[highlight]L’accusa è di falso in bilancio aggravato e coinvolge anche alcuni manager del gruppo Ligresti[/highlight]
Questa mattina, all’alba, la Guardia di Finanza di Torino ha eseguito sette ordinanze di custodia cautelare nei confronti di quattro componenti della famiglia Ligresti e di alcuni manager nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondiaria-Sai. In carcere sono finite Ionella e Giulia Maria, figlie di Salvatore Ligresti, per il quale, invece, sono stati disposti gli arresti domiciliari a Milano. Il figlio Gioacchino Paolo, invece, non è stato arrestato ma risulta ricercato. La GdF sa che si trova in Svizzera e, prima di prendere contatti con le autorità elvetiche, intende conoscere se c’è da parte sua la volontà di consegnarsi alle autorità. Tra i manager coinvolti che hanno ricoperto funzioni di rilievo in Fondiaria-Sai ci sono i due ex amministratori delegati, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta, e l’ex vicepresidente pro-tempore Antonio Talarico.
[highlight] I reati contestati riguardano l’occultamento al mercato di un “buco” di circa 600 milioni di euro nella riserva sinistri. [/highlight] Un’informazione considerata sensibile e determinante per le scelte degli investitori, e la cui mancata comunicazione ha provocato, secondo gli inquirenti, un grave danno ad almeno 12mila risparmiatori.
L’inchiesta della Procura di Torino su Fonsai era stata aperta nell’estate 2012 sulla scia di quella milanese su Premafin, altra società del gruppo Ligresti. Inizialmente le ipotesi erano di falso in bilancio e di ostacolo all’attività di vigilanza, relativamente al quadriennio 2008-11; lo scorso febbraio, poi, l’accusa si è ampliata con l’aggiunta di infedeltà patrimoniale, dopo la presentazione di numerose querele da parte degli azionisti.
Nei mesi precedenti, la Guardia di Finanza aveva già effettuato perquisizioni nelle sedi del gruppo sparse sul territorio italiano, con il sequestro di numerosi supporti informatici.
Grazie alla costante sottovalutazione della riserva sinistri all’interno di Fonsai, secondo gli inquirenti sono stati distribuiti, negli anni, 253 milioni di euro alla Premafin spa; laddove c’era la distribuzione di utili, vi sarebbero dovute essere delle perdite.
I mercati per ora hanno reagito con prudenza alla notizia, con perdite minime sui titoli del gruppo, ma si attende comunque l’evoluzione dopo il chiarimento dei dettagli sulle indagini.
I fatti di questa mattina rappresentano comunque l’ennesimo colpo al capitalismo italiano. Salvatore Ligresti, 81 anni, originario di Paternò (Catania), che era stato protagonista della urbanistica della «Milano da bere» degli Anni Ottanta, era già stato arrestato nel 1992 nell’ambito dell’inchiesta Mani pulite. Aveva patteggiato una pena di 2 anni e 4 mesi per corruzione, scontata poi con l’affidamento ai servizi sociali.
Infine, come solito in Italia, era tornato alla guida del suo impero economico-finanziario riabilitando il nome della famiglia. Bisogna attendere ora le evoluzioni delle indagini per capire cosa succederà agli imputati e al gruppo, e se si ripeterà un nuovo «caso Parmalat».
In Italia, i soldi e il potere permettono di cancellare qualsiasi macchia del proprio passato, ma alcune volte la giustizia va avanti e colpisce.
Sarà questo l’ultimo capitolo della storia imprenditoriale e finanziaria della famiglia Ligresti?