Doping, le analisi retrospettive di Marco Pantani positive all’EPO

[highlight]Il rapporto sul doping mostra la positività di Marco Pantani e di altri campioni del ciclismo[/highlight]


[quote]Marco Pantani assunse EPO durante il Tour de France del 1998.[/quote]

È quello che emerge dal rapporto presentato dalla Commissione d’inchiesta del Senato di Francia sul dopingdi cui si è già parlato nelle scorse settimane, che ha analizzato tutti i risultati delle analisi fatte a posteriori nel laboratorio di Chatenay-Malabry sui campioni di sangue prelevati ai ciclisti che avevano preso parte all’edizione del 1998 del Tour.

Oltre a quello di Marco Pantani, emergono anche i nomi di Mario CipolliniAndrea Tafi, dei tedeschi Jan Ullrich ed Erik Zabel, degli spagnoli Abraham Olano e Manuel Beltran; a sorpresa, non è presente il nome del terzo classificato di allora Bobby Julich. Il relatore del rapporto, Jean-Jacques Lozach, ha affermato che non c’è nessun rischio di sanzioni per gli ex atleti coinvolti:

[quote]Con questo rapporto non abbiamo voluto fare un processo al ciclismo, ma solo dare un contributo alla ricerca della verità. È per questo che riteniamo sia giusto procedere su questa strada dei controlli retrospettivi. Il doping è sempre più avanti dei controllori.[/quote]

La sostanza ritrovata dalle analisi è la famigerata Eritropoietina o EPOormone glicoproteico che ha come funzione principale la regolazione dell’eritropoiesi (produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo). Questa sostanza è in grado di accrescere il numero di eritrociti anche in soggetti sani, come gli atleti, al fine di aumentare il trasporto di ossigeno ai tessuti e di migliorare, quindi, la performance sportiva.

A cavallo del secolo era il doping più utilizzato nello sport per la difficile rintracciabilità, e i controlli retrospettivi hanno reso evidente come fosse una pratica generalizzata.

L’ultima generazione di campioni della bicicletta, quindi, è stata completamente spazzata via dalla bufera; intere classifiche stravolte e decenni di Tour senza vincitore hanno distrutto le immagini di splendide imprese.

Marco Pantani ha pagato più di tutti. Era andato già via una dannata notte di qualche tempo fa, in un’ancora più dannata stanza del Residence Le Rose di Rimini, quando non resse alla depressione per le accuse e all’indifferenza al dolore di chi prima l’aveva osannato e dopo attaccato senza nessun appello.

Ci si interroga sul senso di questo rapporto e su quale valore aggiunto possa dare alla lotta la doping. In un mondo che sa agire solo a posteriori, perché non c’è nessuno nella Federazione capace di assumersi le responsabilità di aver accettato silenziosamente un sistema che solo quindici anni dopo è reso evidente? Che valore hanno queste analisi senza la possibilità di controprova? Quanto è grande la voglia di infangare la storia del ciclismo? Tante, troppe domande, in ritardo di anni.

Intanto, il Pirata muore due volte, ucciso prima dalla depressione e dall’indifferenza, in circostanze ancora oscure, e poi dallo sciacallaggio mediatico. Le sue vittorie forse non spariranno dall’albo, ma la sua vita è già sparita lì all’orizzonte, sempre in fuga, prima dagli altri e poi da se stesso. Le emozioni che ha saputo regalare, però, nessun rapporto retrospettivo potrà cancellarle dall’animo degli sportivi.


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