[highlight]Dopo la schiacciante vittoria alle Elezioni Europee del 25 maggio scorso, sono diventati tutti renziani[/highlight]
Tutti a saltare sul carro del vincitore, tutti a reinventarsi fedeli sostenitori del segretario di turno. Un malcostume che parte dalle fondamenta, da quei circoli locali del PD che invece dovrebbero guidare il rinnovamento della classe dirigente. È la sete di potere che logora l’amore per la politica, è il cinismo di chi dovrebbe farsi portavoce a distruggere quel collegamento automatico con la base. Ed è in questa faglia che Beppe Grillo ha gettato le basi del suo personalissimo Movimento. Un partito nuovo, liquido, che punta a sradicare la casta attaccandola sui luoghi comuni e quindi sulle ovvietà. Il successo plebiscitario di Matteo Renzi ha spazzato via in un sol colpo il passato (nemmeno tanto lontano) insieme a quel briciolo di coerenza che tutti, politici compresi, dovrebbero custodire.
Renzi non è il nuovo profeta così come non lo erano Prodi, Veltroni, Franceschini, Bersani e Letta ma è una personalità che si differenzia da tutti questi per una sostanziale caratteristica: l’essere un vincente. Non è poi trascorso tutto questo tempo dalla sua prima vittoria alla Provincia di Firenze e alla conseguente elezione a sindaco della città che tanto ama. Seppur in situazioni differenti, Renzi ha dimostrato di essere in grado di toccare le corde dell’opinione pubblica e di accattivarsela. Oggi siede a Palazzo Chigi da abusivo di un Parlamento che non lo riconosce e che fino a pochi mesi or sono si esprimeva in coro per sbeffeggiare il giovanotto alla pubblica piazza. Come dimenticare le battute di D’Alema, come resettare la campagna di Bersani e dei suoi fedelissimi alle primarie.
Oggi sono tutti in fila, ad acclamarlo, ad esaltarne le sfumature “che fanno la differenza”. E fa anche un po’ tristezza, detto sinceramente, osservare il servilismo di chi preferisce allinearsi con la massa per non estinguersi. Personaggi come Stefano Fassina – e perché no – della neoeletta Pina Picierno, dimostrano che le contraddizioni e la scarna qualità dei singoli permangono nonostante quel 40% che è figlio sì di Renzi, ma anche dell’approssimazione di una concorrenza non certo all’altezza. Quanti simpatizzanti di sinistra che hanno sostenuto Grillo, ad esempio, saranno orgogliosi di vederlo impegnato a cercare una sponda a Bruxelles con l’Ukip di Nigel Farage? E quanti di costoro già pensano ad un clamoroso dietrofront nel segreto dell’urna elettorale? “È l’Italia. Bellezza!”