[highlight]Zimbabwe: la speranza c’era, ma forse ora è svanita[/highlight]
Mercoledì 31 luglio doveva essere il giorno della svolta dello stato governativo dello Zimbabwe, con il popolo chiamato alle urne per le elezioni presidenziali. Ma dai primi risultati non ufficiali possiamo comprendere come la situazione non cambi nemmeno questa volta.
Nella giornata di ieri, il partito Zanu-PF di Robert Mugabe ha annunciato di aver nuovamente vinto le elezioni, dopo 33 anni di potere, anche se i dati ufficiali saranno resi noti solo nei prossimi giorni. È subito partita una risposta polemica da parte dell’avversario, nonché storico suo oppositore, Morgan Tsvangirai, leader del MCD (Movement for the Democratic Change), che ha parlato apertamente di brogli.
L’accusa riportata dal candidato, in realtà, è stata presentata anche negli anni 2002 e 2008, in cui si è registrata la vittoria schiacciante di Mugabe, ma questa volta potrebbe essere avvalorata dalla mancanza di osservatori internazionali, vietati dall’ottantanovenne Presidente uscente a causa delle sanzioni vigenti proprio contro di lui e altri dirigenti politici, accusati di violazione dei diritti umani.
Le uniche missioni autorizzate sono quelle dell’Unione Africana e della Sadc. Inoltre, il voto potrebbe ritenersi compromesso anche a causa della privazione dei diritti civili a un milione di elettori e, fatto non meno importante, per le operazioni di voto per gli appartenenti alle forze dell’ordine, ancora poco informati sulle ideologie di governo, avvenute in estremo anticipo il 14 e il 15 luglio scorsi.
Il timore che dilaga tra il popolo è che il clima generato da questo risultato possa sfociare in una guerra civile, che andrà a peggiorare ancora di più una situazione a dir poco preoccupante: basti pensare che, secondo le ONG (Organizzazioni Non Governative), la disoccupazione in Zimbabwe tocca l’89%, contro il 9% dichiarato dalle stime ufficiali dello Stato.
Se dovesse essere confermata la sua vittoria, è facile prevedere che Mugabe, in carica da ben 33 anni, replicherà alle problematiche dilaganti nel Paese con una continua chiusura all’Occidente. Da parte sua, invece, Tsvangirai riteneva necessario intensificare i rapporti con il resto del Mondo, di modo che si potesse raggiungere un miglioramento sociale per tutti i cittadini.
I risultati, finora, purtroppo non sono incoraggianti, ma si può solo sperare e attendere nell’arrivo di altre notizie.