Nella “lotta” tra albero di natale e presepe, gli italiani sembrano incoronare quest’ultimo come simbolo per eccellenza del Natale.
Si deve a Luciano de Crescenzo la più articolata distinzione tra alberisti e presepisti. Uomini di libertà, i primi, attenti alla forma, al denaro e al potere; uomini d’amore i secondi che, nella scala dei propri valori, metterebbero al primo posto l’amore e la poesia.
Il simpatico “filsofo” partenopeo si schiera apertamente sostenendo che
“L’albero di Natale è bello solo quando è finito e quando si possono accendere le luci, il presepe invece no, il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi”.
Gli italiani sono per tradizione presepisti e mostrano di continuare a prediligerlo rispetto al classico abete decorato, di impatto più immediato e festoso ma meno carico di significato.
Lo conferma anche una recente indagine condotta da Kijiji.it, sito di inserzioni gratuite che registra quotidianamente circa sessantamila nuovi annunci, che ha analizzato l’impennata di richieste e offerte legate al Natale.
D’altronde l’albero è entrato nelle nostre case solo nel secondo dopoguerra come luccicante simbolo del benessere e del consumismo, depauperato del valore originario attribuitogli dalle popolazioni del Nord Europa, che in esso identificavano la rappresentazione del rinnovarsi della vita.
Il presepe è invece parte della nostra storia, del patrimonio artistico e culturale che, a dispetto della decadenza generale, ancora resiste.
È una delle prime palestre della nostra creatività, visto che non esiste bambino che non si sia cimentato a scuola nella creazione di un piccolo presepe, fatto di cartone, di sughero, di fiammiferi o di qualsivoglia materiale abbia solleticato la fantasia delle maestre, da regalare ai propri genitori in occasione delle festività.
Il grande Eduardo gli assegna il ruolo di protagonista nella celebre “Natale in casa Cupiello”, mostrandoci quanto la creazione in cartapesta sia viva e costantemente in evoluzione, e quanta cura e dedizione richieda.
Sembra non esserci gara, eppure ad un occhio attento non sfugge che l’usanza che prevale è quella che prevede la coesistenza dei due simboli.
In ogni casa che rispetti la tradizione è raro che manchi l’uno o l’altro.
C’è chi presta maggiore attenzione alle decorazioni dell’albero dando spazio alla fantasia, adeguandosi magari ai dettami della moda “alberista”, e chi invece dedica maggiore cura alla riproduzione della natività.
Spesso, però, nell’addobbare l’abete o nel costruire, armati di chiodi e martello, un bel presepe, si perde il significato di questi simboli.
Perché il Natale, festa religiosa per antonomasia, celebrazione della natività, è da un po’ di anni marcatamente un festival dello spreco, l’occasione mancata per il rilancio dei consumi, la scenografia di una festa fasulla durante la quale tutti si affannano per apparire felici, si “addobbano”, mettono in scena una benessere artefatto destinato a durare quanto un abete decorato, poco meno di un mese.