Napoli, il teatro Trianon finisce all’asta

[highlight]Il Trianon, lo storico teatro pubblico di piazza Vincenzo Calenda a Napoli, è in vendita[/highlight]


Prima la mancata ricapitalizzazione da parte di Regione e Provincia, ora la decisione del tribunale di Napoli: il Trianon è messo all’asta, con prezzo base di 4 milioni e 500 mila euro. La notizia giunge da una nota dei sindacati Slc-Cgil e Uilcom-Uil.

La vicenda parte qualche mese fa: lo scorso 31 marzo, i due soci del teatro, la Regione Campania e la Provincia di Napoli, non hanno ricapitalizzato la società partecipata Trianon Viviani – che detiene sia la proprietà che la gestione delle attività del teatro – per scongiurare il pignoramento immobiliare, e non hanno impedito la conseguente messa all’asta disposta dal tribunale di Napoli.

Il Trianon ha una lunga storia alle spalle. Aperto a Napoli l’8 novembre 1911 e inaugurato dalla compagnia di Eduardo Scarpetta, nel ventennio fascista, in ossequio all’autarchia linguistica, fu ribattezzato «Trionfale». Nel 1940 fu acquistato da Gustavo Cuccurullo, che nel 1947 lo trasformò in sala cinematografica: il cinema «Splendore».

Cinquanta anni dopo, un pronipote, omonimo del precedente, riportò la sala, divenuta nel frattempo un cinema a luci rosse, all’antica funzione. Nel 2002 fu sposata la mission di «teatro della canzone napoletana», inaugurata con Eden teatro di Raffaele Viviani, nella riscrittura melodrammatica e nella regia di Roberto De Simone. La proprietà del teatro fu scissa dalla gestione delle attività, rispettivamente con le società Trianon (in cui entra la Provincia di Napoli, con la quota del 40,43%) e Trianon scena.

Nell’aprile del 2006 la Regione Campania rilevò il pacchetto di maggioranza della proprietà del teatro (con la quota del 59,57%) e iniziò così la nuova storia del Trianon come struttura pubblica, col nome di «Trianon Viviani». La direzione artistica fu affidata a Nino D’Angelo, che rimase in carica fino al 2010. In precedenza, dopo De Simone il teatro si era avvalso della consulenza artistica di Peppe Vessicchio.

Nel 2012, un piano di riconversione, in seguito a un difficile periodo di crisi finanziaria, stabilì la nuova mission di «teatro della musica a Napoli», con la presidenza di Maurizio D’Angelo e la direzione artistica di Giorgio Verdelli.

Oggi, luglio 2013, all’indomani della decisione del Tribunale di Napoli, c’è grande preoccupazione tra i lavoratori. Le conseguenze della messa all’asta sono palesi: si rischia la perdita di numerosi posti di lavoro per dipendenti e addetti dell’indotto, senza contare che il passaggio di un bene pubblico ai privati comporterà inevitabilmente una nuova gestione culturale e il tramonto di un’esperienza importante, pluripremiata dal successo del pubblico e della critica.

I sindacati, nella nota resa pubblica, denunciano, inoltre, una mancanza di programmazione e il mancato pagamento degli stipendi già da qualche mese, oltre che silenzi imbarazzanti e promesse utopiche, smentite dalla realtà dei fatti.

Finora i lavoratori non hanno ottenuto risposte neanche dal governatore Caldoro e, per questo motivo, fanno appello alle Istituzioni e alla cittadinanza per mantenere viva l’attenzione su un bene pubblico e sul destino incerto di tante famiglie.

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