La morte di Gian Luigi Rondi, all’età di 94 anni, segna una giornata di lutto per il mondo del cinema, non solo italiano. Con lui se ne va uno dei più importanti ed influenti uomini di cinema che il nostro Paese abbia avuto.
Decano dei critici cinematografici italiani, ha segnato un’epoca della storia del nostro Paese, dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Un uomo, a suo modo, potente, ed indiscusso protagonista della vita culturale italiana, anche per la consuetudine ad allacciare interessate e interessanti amicizie politiche.
Cominciò la sua carriera come giornalista al Tempo, storico quotidiano pubblicato a Roma. La sua conoscenza con Andreotti, che a suo tempo lo sponsorizzò al suddetto giornale, anche per le sue idee politiche e il suo professarsi cattolico, lo portò ad essere, soprattutto in alcuni anni, un protagonista assoluto anche in televisione.
Recentemente aveva pubblicati i suoi Diari, un libro corposo di più di 1300 pagine, accompagnato da una lettera di Giorgio Napolitano, in cui Rondi narra, accompagnando il tutto con aneddoti, cinquant’anni di storia del cinema mondiale, di cui fu profondo conoscitore, con una predilezione per il cinema francese e quello giapponese.
In tutta la sua carriera Rondi si dimostrò un accorto operatore culturale, molto attento a quello che doveva scrivere, onde “rispettare”, a suo modo, la “ragione di Stato” che, in alcuni anni di storia del nostro Paese, gli imponeva di negare qualche merito artistico a qualche film di denuncia dei vizi e dei difetti del potere.
Rondi è stato protagonista d’eccellenza dei più importanti premi cinematografici, dalla Mostra di Venezia, ai David di Donatello, dagli Incontri del cinema di Sorrento a Spoleto cinema, ecc.
Assieme a Giovanni Grazzini, altro grande critico cinematografico, è stato per gli appassionati di cinema un autorevole e competente consigliere, per i tanti appassionati di cinema del nostro Paese.
Con lui scompare una figura mitica della cultura cinematografica, non solo italiana.