tutte le difese), poi con una magia supera Marchionni in area, che lo atterra. È ancora rigore e doppietta decisiva. Il Verona sale a quota 16 punti, al quarto posto assoluto, e soprattutto continua a offrire prestazioni convincenti (in particolare al Bentegodi). Finisce la serie positiva del Parma, che può recriminare per l’incapacità di chiudere la partita al momento giusto; però, per Donadoni e i suoi la salvezza sembra essere a portata di mano, ancor di più se Fant-Antonio Cassano giocherà con continuità (e senza “cassanate”).
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LIVORNO-SAMPDORIA 1-2 (92’ Siligardi; 19′ rig. Éder, 96′ Pozzi)
Fondamentale prima vittoria in campionato per la Sampdoria, arrivata ben oltre la mitica “zona Cesarini”, con un finale thrilling. La squadra di Delio Rossi va in vantaggio nel primo tempo grazie a un rigore di Éder, causa un atterramento tanto netto quanto ingenuo di De Silvestri da parte di Duncan. Il Livorno prova a rifarsi sotto, ma si ferma contro la difesa doriana, la scarsa vena dei suoi attaccanti e, come se non bastasse, contro la traversa, che nega un gran gol a Greco. Il risultato sembra ormai definito quando Siligardi, entrato da poco, riceve palla al limite dell’area di rigore, si smarca e tira, superando Da Costa. Siamo al secondo minuto di recupero, e per la Samp si profila una grande beffa. Ma sull’azione successiva, il Livorno sbaglia clamorosamente la fase difensiva e il capitano, Luci, atterra Regini in area. È di nuovo rigore, con Pozzi che segna nonostante Bardi avesse intuito la traiettoria. La squadra di Nicola, che sentiva la partita anche perché ex genoano, paga a caro prezzo l’inesperienza di alcuni suoi elementi. Mentre invece Rossi tira un sospiro di sollievo e incassa tre punti fondamentali nella corsa alla salvezza.
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SASSUOLO-BOLOGNA 2-1 (12′ rig. Berardi, 17′ Floro Flores; 34′ rig. Diamanti)
Il derby d’Emilia va al Sassuolo, che raccoglie la prima vittoria assoluta in serie A e lascia il Bologna all’ultimo posto in classifica. Di Francesco tiene inizialmente Zaza in panchina, e viene premiato dai gol di Berardi (su rigore, decisione abbastanza severa) e Floro Flores, che in 20 minuti indirizzano la partita sul binario più favorevole possibile ai padroni di casa. I neroverdi soffrono il ritorno del Bologna, rimesso in carreggiata da un rigore del solito Diamanti, ma stringendo i denti e alzando un muro difensivo riescono a proteggere il risultato fino al fischio finale. I rossoblù sono in grandissima crisi: amnesie difensive e scarsa vena offensiva si tramutano in pesanti sconfitte. Gli unici spunti arrivano da Diamanti, che (come diciamo da settimane) è però troppo solo, senza spalle all’altezza del suo estro. Pioli dovrà inventarsi qualcosa e al più presto, perché 3 punti in 8 gare sembrano già una condanna sulle speranze di permanenza in A.
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TORINO-INTER 3-3 (21′ Farnerud, 54′ Immobile, 91′ Bellomo; 46’ Guarin, 55′, 71′ Palacio)
Una partita assurda, di quelle non adatte “ai deboli di cuore”, che diverte gli spettatori non di parte e lascia l’amaro in bocca ai tifosi di entrambe le squadre. Tre a tre rocambolesco, pareggio alla fine forse addirittura giusto, anche se sia Mazzarri che Ventura non possono certo essere soddisfatti.
Il Torino ha dominato sin dall’inizio, mettendo in crisi la difesa dell’Inter soprattutto sul suo lato destro, dove si fa sentire l’assenza di Campagnaro. E così, dopo un palo di Cerci dopo solo 3 minuti, all’8’ l’episodio che indirizza la gara: verticalizzazione per lo stesso attaccante della Nazionale, che anticipa l’uscita di Handanovic, che gli frana addosso. Per l’arbitro rigore ed espulsione, tra le proteste dei nerazzurri. Cerci dal dischetto sbaglia, con Carrizo (subentrato a Kovacic) che indovina il balzo giusto, ma il Torino sfrutta la superiorità numerica e continua a spingere. E così arriva il primo gol nel campionato italiano di Farnerud, ancora con un’azione che si sviluppa sul fronte sinistro dell’attacco granata. L’Inter prova a riorganizzarsi e comincia ad affacciarsi dalle parti di Padelli, senza però mai impensierire il portiere; il Torino, invece, abbassa un po’ il tono,e anche la guardia. Infatti, proprio alla fine del primo tempo, da un calcio d’angolo arriva il pareggio dei nerazzurri: Padelli sbaglia il tempo dell’uscita, la palla si alza e Guarin è lesto e abile a colpire con una bella rovesciata per l’1-1. Al rientro dagli spogliatoi il copione torna quello del primo tempo, con il Toro ad attaccare a folate: Cerci, ora a destra, tenta il tiro, ma la sua ribattuta si trasforma in assist per Immobile, entrato da pochi minuti, che porta in vantaggio i suoi. Capovolgimento di fronte e Palacio clamorosamente pareggia, punendo una difesa torinista decisamente piazzata male. Mazzarri tenta la carta Belfodil, rischiando il tutto per tutto, e l’algerino ringrazia con l’assist che consente a Palacio la doppietta personale e, soprattutto, di siglare il 2-3. Incredibile, per come si era messa la gara. Ma il Torino non ci sta e continua l’assedio; la colpa dell’Inter è di abbassarsi troppo e lasciar spazio agli avversari. Quando ormai le speranze dei padroni di casa sono esigue, però, arriva il colpo di scena finale: punizione dalla destra, il giovane Bellomo (anche lui in campo da una manciata di minuti appena) indirizza verso l’area. La traiettoria è strana (forse è un tiro, forse un cross) e inganna Carrizo, con la palla che si infila nel sette e fa esplodere l’Olimpico.
Ventura può sicuramente recriminare per l’incapacità dei suoi di mantenere due volte il vantaggio nonostante un predominio territoriale (e l’uomo in più per quasi tutto il match), ma almeno stavolta la rimonta finale è in chiave positiva. Mazzarri, invece, se la prende con l’arbitro (ancora una volta), reo a suo dire di aver falsato la gara con la decisione di espellere Handanovic dopo soli 8 minuti. Ma la realtà è che l’Inter, per la terza gara consecutiva, non trova i tre punti: mini-crisi alle porte, in casa nerazzurra? L’ombra di Thohir sta già diventando pesante, per l’ex tecnico del Napoli? Intanto, però, la Roma scappa e Juve e Napoli, nonostante le sconfitte, son distanti 5 punti.
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