[highlight]Fax o E-mail: il dibattito giunge in parlamento. L’Agenda Digitale resta un’utopia[/highlight]
In Italia non c’è limite al ridicolo. Se come ordine del giorno alla Camera troviamo un emendamento presentato dal deputato Paolo Coppola, docente d’informatica e sostenitore dell’innovazione nella pubblica amministrazione, che chiede a gran voce il superamento dell’utilizzo del Fax negli uffici pubblici, con la conseguente sostituzione del vecchio sistema di trasmissione dati con le e-mail, vuol dire che siamo veramente alla frutta.
In un Paese in cui si discute di Agenda Digitale (sempre sbandierata ma mai partita), Wi-Fi libero (finalmente), e condivisione e download di file da internet, sentire parlare di uno scontro tra Fax ed e-mail è come discutere di macchina per scrivere vs computer, o di calcolatrice vs abaco. Insomma, imbarazzante e obsoleto.
Da qualche mese è obbligatorio per aziende e professionisti di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (Pec), per consentire un più celere rapporto con la pubblica amministrazione. Inoltre, il codice dell’amministrazione digitale del 2005 prevede la sostituzione delle comunicazioni a mezzo fax tra enti pubblici con la posta elettronica. Obiettivo, un minore consumo di carta, riduzione delle file agli sportelli, snellimento della burocrazia e velocità nell’esecuzione delle pratiche.
Tutto questo sembra una chimera da noi, dove il personale impiegato negli uffici pubblici nella migliore delle ipotesi non è in grado nemmeno di utilizzare il Fax, figurarsi il computer e la posta elettronica. Senza un ricambio generazionale, in Italia la cosiddetta rivoluzione digitale non potrà mai avverarsi.
Un bidello senza competenze si ritrova, per scelte assurde della politica, a essere promosso Assistente Tecnico Amministrativo (A.T.A.), senza nessuna conoscenza delle procedure burocratiche, delle pratiche da eseguire, per non parlare dell’approccio all’informatica; tutto questo non può che causare ritardi nel processo d’innovazione. Anzi, riesce solo a peggiore, se possibile, la situazione.
Lo stesso accade negli uffici comunali, dove per avere la stampa di un documento anagrafico ci vuole un’eternità, tra fila allo sportello e l’attesa dell’arrivo del tecnico incaricato a cambiare la cartuccia che, com’è noto, è una procedura particolarmente complessa e delicata da richiedere l’intervento di un luminare della tecnologia.
Inoltre, negli uffici pubblici, in particolare nelle scuole, c’è una persona incaricata di, come dicono loro, “uscire” la posta elettronica. Se manca lui, magari per malattia o per ferie, non si scaricano le e-mail per giorni. Questo dovrebbe farci riflettere.
Una macchina dello Stato non può avere prestazioni migliori di quelle che gli operatori possono garantire. Portare in Parlamento una discussione anti-diluviana pare, quindi, francamente inutile. È essenziale svecchiare gli uffici, mettendo giovani svegli e capaci di utilizzare computer, tablet, strumenti di archiviazione cloud, e tutto quello che concerne le tecnologie informatiche. Sarebbe un investimento sul futuro, ma anche un miglioramento immediato nell’erogazione di servizi essenziali. Inoltre, non ci sarebbe bisogno di pagare un tecnico per cambiare una cartuccia della stampante.
Riduzione dei costi fissi, minore consumo di materiale di cancelleria, con conseguenti effetti positivi sull’ambiente, accelerazione nell’espletamento di pratiche burocratiche. Quel famoso processo di snellimento della PA di cui tutti parlano, ma che nessuno affronta mai seriamente.
Non basta fare il corso di aggiornamento professionale, se i lavoratori da formare non hanno quella predisposizione mentale a utilizzare nuove tecnologie, e modificare, di conseguenza, il proprio modo di lavorare.
Possiamo parlarne nelle sedi più opportune; ma se dalle parole non si passa ai fatti, l’Italia continuerà a essere un Paese tecnologicamente, e culturalmente, medievale.
Altro che Agenda Digitale: qui si utilizza ancora la rubrica del telefono cartacea.