[highlight]Con Toldo, Cannavaro, Nesta, Totti, Gilardino e tanti altri. L’Italia che fu di Cesare Maldini, Tardelli e Gentile ora non vince più[/highlight]
In Repubblica Ceca sono in corso gli europei di calcio Under 21, e l’Italia è già con più di un piede e mezzo a casa. Dopo lo 0-0 di domenica 21 giugno contro il Portogallo a Uherské Hradiste (che ha fatto seguito alla sconfitta all’esordio contro la Svezia), gli azzurrini di Gigi Di Biagio sono costretti a battere l’Inghilterra nella prossima giornata del gruppo B e sperare in una vittoria dei lusitani sugli scandinavi – qualora ciò non avvenisse, il passaggio del turno non è comunque da escludere (l’improbabile congiuntura è spiegata qui).
Tuttavia, il cammino dell’Italia agli europei di categoria sembra ormai compromesso da una falsissima partenza. Problemi che i giovani nazionali stanno riscontrando ormai da una decina d’anni, in un torneo che spesso e volentieri li ha visti vincitori tra gli anni Novanta e l’inizio del Duemila.
Che il calcio italiano sia in piena crisi (nonostante la finale di Champions League raggiunta dalla Juventus), è fatto ormai noto; che questa crisi derivi anche – e soprattutto – dalla non perfetta gestione dei settori giovanili, è altro dato di fatto. Negli ultimi anni si ripete quasi come una cantilena il ritornello secondo il quale i giovani calciatori italiani non trovano spazio nelle rose delle grandi squadre di Serie A o che comunque giochino titolari in formazioni di media e bassa classifica, se non addirittura in club che militano in Serie B.
Tralasciando in questa sede i demeriti della gestione Di Biagio (e tenendo sempre ben presente che l’eliminazione dall’Europeo non è ancora cosa certa), la lista dei convocati in Repubblica Ceca stilata dall’ex centrocampista di Inter e Roma lasciava sperare in qualcosa di più. Non ci sono grandi nomi già affermati – ma questi mancano anche nelle altre compagini – solo giovani dal futuro promettente che fanno gola a molti club italiani e non solo. Nessuno di questi ha mai giocato in Champions League, ma in molti sono già abituati ad affrontare le grandi d’Italia, come Juventus, Roma, Napoli, Milan e Inter che, pur non essendo più quelle di un tempo, rappresentano sempre un banco di prova molto più insidioso rispetto a chi è abituato ad affrontare le squadre dei campionati portoghese e svedese, ad esempio.
Allora i vari Bardi (Chievo, che l’Inter non si decide a riportare alla Pinetina), Leali (Cesena, di proprietà della Juventus, erede designato di Buffon), Zappacosta (Atalanta, più volte cercato dalla Roma), Rugani (Empoli, vicino al ritorno alla Juve), Viviani (Pescara, scuola giallorossa), Cataldi (Lazio), Berardi (Sassuolo), Belotti (Palermo) e molti altri formano un gruppo di giovani che possono aspirare a qualcosa di più di un’eliminazione al primo turno.
Ma ormai il cammino è compromesso e soltanto la congiuntura fortunata prima accennata può permettere all’Italia di accedere ai quarti. Purtroppo gli azzurrini ci stanno abituando, e si stanno abituando, a magre figure agli Europei di categoria: nelle ultime cinque edizioni, dal 2006 al 2013, l’Italia ha raggiunto la finale soltanto in un’occasione, in Israele con Devis Mangia come allenatore, perdendo tra l’altro sonoramente contro la Spagna.
Il dato fa effetto, visto che la Nazionale italiana ha quasi sempre ottenuto ottimi risultati in ambito di Under 21, tanto da essere oggi la squadra che ha vinto più europei di categoria di sempre (ben 5, contro i 4 delle Furie Rosse).
Campionato europeo 1992
Da quando i campionati europei Under 21 sono stati fondati, l’Italia ha sempre ricoperto un ruolo di spicco. In precedenza, esistevano la Challenge Cup Under 23 (anni ’60 e inizio ’70) e il campionato europeo Under 23 (che ha resistito solo per tre edizioni, dal ’72 al ’76).
Dal 1978 ad oggi, c’è stato un tempo in cui l’Italia Under 21 era temuta da tutti e riusciva ad ottenere risultati eccelsi a livello continentale con disarmante facilità. Il precursore di quest’epoca d’oro fu Cesare Maldini, vincitore addirittura di 3 europei di categoria consecutivi come ct della nostra Nazionale.
Il primo successo arriva nel 1992, quando la competizione non conosceva ancora la formula del paese ospitante e si disputava in gare di andata e ritorno. Dai quarti alla finale, gli azzurrini percorsero un cammino netto e senza intralci superando prima la Cecoslovacchia (1-2 in trasferta e 2-0 in casa), poi la Danimarca (0-1 ad Aalborg e 2-0 a Perugia, con Buso e Muzzi grandi trascinatori). Infine la Svezia, mettendo le mani sul trofeo grazie alla vittoria per 2-0 a Ferrara (ancora Buso mattatore) e l’ininfluenza sconfitta per 1-0 in terra scandinava.
Proprio Renato Buso fu il capocannoniere di quell’edizione con 3 gol, uno in più dell’altra bocca di fuoco italiana, Alessandro Melli.
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Francia 1994
E’ l’Europeo dei Toldo, Panucci, Cannavaro, Carbone, Inzaghi, Vieri e… Orlandini. Il primo giocato in un unico paese, la Francia, è anche l’Europeo che conferma la grande capacità dell’Italia, e di Maldini, di trovare nuovi campioni pronti al grande salto. In terra francese, gli azzurrini stravincono, eliminando dapprima proprio i padroni di casa: la squadra di Domenech, con i giovani Thuram, Makelele e Zidane in campo delude i propri tifosi perdendo ai rigori contro Vieri e compagni. Gli azzurrini, dopo lo 0-0 partorito dai 120 minuti di gioco, si dimostrano infallibili dal dischetto: segnano Panucci, Vieri, Berretta, Marcolin e Carbone; mentre dall’altra parte, l’errore decisivo porta la firma di Makelele.
La finale lascia spazio a Pierluigi Orlandini, che non avrà vissuto la carriera brillante dei suoi più noti compagni di squadra, ma si è tolto la soddisfazione di regalare all’Italia il suo secondo europeo Under 21, segnando il gol decisivo nella finale di Montpellier contro il Portogallo di Figo e Rui Costa.
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Spagna 1996
Due anni dopo, un’altra Italia di Maldini parte da dove aveva terminato in Francia. Prima di volare in Spagna, paese ospitante, gli azzurrini eliminano il Portogallo ai quarti di finale, che si giocano ancora in due partite: la prima, in terra lusitana, sancisce la momentanea rivincita degli iberici (1-0); la seconda segna la rimonta dell’Italia, capace di ribaltare nettamente il risultato con un secco 2-0.
In Spagna, il primo avversario da superare porta ancora il tricolore della Francia sul petto e il volto di Makelele in campo, stavolta affiancato dai nuovi campioni del domani: Vieira, Wiltord, Pires e le meteore (almeno in Italia, Candela, Dacourt e Dhorasso). Stavolta non occorrono i calci di rigore: a decidere il match, ad inizio secondo tempo, è il giovane Francesco Totti che manda l’Italia a disputare la finale contro i padroni di casa della Spagna.
A Barcellona, il 31 maggio, il clima è rovente: gli azzurrini passano in vantaggio quasi subito grazie ad un autogol di Idiakez (anche se alcune fonti attribuiscono il gol allo stesso Totti); la Spagna pareggia a fine primo tempo con un gol di Raul. Ma proprio il futuro capitano e bandiera del Real Madrid condannerà i suoi, sbagliando uno dei quattro rigori calciati dalle Furie Rosse e spalancando la via del successo alla squadra di Maldini, ancora vincente dagli undici metri. E’ il terzo trionfo europeo per la Nazionale azzurra: stavolta a salire sul gradino più alto del podio sono i vari Buffon, Cannavaro, Nesta, Totti, Panucci, Tommasi, Tacchinardi, Delvecchio. Un’altra generazione, quella che più si avvicina al grande trionfo di Berlino targato Marcello Lippi.
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Slovacchia 2000
Dopo la mancata qualificazione all’europeo del 1998 in Romania, l’Italia torna più forte di prima in Slovacchia, stavolta sotto la gestione di Marco Tardelli. E’ il primo europeo di categoria che si divide in due gironi all’italiana: le prime classificate di entrambi conquistano direttamente l’accesso alla finale; le seconde si devono accontentare della “finalina” per il terzo posto.
