[highlight]Approvato provvedimento per l’unicità dello stato di figlio[/highlight]
Oggi, 12 luglio 2013, il Consiglio dei Ministri del Governo presieduto dal Premier Enrico Letta ha permesso al Paese di avvicinarsi agli standard Europei, in termini diritti civili. Nella nota del CdM si legge, infatti, che «scompare così dal Codice Civile la classificazione dei figli».
[quote]“Non esistono più aggettivi vicino alla parola figlio, ma figli e basta. È un fattore di civiltà” ha spiegato il Presidente Letta.[/quote]
Un passo importantissimo per un Paese come l’Italia, ingiustificabilmente indietro quanto a legislazione e giurisprudenza sull’argomento. Il provvedimento introduce “il principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo“, eliminando quelle distinzioni che non pochi drammi familiari hanno provocato.
Soddisfatta e orgogliosa il Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, che aveva annunciato l’intervento già due giorni fa. È stata, infatti, sua l’iniziativa di inserire all’ordine del giorno, sostenuta da Presidente del Consiglio, la discussione in sede collegiale ai Ministri dell’Interno, della Giustizia e del Lavoro e delle Politiche Sociali.
I giuristi, gli avvocati e i giudici sono entusiasti per il netto passo in avanti compiuto dal Governo Letta. Ospite di Sky Tg24, il Presidente dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani (Ami), l’avv. Gian Ettore Gassani, ha definito il provvedimento che sancisce il principio dell’unicità dello stato di figlio una «rivoluzione copernicana».
Scendendo nel dettaglio, le modifiche riguardano il codice civile, quello penale, quelli di procedura civile e penale e le leggi speciali in materia di filiazione. I figli adottivi, quelli nati al di fuori del matrimonio, i nati da relazioni extra-coniugali ma riconosciuti, da oggi godono tutti degli stessi diritti, al pari dei figli “naturali”.
Una vera rivoluzione, per riprendere le parole dell’avvocato Gassani, in attesa che si legiferi in fretta anche in materia di coppie omosessuali.
È imbarazzante , infatti, vedere ancora oggi forme di discriminazione così invalidanti in uno Stato che si propone sullo scenario internazionale come membro forte dell’Unione Europea. C’è ancora molto da fare, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta.