[highlight]Troppa attenzione ai numeri, personale docente poco qualificato e zero meritocrazia mortificano il vero ruolo dell’istruzione[/highlight]
Una delle cause determinanti la spaventosa disoccupazione giovanile, da cui il nostro amato Paese è assillato, è la mancanza assoluta di un opportuno raccordo tra l’istruzione/formazione e il mondo del lavoro.
La stragrande maggioranza dei giovani è mandata allo sbaraglio da un sistema, soprattutto quello formativo, certamente inadeguato ai tempi e carente sotto il profilo della conoscenza. I ragazzi italiani, cresciuti in una società tecnologica – non a caso sono chiamati “nativi digitali” – leggono molto poco e sono scarsamente informati, come abbiamo sottolineato in un articolo di qualche giorno fa.
Questo li rende deboli rispetto alle esigenze di un mondo del lavoro che si muove velocemente. La scuola dovrebbe, dal suo canto, proporre modelli culturali ed educativi diversi, onde consentire ai giovani che la frequentano di essere messi nella condizione più vantaggiosa riguardo il naturale inserimento nel mondo del lavoro. Invece la scuola si è ridotta così male da essere costretta, nel rincorrere parametri esclusivamente economici, ad essere per niente selettiva, tanto meno meritocratica.
Questo allentamento di rigore ha prodotto un “analfabetismo di ritorno” che penalizza l’intero sistema Italia. Penalizza il mondo dei giovani che non comprende, anche con la complicità omertosa delle famiglie, che il depauperamento della conoscenza reca dei danni enormi. Ragazzi che, spesso parcheggiati a scuola dalle famiglie, si accontentano di vivacchiare, consapevoli che questo atteggiamento non li penalizzerà affatto nel breve e medio termine: saranno, comunque, promossi.
Le scuole, infatti, hanno bisogno di numeri. A numeri elevati corrisponde budget elevato. Insomma un mercimonio vergognoso in nome della cultura.
Allora di primo acchito va riformata in maniera seria la scuola, dando la priorità alla qualità della formazione e ai conseguenti risultati. I ragazzi e le famiglie devono essere messi in condizione di riscoprire il valore dell’impegno, della conoscenza e dello studio. E la scuola deve impegnarsi sotto il profilo della qualità del corpo docente, che dovrà essere aggiornato continuamente. L’aggiornamento dovrà riguardare, chiaramente, i reciproci ambiti di insegnamento, ma dovrà anche consentire al corpo dei docenti di entrare in contatto con il mondo del lavoro che li circonda e nel quale i loro allievi dovranno, eventualmente, inserirsi.
Il raccordo con il mondo del lavoro, necessario corollario per far vivere i ragazzi in simbiosi con quello che li attende, deve riguardare, anzitutto, i docenti. Questo comporterà un’adeguata conoscenza utile a dare suggerimenti e consigli agli allievi sul come orientarsi nelle scelte universitarie, ad esempio, o nella scelta di un percorso formativo (un corso, un master, ecc.) utile a completare il profilo utile al mercato del lavoro. In soldoni i primi a doversi confrontare con il mondo del lavoro, con le imprese, sono proprio i docenti, unitamente ai dirigenti scolastici.
Questo raccordo consentirà ai presidi-dirigenti di adeguare costantemente l’offerta formativa, e ai docenti di capire le proprie, eventuali, lacune per risanarle.