L’Italia se la cava grazie alla differenza reti: è un gol, un solo gol, che permette agli azzurrini di superare la resistenza della Slovacchia. Dall’altra parte, la Repubblica Ceca supera in maniera più agevole il suo raggruppamento, lasciandosi alle spalle Spagna, Olanda e Croazia.
Ma Tardelli può contare su una squadra davvero forte che, già contro Inghilterra, Slovacchia e Turchia, ha dato prova della sua compattezza. La luce più brillante è quella di Andrea Pirlo che, nell’antica posizione di trequartista – a cui sfuggirà sempre dopo l’intuizione tattica che lo ha reso fenomenale, targata Mazzone-Ancelotti – diventa addirittura il capocannoniere del torneo, con 3 reti.
La finale di Bratislava contro i cechi è l’apoteosi del numero 10 azzurro, autore della doppietta decisiva nel 2-1 finale: il primo gol su rigore, il secondo su punizione. Due perle (la seconda merita una cornice) che anticipano tanto di quello che diventerà uno dei calciatori italiani più forti di sempre. Prima della pazza corsa di Berlino, in seguito al rigore decisivo segnato da Fabio Grosso, Andrea Pirlo aveva già contorto la sua espressione impassibile in una gioia giovanile che immortala il quarto successo europeo dell’Italia Under 21.
Un’Italia che si reggeva anche sul talento di altre promesse, rimaste tali o esplose in maniera dignitosa: da Baronio – per il ruolo ricoperto, il Pirlo di quella Nazionale – a Comandini, passando per Cristiano Zanetti, Gattuso, De Sanctis, Perrotta, Coco e Abbiati.
Germania 2004
La più brillante prova del Tardelli allenatore è seguita da una mezza debacle di Claudio Gentile, ct del nuovo corso dell’Under 21 che non riesce ad andare oltre le semifinali agli europei in Svizzera del 2002. Ma è soltanto un esperimento: l’ex centrocampista, campione del mondo nell’82, riesce a riportare l’Italia sul tetto d’Europa nel 2004, in Germania, giusto due anni prima del grande trionfo di Lippi con i “grandi”.
La fase a gironi è superata a braccetto con la Serbia&Montenegro, battuta dall’Italia nella seconda giornata: le due squadre si daranno appuntamento in finale. Prima c’è da superare il Portogallo. Gli azzurrini ci riescono in maniera brillante: il 3-1 è firmato Gilardino (autore di una doppietta) e Pinzi. Nel frattempo, i serbi hanno superato ai rigori la Svezia. L’ultimo atto di Bochum è alle porte. L’8 giugno l’Italia di Gentile gioca una delle partite più belle nella storia della nostra Under 21. Il 3-0 finale è l’inevitabile conseguenza di una prova splendida che porta De Rossi a sbloccare il risultato nel primo tempo, Bovo e Gilardino a sigillare la vittoria negli ultimi dieci minuti della gara.
L’Italia è per la quinta volta campione d’Europa. E’ l’Italia di Gilardino, capocannoniere del torneo e al massimo della forma in quel periodo, e De Rossi, di Bovo e Barzagli, che guardano con decisione al posto di Cannavaro e Nesta al centro della difesa della Nazionale maggiore; ma è anche l’Italia dei comprimari, Sculli, Del Nero e Pinzi in primis che mai raggiungeranno nell’arco della loro carriera livelli così elevati.
E’ l’Italia che ci ha abituato bene: quella dei giovani vincenti con l’Under 21 e perdenti con la Nazionale dei grandi, quelli che “adesso vincono, poi crescono e non ottengono risultati”, dicevano (e in effetti, il Mondiale del 2006 è una splendida quanto unica eccezione alla regola). L’Italia che ha cresciuto, tra successi (molti) e insuccessi (pochi) i vari Maldini, Zambrotta, Toldo, Panucci, Buffon, Vieri, Inzaghi, Totti, Delvecchio, Gilardino, Del Piero, De Rossi… La stessa Italia che oggi vive una crisi profonda, proprio come quella attualmente allenata da Antonio Conte. E chissà se la massima che ha accompagnato i campioncini azzurri fino a qualche anno fa non vada incontro ad una tendenza inversa: chissà se gli stessi giovani che non riescono a vincere adesso, si rivelino poi capaci di farlo da grandi…