[highlight]Quattro anni di attesa per una delusione cocente[/highlight]
Quattro anni. Un’infinità. Da quando ho letto l’ultima pagina de “Il Simbolo Perduto” non ho fatto altro che attendere. Finalmente, il 14 maggio 2013 l’attesa è terminata. Una data scelta con criterio; infatti, 14/5/13 è l’anagramma di “3,1415″, ovvero un’approssimazione per indicare il pi greco. Già questo era bastato per conquistarmi completamente. Di corsa in libreria per comprare l’ultima fatica letteraria di Dan Brown, Inferno. Inizio a leggere e subito vengo risucchiato nel vortice degli eventi. L’Ombra, Firenze, Dante Alighieri, l’Inferno, la Peste Nera. Robert Langdon ritorna alle sue reboanti avventure, questa volta ambientate tra Firenze, Venezia e Istanbul.
Il romanzo si apre con una misteriosa figura chiamata l’Ombra che, per fuggire a degli inseguitori si getta dal campanile della Badia Fiorentina.
Sei giorni dopo, il professor Robert Langdon si sveglia in un ospedale di Firenze con una ferita d’arma da fuoco alla testa e una seria amnesia che gli impedisce di ricordare i giorni precedenti. All’ospedale viene accudito dal dottor Marconi e dalla dottoressa Sienna Brooks, che gli spiega come la sera precedente sia arrivato all’ospedale in stato di semi-incoscienza. Improvvisamente irrompe Vayentha, una killer che ammazza il dottor Marconi e sembra intenzionata a uccidere anche Langdon, che si salva solo fuggendo precipitosamente grazie all’aiuto di Sienna.
Gli elementi distintivi della scrittura di Dan Brown sono sempre molto evidenti; scrittura semplice, veloce, ricca di dettagli enciclopedici, capitoli brevi simili a scene di un film, suspense e colpi di scena continui.
Questa volta, però, dietro ad ogni pagina c’è un pizzico di delusione che aumenta. Sì, perché anche se le premesse fanno bene sperare, man mano che si avanza nella lettura affiorano anche tutti i difetti dei romanzi dell’autore de “Il Codice Da Vinci”: approssimazione storica, buchi narrativi, incoerenza, colpi di scena costruiti senza uno sviluppo completo.
Dopo poche pagine ci si dimentica di Dante Alighieri, di Firenze, della “selva oscura”, e si procede in una corsa contro il tempo per sventare un’epidemia dagli effetti, si prevede, disastrosi per l’intera umanità. Uno scienziato stereotipato, geniale e folle, che predica il ritorno di una nuova Peste che possa liberare il mondo dal cancro della sovrappopolazione. Un’ex bambina prodigio dalle mille facce, innamorata e pentita. Un’organizzazione segreta che da cattiva diventa buona. L’Organizzazione Mondiale della Sanità che si trasforma in una sorta di M16 di “bondiana” memoria.
In mezzo a tutto questo, pagine d’inchiostro sprecato. Peccato, perché costruire un thriller attorno all’opera più esoterica della letteratura mondiale, non era affatto una cattiva idea. Leggendolo, però, Dante avrebbe avuto qualcosa da ridire.
E Dan Brown avrebbe potuto rispondere solo citando il suo personaggio: “Very Sorry”.